La cannabis, soprattutto in questo periodo, è il fulcro di questioni controverse. È una delle droghe più assunte e popolari a livello globale e la sua liberalizzazione è al centro del dibattito politico italiano da tantissimo tempo. L’origine dell’impiego di questa pianta a uso psicotropo, però, non è ancora del tutto chiara: esistono testimonianze scritte ma, a livello di prove archeologiche, molto c’è da cercare o ricontrollare. Ora uno studio pubblicato su Science Advances ha finalmente descritto i ritrovamenti più antichi di marijuana.
La cannabis, soprattutto in questo periodo, è il fulcro di questioni controverse. È una delle droghe più assunte e popolari a livello globale e la sua liberalizzazione è al centro del dibattito politico italiano da tantissimo tempo. L’origine dell’impiego di questa pianta a uso psicotropo, però, non è ancora del tutto chiara: esistono testimonianze scritte ma, a livello di prove archeologiche, molto c’è da cercare o ricontrollare. Ora uno studio pubblicato su Science Advances ha finalmente descritto i ritrovamenti più antichi di marijuana.
La pianta della cannabis si è evoluta circa 28 milioni di anni fa nella parte orientale dell’Altopiano del Tibet, in Cina, come ha dimostrato un recente studio archeobotanico sui pollini. Come riporta la News sul sito di Science, è un parente vicino del luppolo usato per preparare la birra e cresce ancora nello stato selvatico in Asia Centrale. Più di 4000 anni fa i contadini cinesi iniziarono a coltivarla per ricavarne olio e fibre per costruire corde, cucire vestiti e confezionare carta. Quando ci si è accorti che aveva altri tipi di proprietà?
Il consumo e l’inalazione dei fumi della cannabis in attività rituali e ricreative è stato documentato da Erodoto, nel V secolo a.C, nelle sue Storie: il popolo nomade degli Sciti, che controllava regioni estese tra Siberia ed Europa orientale, piantava tende e riscaldava rocce con cui venivano bruciati i semi di canapa per poter inalarne i vapori, che provocavano “urla dalla gioia”. La testimonianza dello storico è stata supportata dal ritrovamento di semi di canapa carbonizzati in molte sepolture dell’Eurasia. Purtroppo numerose ricerche archeologiche in questo campo sono state pubblicate molti anni fa e il riesame con nuovi metodi di analisi ne ha confutato il contenuto. Di altri lavori è ancora attesa la verifica.
Finalmente un gruppo di archeologi e scienziati sembra aver trovato un nuovo indizio. Prima di proseguire è necessario chiarire che non tutte le specie di cannabis possono essere impiegate come droghe: è il contenuto di THC, tetraidrocannabinolo, composto psicoattivo, che fa la differenza. Gli studiosi sono, quindi, andati alla ricerca delle tracce di questa molecola per dimostrare l’uso stupefacente della pianta nel passato.
Nel cimitero di Jirzankal, tra le montagne del Pamir (Cina), nelle sepolture risalenti a 2500 anni fa, sono stati ritrovati alcuni interessanti oggetti tra cui dei bracieri in legno contenenti dei ciottoli.
Braciere tipico e pietre bruciate nell’antica regione di Pamir. Credits: immagine di WU Xinhua
Non vi erano resti di piante ma le pietre mostravano segni di combustione, materiale che, grazie alle analisi chimiche, ha mostrato di contenere alti livelli di composti psicoattivi, maggiori di quelli ritrovabili nelle piante selvatiche asiatiche (ma molto minori di quelli delle attuali piantagioni selezionate). Questi risultati possono avere due spiegazioni. Le popolazioni antiche potrebbero aver coltivato la cannabis e selezionato gli individui vegetali che avevano quel tipo di proprietà oppure il processo è stato meno consapevole: la domesticazione attraverso l’incrocio tra sottospecie selvatiche e coltivate potrebbe aver portato inavvertitamente alla produzione di piante con un contenuto maggiore di THC.
La cannabis probabilmente veniva bruciata durante culti funebri. Il fuoco rivestiva un ruolo importante nella ritualità cinese: lo era nella cremazione, attestata nell’Asia centrale, dal Kazakhstan allo Xinjiang, nel III millennio a.C., ed è continuato ad esserlo anche nelle regioni più a est sempre del centro dell’Asia, con le pratiche zoroastriane dei Sogdiani, un’antica popolazione asiatica. Infatti, secondo alcuni studiosi, l’uso di marijuana era parte della religione e delle pratiche funerarie zoroastriane del I millennio d.C.
Inoltre lo studio suggerisce che la cannabis si sia diffusa lungo le rotte della Via della Seta. Robert Spengler, archeobotanico del Max Planck Institute for the Science of Human History e autore del lavoro pubblicato su Science Advances, ha commentato: “Le rotte di scambio della prima Via della Seta funzionavano più come raggi di una ruota di un carro che come una strada a lunga distanza, portando l’Asia centrale nel cuore del mondo antico. Il nostro studio implica che la conoscenza dell’assunzione e delle varietà specifiche della pianta di cannabis che producevano un alto contenuto di composti psicoattivi era tra le tradizioni culturali che venivano scambiate lungo queste rotte commerciali”.
Non solo “sballo” ma anche scambio di cultura e tradizioni: questo era tanto tempo fa l’utilizzo della cannabis.
Credits immagine di copertina: foto di Stay Regular da Pixabay