La superficie della Terra potrebbe essere paragonata alla nostra pelle: il tempo la modifica, ci sono rughe profonde, scalfitture, segni del passaggio di eventi più o meno distruttivi. Anche il paesaggio, proprio come fanno gli esseri viventi, cresce, evolve e ciò condiziona inevitabilmente la vita dell’uomo nel passare dei millenni. La nostra dipendenza dai cicli che coinvolgono il nostro pianeta e dai suoi ritmi è in particolar modo evidente studiando gli insediamenti nati in prossimità dei fiumi: l’esempio che a molti di voi tornerà alla mente è quello del Nilo ma tanti sono i corsi d’acqua con cui l’uomo ha intrecciato la propria esistenza. Tra questi c’è il Mississippi, negli Stati Uniti.
La superficie della Terra potrebbe essere paragonata alla nostra pelle: il tempo la modifica, ci sono rughe profonde, scalfitture, segni del passaggio di eventi più o meno distruttivi. Anche il paesaggio, proprio come fanno gli esseri viventi, cresce, evolve e ciò condiziona inevitabilmente la vita dell’uomo nel passare dei millenni. La nostra dipendenza dai cicli che coinvolgono il nostro pianeta e dai suoi ritmi è in particolar modo evidente studiando gli insediamenti nati in prossimità dei fiumi: l’esempio che a molti di voi tornerà alla mente è quello del Nilo ma tanti sono i corsi d’acqua con cui l’uomo ha intrecciato la propria esistenza. Tra questi c’è il Mississippi, negli Stati Uniti.
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I dati di un recente articolo, pubblicato sulla rivista Journal of Island and Coastal Archaeology, ci raccontano la storia di una civiltà preistorica che ha dovuto abbandonare i luoghi precedentemente occupati a causa di modificazioni del fiume dovuti a stress ambientali.
I ricercatori hanno utilizzato numerose tecnologie prese in prestito dalla geologia, come ad esempio la mappatura tramite LiDAR, i carotaggi, le datazioni mediante radiocarbonio e luminescenza otticamente stimolata (OSL, una tecnica vicina alla termoluminescenza) unendole ai tipici protocolli di scavo archeologico e all’analisi dei manufatti presenti. Tutti questi strumenti sono stati adoperati per valutare a quale cultura appartenessero i reperti ritrovati nel tumulo del sito di Grand Caillou, vicino a Dulac, in Louisiana. Gli oggetti in esso conservati ma anche la tecnica con il quale è stato costruito – l’opera rivela una grandissima conoscenza dell’ambiente e di nozioni di geotecnica – sono stati fonti preziose di informazioni per gli archeologi.
Grand Caillou, luogo legato ai nativi americani, si trova all’interno del sub-delta Lafourche, una porzione abbandonata del fiume Mississippi, attiva tra il 400 e il 1400 dopo Cristo. L’approccio interdisciplinare è servito a capire le caratteristiche culturali della popolazione che era vissuta lì e a documentare come i processi di evoluzione del delta abbiano influenzato le tempistiche e la scelta del sito.
I ricercatori hanno scoperto che la costruzione del tumulo ebbe inizio intorno all’800 d.C., quando Bayou Grand Caillou era uno dei rami maggiori del fiume Mississippi. Il sito sembra poi essere stato abbandonato 200 anni dopo, nello stesso momento in cui questo canale ha smesso di trasportare una porzione significativa di acqua e sedimenti sul posto. L’allontanamento, quindi, potrebbe essere stato causato da un certo numero di variazioni dell’ecologia e del paesaggio. Un gruppo di antichi uomini dalle capacità tecniche molto sviluppate ha dovuto fare un passo indietro rispetto ai grandi cambiamenti naturali.
Alla luce di ciò che sta accadendo e continuerà ad accadere per mano delle modificazioni climatiche dovute al riscaldamento globale e alle conseguenze che avranno sulla geomorfologia della Terra e sui fenomeni di migrazione globali, questa ricerca diviene uno spunto di riflessione sul nostro antico rapporto con il mondo naturale. Il coautore dell’articolo, Jayur Madhusudan Metha, ha commentato parlando dell’abbandono preistorico del sito: “Questo potrebbe essere un primo esempio di come la gente risponda ai cambiamenti del delta del Mississippi, trasferendosi”.
