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18 Lug 2014

Alimentazione e rivoluzione

Franco Miglietta

Franco Miglietta
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E’ impressionante osservare quanto spesso si parli di cibo ma quanto poco spazio si dedichi al tema reale dell’alimentazione. Certo, il tema alimentare, globale o locale che sia, è molto controverso e assai complesso. Ma il dibattito riguarda tutti e tutti hanno il diritto/dovere di farsi un’idea nel merito (così come, molto più comunemente, ci si informa facilmente su tasse, occupazione e finanza). Tanto più che l’alimentazione è fortemente legata a molti temi economici e tecnici, che sono spesso al centro di numerosi e popolari talk-show.

E’ impressionante osservare quanto spesso si parli di cibo ma quanto poco spazio si dedichi al tema reale dell’alimentazione. Certo, il tema alimentare, globale o locale che sia, è molto controverso e assai complesso. Ma il dibattito riguarda tutti e tutti hanno il diritto/dovere di farsi un’idea in merito (così come, molto più comunemente, ci si informa facilmente su tasse, occupazione e finanza). Tanto più che l’alimentazione è fortemente legata a molti temi economici e tecnici, che sono spesso al centro di numerosi e popolari talk-show.

 

La stagnazione

Nella prima decade di questo secolo, i prezzi delle grandi produzioni alimentari, quelle che gli anglosassoni chiamano «commodities», hanno interrotto il trend che li vedeva in costante diminuzione mentre è continuata la crescita della superficie che sul nostro Pianeta è destinata alla produzione agricola. Le produzioni unitarie di molti cereali hanno forse raggiunto in diverse regioni del mondo dei plateau. La “produzione unitaria” rappresenta quanto una data coltura riesce a rendere, mediamente, per ogni ettaro di terreno coltivato e per “plateau” si intende un fenomeno di stagnazione in cui le produzioni unitarie non salgono e nemmeno scendono. E’ quello che si verifica dai primi anni ’90 per il riso in Cina, per il grano in Europa e Australia e di recente si cominciano a registrare fenomeni di stagnazione anche per i raccolti di mais negli Usa.

 

La produzione di cibo deve aumentare 

Se le produzioni unitarie non cresceranno più, dovremo dunque trovare (e in fretta) nuova terra da coltivare per sfamare una popolazione che si prevede passerà da 6 a 9 miliardi di abitanti tra oggi e la metà di questo secolo. Secondo la Fao, infatti, dovremo produrre il 70 per cento di cibo in più entro il 2050. Se le produzioni unitarie stagneranno ancora, questo obiettivo sarà raggiungibile solo consumando altro suolo (altra terra di un già affaticato Pianeta) e sacrificando altri ambienti naturali, mettendo a coltura altre terre vergini o marginali con l’inevitabile conseguenza di aumentare le emissioni globali di gas serra. Abbiamo quindi davanti a noi un bivio: o si trova una nuova e tuttora inimmaginabile rivoluzione tecnologica che faccia crescere le produzioni unitarie oppure si punta sulla riduzione delle nascite, cosa che porterebbe però a un inesorabile invecchiamento della popolazione. Voi cosa scegliereste?

Franco Miglietta
Franco Miglietta
Dirigente di ricerca CNR-IBIMET di Firenze, coordinatore di FoxLab (CNR e Fondazione E.Mach San Michele a/Adige). PhD a Wagenigen (NL), si occupa di problemi legati alla sostenibilità, con riferimento al tema del cambiamento globale, della mitigazione e del ruolo della vegetazione. È autore di oltre 120 lavori scientifici su riviste internazionali.
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