Genitori e maestre, quando eravamo ancora bambini, ci hanno iniziato all’uso dei pastelli: ci davano questi curiosi cilindretti di colori sgargianti e con le nostre piccole manine iniziavamo a tracciare strane forme, personaggi inventati o i protagonisti delle nostre giornate, che fossero eroi dei cartoni animati o amici e parenti.
Genitori e maestre, quando eravamo ancora bambini, ci hanno iniziato all’uso dei pastelli: ci davano questi curiosi cilindretti di colori sgargianti e con le nostre piccole manine iniziavamo a tracciare strane forme, personaggi inventati o i protagonisti delle nostre giornate, che fossero eroi dei cartoni animati o amici e parenti. A volte quell’urgenza di riempire il nostro universo di colore si faceva così prepotente da dover valicare il limite del foglio di carta, così che paesaggi e animali comparivano anche sul tavolo nuovo della cucina o sui muri appena tinteggiati. Matite o cere che, ancora oggi, confortano i ragazzini di ieri dato l’enorme successo che stanno riscuotendo gli albi da colorare per gli adulti e la Art Therapy. L’uso del colore ci accompagna dalla preistoria e un recente studio fornisce un’ulteriore prova di quanto il nostro legame con i pigmenti sia antico.
Nel sito che circonda il paleo lago Flixton, nel nord dello Yorkshire (Regno Unito), gli archeologi hanno ritrovato due particolari reperti. In questo luogo, che conserva alcuni dei più famosi siti del Mesolitico in Europa (parliamo, quindi, di circa 10.000 anni fa), sono stati ritrovati un ciottolo e un piccolo cilindro di colore rosso. Entrambi, all’analisi microscopica, mostravano segni di utilizzo e striature, probabili segni di graffi prodotti nel tentativo di ottenere della polvere per colorare. La tecnica micro-Raman ha confermato che gli oggetti erano costituiti di ocra rossa, seppur contenendo differenti quantitativi dei vari minerali che la compongono.
L’ocra rossa è una terra naturale il cui colore dipende dalla presenza di idrossidi e ossidi di ferro, in particolar modo di ematite (Fe2O3), che le conferisce la caratteristica tonalità. Nella sua composizione sono presenti anche altri minerali quali argille e carbonati. Le ocre sono tra i più utilizzati e diffusi pigmenti, dalla preistoria ai giorni nostri, grazie alla loro stabilità, resistenza e versatilità. Infatti le possiamo osservare nella grotta di Lascaux come in un affresco del Cinquecento ed esercitano il loro fascino ancora oggi, se si pensa al sentiero dell’ocra, percorso turistico francese molto frequentato, e al suo Conservatoire des ocres et pigments appliqués.
Pastello ritrovato presso il paleo lago Flixton. Fonte: Andy Needham, Shannon Croft, Roland Kröger, Harry K. Robson, Charlotte C.A. Rowley, Barry Taylor, Amy Gray Jones, Chantal Conneller. The application of micro-Raman for the analysis of ochre artefacts from Mesolithic palaeo-lake Flixton. Journal of Archaeological Science: Reports, 2018; 17: 650 DOI: 10.1016/j.jasrep.2017.12.002
Degli oggetti ritrovati dagli archeologi e analizzati nello studio pubblicato sul Journal of Archaeological Science: Reports, è il cilindro a catturare immediatamente l’attenzione: lungo 2,2 cm e spesso 7 mm, sembra proprio uno di quei pastelli con cui giocavamo durante la nostra infanzia, mostrando persino una delle due estremità arrotondata. Cosa spingeva gli uomini preistorici verso il disegno e il colore? Sebbene i dati raccolti in questa ricerca non diano risposte sicure, gli studiosi riconducono queste attività a motivazioni rituali e decorative. Quest’ultime ci permettono di riflettere sul legame tra uomo e arte, su un senso del Bello addirittura primitivo. Ma questa è un’altra e lunghissima storia.