Come ho accennato nel precedente post, nel quale ho spiegato i principi alla base della datazione con il radiocarbonio, la teoria è piuttosto lontana dalla pratica. Il metodo parte da assunti che non sono sempre veri e che, anzi, causano non pochi problemi. La correzione da apportare alla data ottenuta, tenendo conto delle variabili cui i fenomeni fisici descritti vanno incontro, prende il nome di calibrazione. Cerchiamo di capire insieme di cosa si tratti.
Fonte: www.cez-archaeometrie.de
Come ho accennato nel precedente post, nel quale ho spiegato i principi alla base della datazione con il radiocarbonio, la teoria è piuttosto lontana dalla pratica. Il metodo parte da assunti che non sono sempre veri e che, anzi, causano non pochi problemi. La correzione da apportare alla data ottenuta, tenendo conto delle variabili cui i fenomeni fisici descritti vanno incontro, prende il nome di calibrazione. Cerchiamo di capire insieme di cosa si tratti.
Quando analizziamo un campione misurando il contenuto dell’isotopo 14 del Carbonio otterremo una età che non corrisponde al dato cronologico da noi cercato che, invece, sarà la data calibrata. Per la conversione è necessario adoperare una curva costruita datando materiale noto quale, ad esempio e non solo, gli anelli di accrescimento degli alberi. Sfortunatamente la curva di calibrazione non è una perfetta astrazione matematica, infatti, presenta variazioni dovute alla differente produzione di C-14 nel tempo e di altri processi ambientali che ne influenzano l’andamento.
Cosa c’è da correggere attraverso le curve di calibrazione? Tutto ciò che diverge dalle premesse che Libby pose alla base del metodo ossia:
- la concentrazione di 14C in ogni riserva naturale del carbonio è rimasta costante nel tempo;
- vi è stato il completo e rapido mescolamento di 14C in tutte le riserve naturali del pianeta;
- assenza di frazionamento isotopico alla morte di un organismo;
- esatta conoscenza del periodo di dimezzamento del 14C
- assenza di contaminazioni del campione da analizzare in laboratorio.
Cerchiamo di fare chiarezza riguardo tutti i punti elencati, ostici per molti di noi.
- Si suppone che la quantità di radiocarbonio in ogni riserva naturale – atmosfera, idrosfera e biosfera – sia costante e che, quindi, gli esseri viventi di ogni luogo e tempo siano stati in equilibrio con l’ambiente circostante incamerando la stessa quantità di isotopo. Non è così. Il flusso della radiazione cosmica, da cui dipende la formazione del C-14 in atmosfera, è variata negli ultimi secoli. Inoltre, tra le concause, vi sono l’effetto Suess e l’effetto bomba. L’utilizzo di combustibili fossili – come il carbone o il petrolio – noto come effetto Suess, ha notevolmente ridotto la concentrazione di radiocarbonio nella riserva atmosferica di carbonio. I fossili – risalendo a ere geologiche molto lontane (Carbonifero – 360 – 290 milioni di anni fa) non contengono C-14. Durante il processo di combustione diluiscono il contenuto dell’isotopo in atmosfera. All’opposto, i test sulle armi nucleari effettuati negli anni ‘50 e ‘60 hanno notevolmente aumentato il livello di Carbonio-14. Questo fenomeno è noto appunto come bomb effect, effetto bomba.
- È necessario tenere in considerazione molti fattori quando si misura il contenuto radiocarbonio di un dato campione, tra cui il loro ambiente di provenienza. Questo è particolarmente importante quando si confrontano campioni di organismi terrestri e quelli marini. Gli oceani sono serbatoi di Carbonio-14, la loro superficie, insieme a quella degli altri bacini idrici, presentano due fonti di radiocarbonio – l’anidride carbonica atmosferica e quella delle acque profonde. Queste ultime ottengono il carbonio-14 dallo scambio con le acque superficiali, oltre che dal decadimento radioattivo già in atto al loro livello. Studi dimostrano che il mescolamento e il conseguente stato di equilibrio del Carbonio-14 nelle acque superficiali e in quelle profonde impiega intervalli di tempo tali da poter influenzare il risultato della datazione. In sintesi un campione di ambiente marino potrebbe risultare più antico di quanto non lo sia realmente.
- La concentrazione di radiocarbonio in un organismo vivente è in genere leggermente diversa da quella nella sua riserva di radiocarbonio. Questo fenomeno è chiamato frazionamento isotopico ed è dovuto al fatto che nelle reazioni chimiche che regolano lo scambio tra l’organismo e la “riserva” di C-14 (l’ambiente in cui vive), un isotopo può essere assorbito più facilmente di un altro. Anche in questo caso la datazione, a seconda dei casi, potrebbe risultare falsata.
- L’emivita è il tempo necessario affinché la quantità di Carbonio-14 in un essere vivente sia dimezzata, un valore fondamentale della legge di decadimento adoperata per risalire all’età del reperto. Willard Libby calcolò fosse pari a 5568 anni. Anni dopo fu quantificato il valore più accurato di 5730 anni. Anche se è meno precisa, l’emivita di Libby è stata mantenuta per evitare incongruenze o errori nella comparazione dei risultati con le analisi al Carbonio-14 prodotte in precedenza. Questo è un ulteriore fattore da correggere con la calibrazione.
- La contaminazione di un campione può essere di origine naturale o artificiale. Nel primo caso potremmo avere, ad esempio, campioni ossei inquinati dalla presenza nel suolo di calcare, di acidi organici o, ancora, dalla penetrazione di radici di piante nel materiale. La contaminazione artificiale può, invece, avvenire durante la raccolta, la conservazione, l’imballaggio dei campioni, la manipolazione dell’oggetto in laboratorio.
Le curve di calibrazione purtroppo non hanno un andamento continuo, ma procedono a “denti di sega”, per cui, a una datazione radiocarbonica convenzionale – non corretta dalla calibrazione – possono corrispondere più datazioni di calendario, calibrate.
Fonte: Calibrazione del valore della media per uno dei campioni della Sindone di Torino (modificata). P.E. Damon, D.J Donahue, B.H. Gore, A.L. Hatheway, A.J.T. Jull, T.W. Linick, P.J. Sercel, L.J. Toolin, C.R. Bronk, E.T. Hall, R.E.M. Hedges, R. Housley, I.A. Law, C. Perry, G. Bonani, S. Trumbore, W. Woelfli, J.C. Ambers, S.G.E. Bowman, M.N. Leese, M.S. Tite, Radiocarbon dating of the Shroud of Turin, Nature, vol. 337, 1989
Sono i trattamenti statistici e considerazioni di natura stilistica o storica, supportati da numerosi esempi, a farci propendere per un risultato piuttosto che per un altro.
Datare un reperto non è facile come sembra, vero? Nella prossima puntata vi racconterò di un controverso caso di studi (di cui avete avuto un’anticipazione nelle immagini). A presto!