Abbiamo parlato del Carbonio-14, un isotopo radioattivo, e ho accennato nel precedente post all’esistenza della radioattività ambientale. La parola radioattività spesso incute timore: la colleghiamo alla bomba atomica alle centrali nucleari ma, in verità, è un fenomeno naturalmente presente sul nostro Pianeta.
Ceramiche ritrovate nello scavo di St. John’s Street (Coventry, UK). Fonte: www.birmingham.ac.uk
Abbiamo parlato del Carbonio-14, un isotopo radioattivo, e ho accennato nel precedente post all’esistenza della radioattività ambientale. La parola radioattività spesso incute timore: la colleghiamo alla bomba atomica alle centrali nucleari ma, in verità, è un fenomeno naturalmente presente sul nostro Pianeta.
Prima di tutto non dobbiamo dimenticare che il calore interno della Terra è legato in parte proprio al decadimento degli isotopi radioattivi contenuti nelle rocce. Per quanto riguarda la Termoluminescenza, la misura di questo valore permette di calcolare il denominatore dell’equazione dell’età.
La ceramica accumula l’energia di differenti radiazioni quali i raggi alfa, beta e gamma ma anche piccole quantità di radiazione cosmica. Le prime tre derivano dal decadimento degli isotopi dell’Uranio, del Torio, del Potassio e del Rubidio presenti nel terreno e nel manufatto stesso. Questi elementi sono presenti all’interno dei minerali che compongono le rocce, come già detto. Sì, anche il più famoso potassio ha un isotopo radioattivo, il K-40, che è legato alla nostra vita soprattutto perché ingerito da noi sottoforma di cibo (il classico esempio è la banana che contiene circa 400 milligrammi di questo elemento di cui lo 0,0117% corrisponde all’isotopo 40). La radioattività ambientale non deve essere una fonte di preoccupazione per noi: sono quantità di radiazione che possiamo sopportare senza sviluppare patologie. È importantissima, invece, per chi adopera la termoluminescenza al fine di determinare l’età del reperto.
I raggi alfa, beta e gamma e la radiazione cosmica interagiscono in maniera diversa con ciò che li circonda: i primi riescono ad attraversare spessori di soli 20-50 micron (l’ordine di grandezza del diametro di un nostro capello, anche piuttosto sottile), i beta viaggiano per circa 2 mm e, infine, i gamma hanno un campo di azione di diversi centimetri. I valori che vi ho elencato sono indicativi poiché il percorso di queste particelle dipende fortemente dalla composizione chimica e struttura del mezzo attraversato.
Come si calcola il contributo annuale dei decadimenti radioattivi? Particolarmente efficace è l’uso dei dosimetri, materiali cui composizione e struttura è confrontabile con quella delle ceramiche, i quali sono posizionati nel luogo in cui è stato rinvenuto il reperto da datare. Questi piccoli oggetti immagazzineranno, indisturbati, energia per mesi. Trascorso il periodo più opportuno per i nostri studi – l’ideale sarebbe riuscire a raccogliere dati la cui media tenga conto dei cambiamenti di umidità stagionali, altro fattore che influenza l’assorbimento di energia – il contenuto dei dosimetri si misura in laboratorio proprio come si farebbe con il campione di ceramica, estendendo i valori ritrovati ai 12 mesi per ottenere la Dose annua (per darvi un’idea, se avremo tenuto in campo i dosimetri per 6 mesi, moltiplicheremo il valore per 2).
Per oggi vi devo lasciare. L’appuntamento è per la prossima settimana con una ricerca in cui la Termoluminescenza è stata protagonista. A presto!