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23 Gen 2015

I limiti del film “The imitation game”

Stefano Pisani

Stefano Pisani
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Il film “The Imitation Game” racconta la lotta del matematico Alan Turing contro la temibile macchina nazista Enigma, un apparecchio che rendeva le comunicazioni dell’esercito tedesco impossibili da decifrare. Un film con molti limiti…

La mia formazione matematica mi ha consentito di sentir parlare di Alan Turing sin dagli ormai lontani tempi dell’università. Il suo nome era legato al concetto di computazione, era il “padre” della logica del calcolo del computer e, cosa ancora più stuzzicante, questo autorevole genio londinese era associato al “test di Turing”, che riusciva (miracolosamente) a riconoscere se un interlocutore era un uomo o una macchina. Più tardi, ho conosciuto Turing come crittoanalista, come decifratore di codici impossibili anche solo da concepire (figuriamoci da decifrare), come nemico fatale dei nazisti. Il film The Imitation Game”, nelle sale in questi giorni, dipinge proprio un ritratto di quest’ultimo Alan Turing. Racconta l’eccitante lavoro della task force di Bletchley Park, dove un gruppo di brillanti crittoanalisti, scacchisti, linguisti e matematici, sotto la guida di Turing, scardinò progressivamente i misteri della macchina Enigma, un diabolico apparecchio costruito e usato dai nazisti per cifrare in modo praticamente inattaccabile le comunicazioni militari durante la seconda guerra mondiale.

 

I limiti del film

Data la mia esistenziale propensione al pessimismo, vorrei parlare dei difetti di questa pellicola. Prima di tutto, il modo in cui è descritto Turing. Il regista, Morten Tyldum, lo rappresenta come una sorta di pazzoide arrogante, egocentrico e alienato dal mondo. Sebbene qualcuno ritenga che Turing potesse soffrire di Sindrome di Asperger, un disordine dello spettro autistico che corrisponderebbe vagamente alle sgradevoli eccentricità mostrate dal personaggio nel film, la realtà documentale va in un’altra direzione. Per esempio, abbiamo la chiara testimonianza di Peter Hilton, crittoanalista a Bletchely, che ricorda che “Alan Turing era palesemente un genio, ma un genio alla mano, con cui si poteva chiacchierare. Era sempre pronto a spendere tempo e fatica per spiegare le sue idee”. Ma, appunto, il regista deve aver pensato che al cinema non si può presentare un genio come una persona quasi normale, ma si deve necessariamente sprofondare nello stereotipo del matematico inumano. A un certo punto, poi, Turing realizza la sua macchina (in realtà si trattava di qualcosa di più complicato ma la licenza cinematografica stavolta ci può stare) e decide di darle un nome (…): la chiama “Cristopher”, come il suo primo, acerbo amore giovanile, scomparso anzitempo a causa di tubercolosi bovina. In realtà, in una delle sue prime versioni, il sistema di decriptazione si chiamava “Agnes” (da Agnus Dei) ma non è questo l’unico motivo per cui chiamare Cristopher quella macchina risulta alla fine una forzatura un po’ stucchevole.

 

L’omosessualità di Turing

Si nota una generale inadeguatezza degli sceneggiatori a trattare il delicato tema della sua omosessualità. Turing è stato infatti arrestato nel 1952 a causa del suo orientamento sessuale e morì suicida due anni dopo (a soli 41 anni) a causa della terapia ormonale che scelse di seguire come alternativa alla prigione. Solo nel 1967 la Gran Bretagna abrogò la legge che proibiva pratiche omosessuali e alla fine del 2013 (poco più di un anno fa) la regina Elisabetta ha concesso a Turing la grazia reale postuma. Il film, però, non restituisce il vitalismo di Alan Turing, che nella realtà è morto addentando una mela intrisa di cianuro, perfettamente in linea con la sua ossessione per il film di Biancaneve – un particolare che sarà del tutto ignorato. La citazione di questo tragico epilogo sarebbe stato un modo per riaffermare la sua forza interiore, in barba alla depressione che ne aveva sfigurato anima e corpo (era diventato obeso in seguito alla terapia ormonale), e invece… 

Stefano Pisani
Stefano Pisani
Laureato in matematica, è giornalista scientifico freelance, comunicatore scientifico e autore umoristico. 
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