In una delle sale della National Gallery di Londra, fino a poco tempo fa, era conservato un affresco che un tempo era parte dell’aula capitolare del convento di San Francesco, a Siena. L’opera non è più in esposizione perché è stata sottoposta a indagini diagnostiche: se pensate che da una muratura in Italia, è giunta sino al piovoso Regno Unito, capirete sicuramente che la storia di questo dipinto debba essere stata piuttosto movimentata. Chi potrà raccontare le peripezie di questo prezioso frammento? Le narratrici d’eccezione saranno le proteine animali.
In una delle sale della National Gallery di Londra, fino a poco tempo fa, era conservato un affresco che un tempo era parte dell’aula capitolare del convento di San Francesco, a Siena. L’opera non è più in esposizione perché è stata sottoposta a indagini diagnostiche: se pensate che da una muratura in Italia, è giunta sino al piovoso Regno Unito, capirete sicuramente che la storia di questo dipinto debba essere stata piuttosto movimentata. Chi potrà raccontare le peripezie di questo prezioso frammento? Le narratrici d’eccezione saranno le proteine animali.
“Il gruppo delle quattro clarisse” è un frammento di un affresco dipinto probabilmente intorno al 1336 -1340 da Ambrogio Lorenzetti, maestro della scuola senese del Trecento italiano, celebre per “Le Allegorie del Buono e Cattivo Governo e dei loro Effetti” dipinte sulle pareti della Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena. L’opera in questione fu realizzata sempre con la tecnica dell’affresco, con delle aree a secco, e si trovava all’interno della Sala Capitolare della senese Basilica di San Francesco. Il dipinto fu scoperto prima del 1955, al di sotto di una scialbatura, e fu rimosso e montato nuovamente prima del 1878. Fu quindi acquisito dalla National Gallery, dove è stato conservato o esposto in ambienti museali con condizioni controllate.
A un primo esame la superficie mostrava uno strato non originale che le analisi effettuate con la spettroscopia infrarossa (una tecnica molto utilizzata nell’ambito della diagnostica applicata ai beni culturali per raccogliere informazioni sui composti organici e inorganici) hanno rivelato contenere proteine. Uno strano indizio per un affresco, una tecnica artistica in cui il legante per i pigmenti, stesi direttamente su uno strato di intonaco fresco, è l’acqua
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Abbiamo accennato che vi erano anche aree dipinte a secco, a lavoro completato, che sì, potevano contenere leganti di natura organica come uova, caseina, colla animale, gomme o oli. Però, in questo caso, le zone esaminate non contenevano strati di pittura a secco.
Per comprendere l’origine delle proteine presenti, quando e in che modo fossero state applicate all’affresco, gli scienziati hanno chiesto aiuto alla proteomica, la disciplina che studia il proteoma ossia l’insieme di tutte le proteine espresse dal genoma di un organismo.
Una spettrometria di massa ad alto rendimento ha rivelato la presenza di due componenti proteiche: colla d’ossa di ovino e bovino e albume di uova di gallina (Gallus gallus) e di anatra domestica (Anas platyrhynchos o una specie filogeneticamente simile). Inoltre, in base alla degradazione dovuta alla radiazione UV, sembra che l’albume fosse stato applicato precedentemente rispetto allo strato di colla animale. Cosa significa tutto questo? Probabilmente la colla, contenente il collagene di diversi animali, era stata adoperata per la rimozione dell’affresco. Infatti, nelle tecniche dello strappo e dello stacco, venivano stese delle tele impregnate di colla sulla superficie dell’affresco per poi distaccare solo la superficie pittorica nel primo caso oppure anche parte dell’intonaco nel secondo. E l’uovo? Forse era stato utilizzato prima della scialbatura, a protezione dell’opera.
La proteomica ci ha saputo raccontare la storia dei trattamenti di conservazione del frammento dell’affresco di Lorenzetti. Un potenziale immenso per dare voce ancora a tantissime opere d’arte.
