L’interazione tra uomo e natura non è mai priva di conseguenze. I segni di questi rapporti possono rimanere impressi persino nella memoria di una pianta. Lo testimonia la ricerca del Max Planck Institute for the Science of Human History che, esaminando gli anelli degli alberi di noce del Brasile, hanno iniziato a ricostruire parte della storia dell’Amazzonia.
L’interazione tra uomo e natura non è mai priva di conseguenze. I segni di questi rapporti possono rimanere impressi persino nella memoria di una pianta. Lo testimonia la ricerca del Max Planck Institute for the Science of Human History che, esaminando gli anelli degli alberi di noce del Brasile, hanno iniziato a ricostruire parte della storia dell’Amazzonia.
Solo di recente si è rivalutato il ruolo del bacino dell’Amazzonia come fonte di testimonianze dell’occupazione precolombiana e della sua gestione delle foreste tropicali. Per lungo tempo queste foreste sono state immaginate incontaminate o influenzate solo marginalmente dall’attività di piccole comunità, prima dell’arrivo degli esploratori europei, nel XVI secolo. Nuovi studi archeobotanici, archeologici, paleoambientali ed ecologici hanno rivelato un passato sfruttamento dell’area in termini di domesticazione di piante, dispersione, gestione della foresta e modificazione del paesaggio da parte delle società precolombiane. Ma se in un primo momento ci si è concentrati su vegetali coltivati nel senso più tradizionale – parliamo, ad esempio, di manioca, peperoncini e mais – gli alberi sono rimasti esclusi da questo discorso. Almeno fino a poco tempo fa.
Il noce del Brasile (Bertholletia excelsa) è stata adoperato dalle comunità umane dall’Olocene, 11.000 anni fa, e la sua attuale distribuzione è legata alla presenza di insediamenti precolombiani. È una specie dominante che riveste un ruolo rilevante nella foresta amazzonica per quanto riguarda la sua composizione, la struttura e i cicli biochimici. Inoltre supporta il sostentamento delle comunità locali che raccolgono i suoi semi, li processano e li vendono: sono quelle mezze lune di color marrone scuro, ruvide e bitorzolute che ritroviamo nei mix di frutta secca che spesso consumiamo durante le festività natalizie. Bertholletia excelsa è, quindi, simbolo per gli attuali sforzi di conservazione naturale alla luce della sua importanza ecologica ed economica. Ma il suo sfruttamento, in realtà, ha radici lontane e i segni di questa storia, insieme a quelli dovuti a eventi naturali, sono impressi negli anelli di accrescimento di questi alberi.
La dendrocronologia ha aiutato i ricercatori ha ricostruire le condizioni di crescita degli ultimi 400 anni di una popolazione di noci del Brasile dell’Amazzonia Centrale. Sono state prelevate delle carote, campioni della sezione dell’albero che attraversano il raggio del tronco, da 67 alberi e sono state valutate le caratteristiche degli anelli di accrescimento, che dipendono dalle condizioni in cui la pianta è cresciuta. Ciò ha permesso di leggere la storia della pianta dalla sua nascita sino al momento del prelievo.
Sono stati identificati cambiamenti nella selezione e nel tasso di crescita delle piante, che corrispondono non solo al clima in quell’area ma anche a mutamenti legati ad attività politiche e socio-economiche registrate in fonti storiche raccolte nei pressi di Manaus, principale centro urbano nel nord del Brasile. Questi documenti riportavano la storia dei Mura, popolo indigeno che ha occupato la regione prima dell’arrivo dell’amministrazione coloniale portoghese e del conseguente declino, avvenuto a partire dal XVIII secolo. Nella transizione tra periodo precolombiano e espansione post-coloniale, la popolazione indigena ha però prima subito una diminuzione. Tale dato e la mancanza di nuovi alberi di noce del Brasile si sovrappongono cronologicamente.
Questa “pausa” individuata grazie al confronto tra analisi dendrocronologiche e consultazione delle fonti storiche, suggerisce che ci sia stata un’interruzione delle pratiche di gestione della foresta dovuta al collasso di quella comunità. C’è stato poi un nuovo periodo in cui nuovi alberi sono stati piantati ed è stato ritrovato un cambiamento nella velocità di crescita delle piante esistenti, attività associate a uno sfruttamento moderno della foresta, in un intervallo compreso tra il tardo XIX e il XX secolo.
Le società precolombiane si sono dedicate quindi anche alla gestione della foresta, influenzandone evoluzione e dinamiche. Questo studio ha dimostrato che gli alberi possono nascondere tracce essenziali non solo per la lettura della storia del patrimonio ecologico di una regione ma anche di quello culturale.
Victor Caetano Andrade, autore dell’articolo pubblicato su PLoS ONE che descrive questo lavoro di ricerca, ha commentato: “I nostri risultati hanno messo in luce come la storia passata delle interazioni uomo-foresta possa essere rivelata dalla crescita degli anelli degli alberi in Amazzonia. Future analisi interdisciplinari di questi alberi, incluso l’uso della genetica e degli isotopi, dovrebbero permettere un’indagine più dettagliata di come la gestione umana delle foreste sia cambiata in questa parte del mondo, attraverso i periodi pre-coloniali, coloniali e industriali dell’attività umana, con potenziali implicazioni per la conservazione”.
Immagine di copertina: frutto di noce del Brasile e albero sullo sfondo. Credits: Victor L. Caetano Andrade
