Non è la prima volta che paragoniamo le indagini scientifiche svolte per svelare i misteri della storia dell’arte a quelle portate avanti dalla polizia, legate a casi di cronaca. Questa volta l’analogia diventa strettissima poiché gli scienziati hanno voluto raccogliere prove per capire le cause della morte di un personaggio – a dir poco turbolento – della pittura italiana. Stiamo parlando di Michelangelo Merisi, conosciuto come il Caravaggio (1571-1610).
Non è la prima volta che paragoniamo le indagini scientifiche svolte per svelare i misteri della storia dell’arte a quelle portate avanti dalla polizia, legate a casi di cronaca. Questa volta l’analogia diventa strettissima poiché gli scienziati hanno voluto raccogliere prove per capire le cause della morte di un personaggio – a dir poco turbolento – della pittura italiana. Stiamo parlando di Michelangelo Merisi, conosciuto come il Caravaggio (1571-1610).
Michelangelo Merisi, detto Caravaggio (dal paese di origine della famiglia, un piccolo centro nell’attuale provincia di Bergamo), fu un artista rivoluzionario, in grado di influenzare il mondo della pittura grazie alla sensibilità nella raffigurazione dei soggetti e al celebre uso di luci e ombre dall’effetto scenografico: una cifra stilistica che, ancora oggi, è ammirata e citata anche in ambito fotografico e cinematografico. Purtroppo il suo talento era grande quanto la sua inclinazione alla violenza. Il carattere attaccabrighe lo rese protagonista di numerose risse, una delle quali segnò indelebilmente il corso della sua esistenza: nel 1606, a Roma, ferì mortalmente Ranuccio Tommasoni da Terni. Il movente ufficiale dell’omicidio sembra essere stata una discussione sorta per un presunto fallo durante una partita di pallacorda (un gioco dell’epoca, simile al tennis), anche se probabilmente vi erano state in precedenza questioni economiche e personali che possono aver alimentato la rabbia del pittore verso il nobiluomo. Caravaggio fu condannato alla decapitazione che, chiunque lo avesse incontrato e riconosciuto, avrebbe potuto eseguire.
Quelli successivi furono anni di tormento, lavoro e fuga continua: si rifugiò dapprima a Napoli, poi a Malta, dove nel 1608 fu nominato “cavaliere di grazia” dell’Ordine di San Giovanni; dopo poco fu imprigionato sempre a causa dei suoi modi “difficili”, riuscì a evadere, soggiornò in Sicilia e in seguito nuovamente a Napoli. Un epilogo felice sembrava essere dietro l’angolo quando, da Roma, giunse la notizia della possibile revoca della condanna a morte da parte del papa Paolo V. A questo punto il pittore pensò che questa fosse l’ultima occasione di tornare libero: nel 1610 si imbarcò alla volta di Porto Ercole (Toscana) ma, dopo una serie di vicissitudini, provato dal viaggio e dalla febbre alta, morì nel luglio di quell’anno.
Qual è la causa della morte del Caravaggio? Come accennato, si parla di una febbre alta anche se alcuni studiosi ipotizzano che fosse stato vittima di un’imboscata organizzata dai cavalieri di Malta con l’assenso della Curia Romana. Per fare chiarezza su questo cold case, da anni un team di scienziati sta lavorando sui resti dell’artista. Nel 2010, nel 400° anniversario della morte del pittore, Giorgio Gruppioni, ordinario dell’Università di Bologna, Lucio Calcagnile, ordinario dell’Università del Salento e Silvano Vinceti, presidente del Comitato nazionale per la valorizzazione dei beni storici-culturali, annunciarono di essere riusciti a identificarne lo scheletro e datarlo.
Il team multidisciplinare ha prima di tutto cercato nell’antico cimitero di San Sebastiano, a Porto Ercole, uno scheletro di dimensioni compatibili con la corporatura e l’età di Michelangelo Merisi, un uomo alto circa 165 cm, tra i 35 e i 40 anni. Nove individui possedevano queste caratteristiche ma solo uno era morto agli inizi del XVII secolo secondo la datazione tramite Carbonio-14. Per confermare l’identità è stata eseguita l’analisi del DNA antico e gli scienziati hanno proceduto a un confronto con il materiale genetico di altri uomini con lo stesso cognome, provenienti da Caravaggio, probabilmente parenti dell’artista: ancora una volta i risultati hanno avvalorato l’attribuzione di quei resti. Un altro indizio interessante è stato l’alto contenuto di piombo rilevato nelle ossa: molti pigmenti di origine minerale dell’epoca contenevano questo e altri metalli pesanti e in bottega non venivano adoperate precauzioni per evitarne l’accumulo e un possibile conseguente avvelenamento.
Manca ancora il tassello più importante: la causa della morte. Recentemente è stato pubblicato nella rivista The Lancet – Infectious Diseases uno studio che collega il decesso del Caravaggio a un’infezione di cui effettivamente la febbre alta poteva essere un sintomo. Per trovare le prove di questa teoria, è stata analizzata la polpa dentale. Quest’ultima è costituita dal tessuto connettivo molle presente all’interno della corona dei denti e, proprio per la sua durabilità e resistenza alle contaminazioni, è un materiale di elezione per l’analisi del DNA alla ricerca di agenti che causano setticemia.
Numerose sono state le ipotesi ricollegabili a quella febbre alta, tra cui brucellosi e malaria, ma gli ultimi esami svolti hanno concluso che lo scheletro esaminato è di un uomo morto per un’infezione da Staphylococcus aureus, attualmente conosciuto per essere il batterio responsabile delle infezioni contratte in ospedale. Elementi convergenti che supportano questa tesi sono la presenza di un osso osteomielitico (l’osteomielite è un processo infiammatorio del midollo osseo) e dal contesto della morte di Caravaggio: la sepsi di ferite ricevute durante l’ennesima rissa a Napoli, pochi giorni prima del manifestarsi dei sintomi. Il caso è chiuso!
Ritratto di Caravaggio di Ottavio Leoni, 1621 ca. (carboncino nero e pastelli su carta blu, 23,4 × 16,3 cm) Firenze, Biblioteca Marucelliana, inventario n. BMF DIS. VOL. H n. 4 Credits: Ottavio Leoni – milano.it, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=331612