Una delle qualità che un archeologo deve possedere è il riuscire a leggere tracce di storia in piccoli indizi. In questo caso gli studiosi hanno ricostruito ciò che apparentemente era invisibile. Continuate a leggere e scoprirete di cosa si tratta.
Recto (faccia anteriore) del frammento di ceramica (ostrakon) n°16 di Arad. (A) Immagine a colori, (B) Immagine multispettrale (C) Testo riproposto. In rosso ci sono le alterazioni e aggiunte degli studiosi allo scritto pubblicato originariamente, prima della analisi con le nuove tecniche. Fonte: Faigenbaum-Golovin S, Mendel-Geberovich A, Shaus A, Sober B, Cordonsky M, Levin D, et al. (2017) Multispectral imaging reveals biblical-period inscription unnoticed for half a century. PLoS ONE 12(6): e0178400. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0178400
Una delle qualità che un archeologo deve possedere è il riuscire a leggere tracce di storia in piccoli indizi. In questo caso gli studiosi hanno ricostruito ciò che apparentemente era invisibile. Continuate a leggere e scoprirete di cosa si tratta.
Gli ostrakon sono frammenti di ceramica, probabilmente conosciuti dalla maggior parte di noi dall’utilizzo che se ne faceva nell’Antica Grecia, legato all’ostracismo ossia l’allontanamento dalla città di un membro della comunità deciso mediante un’assemblea popolare che trascriveva il nome del concittadino da mandar via per 10 anni proprio su questi pezzi di argilla.
In Israele, nel VI – VII secolo a.C. questi resti di vasi erano un supporto per la trascrizione soprattutto di ordini relativi ai movimenti di truppe, la spedizione di rifornimenti, di liste di nomi e proprietà. È evidente il riferimento a un periodo di guerra. Le ceramiche analizzate fanno parte, infatti, degli ultimi anni del Regno di Giuda, terminato con la distruzione di Gerusalemme, nel 586 a.C., per mano del re di Babilonia Nabucodònosor.
Questo intervallo di tempo è stato caratterizzato da una grande attività letteraria: i testi più importanti erano riportati su papiro ma, il caldo e l’umidità di quei luoghi, non hanno permesso a queste testimonianze di giungere fino a noi. Diverso è stato il destino degli ostrakon: disseppelliti durante gli scavi archeologici, contengono inscrizioni ebraiche in inchiostro. L’analisi e la conservazione di questi materiali è piuttosto problematica poiché l’inchiostro, una volta esposto all’aria l’oggetto, tende a degradarsi molto rapidamente.
Un grande aiuto per la lettura di questi brevi testi – spesso andati quasi perduti – è stata la tecnica dell’imaging multispettrale, di cui avevamo già scritto riguardo alcuni studi compiuti sull’enigmatica Gioconda di Leonardo da Vinci.
Il video spiega le numerose tecniche di Imaging multispettrale. In questo contributo è spiegato anche come ottenere immagini in luce radente o trasmessa oltre che riflessa Fonte: http://colourlex.com/project/multispectral-imaging/
Cos’è l’imaging multispettrale? È la registrazione di una stessa immagine – nel nostro caso la superficie degli ostrakon – in numerose regioni dello spettro elettromagnetico. Cerchiamo di essere più chiari: illuminando un’opera d’arte o un reperto archeologico con una radiazione avente una determinata lunghezza d’onda e raccogliendo con un’apposita fotocamera la luce riflessa, otterremo una nuova immagine che, opportunamente studiata, ci potrà dare delle risposte a determinati quesiti. Se illuminiamo un dipinto con l’infrarosso potremo avere, per esempio, una riproduzione del disegno preparatorio nascosto dallo strato pittorico. La stessa cosa si può fare con la luce visibile, l’UV, raccogliendo la radiazione trasmessa o la fluorescenza, grazie alle quali potremo scoprire modus operandi dell’artista o artigiano, eventuali azioni di restauro e molto altro.
Verso (faccia posteriore) dell’ostrakon N° 16 di Arad. (A) Immagine a colori, (B) Immagine multispettrale (C) Scritto riproposto. Fonte: Faigenbaum-Golovin S, Mendel-Geberovich A, Shaus A, Sober B, Cordonsky M, Levin D, et al. (2017) Multispectral imaging reveals biblical-period inscription unnoticed for half a century. PLoS ONE 12(6): e0178400. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0178400
I ricercatori che hanno analizzato l’ostrakon n°16, risalente al 600 a.C. circa, proveniente dal sito di Tel Arad, sono così riusciti a vedere, con determinate lunghezze d’onda nell’infrarosso, ciò che a prima vista sembrava invisibile: righe di testo sulla parte posteriore (detta verso, in contrapposizione con il recto) del frammento di ceramica. L’inscrizione è una lettera inviata a una persona chiamata Elyashiv da un compagno d’arme, Hananyahu. Nella missiva, contenete saluti e benedizioni, sono richiesti argento, olio e del vino.
Senza l’applicazione delle nuove tecnologie non sarebbe stato possibile ricostruire interamente lo scritto. A cosa serve conoscere il contenuto degli ostrakon israeliani? Sono testimonianze non bibliche della fine del Regno di Giuda e una fonte inestimabile per gli studi linguistici dell’antico ebraico e delle altre lingue semite.
Ancora una volta il progresso scientifico ha potenziato i nostri 5 sensi, la nostra “nuova” vista ha permesso di scorgere messaggi che sarebbero andati perduti.