Sono andato a vedere Interstellar, l’ultimo film di Chris Nolan. L’ho guardato un po’ con l’occhio dello scienziato, un po’ con quello dell’appassionato di fantascienza. All’uscita, l’appassionato era pieno di domande per il fisico, e le due anime dibattevano più o meno così. Di Marco Delmastro (CERN)
Sono andato a vedere Interstellar, l’ultimo film di Chris Nolan. L’ho guardato un po’ con l’occhio dello scienziato, un po’ con quello dell’appassionato di fantascienza. All’uscita, l’appassionato era pieno di domande per il fisico, e le due anime dibattevano più o meno così.
Siccome tu sei un fisico, e il film è pieno di scienza (persino troppa per i miei gusti!), immagino che ti sia piaciuto un sacco: è vero?
A dire il vero, non mi è piaciuto un granché. Non tanto perché la scienza usata nel film sia (troppo) sbagliata, ma piuttosto perché la storia raccontata con queste basi scientifiche mi è sembrata banale, e la sua conclusione un’accozzaglia di stereotipi di genere. Ma volevi parlare di fisica, mica di cinema, vero?
Vero! Riassumiamo brevissimamente il film: la storia ruota intorno a un viaggio dalla nostra galassia a un’altra in cerca di un nuovo pianeta da colonizzare, attraverso un wormhole che permette di non impiegarci secoli; e a un buco nero mastodontico che modifica lo scorrere del tempo, con tutte le conseguenze del caso. Iniziamo dal wormhole? Che c’è? Può esistere davvero?
Un wormhole, o ponte di Einstein-Rosen, è una distorsione dello spazio-tempo che metterebbe (il condizionale è d’obbligo!) in comunicazione due regioni altrimenti enormemente distanti: una sorta di scorciatoia. Tecnicamente, è una soluzione corretta delle equazioni della relatività generale, dunque, almeno sulla carta, può esistere davvero. Sappiamo però anche si tratterebbe di un’oggetto estremamente instabile: anche ammesso che sia possibile per crearne uno, scomparirebbe troppo in fretta perché lo si possa attraversare. A meno che, e questa è un’altra delle scoperte fatte dai fisici che studiano le equazioni della relatività, il wormhole non sia creato in presenza di materia con densità di energia negativa: in questo caso la scorciatoia spazio-temporale sarebbe stabile. Esiste della materia con queste proprietà esotiche? Per adesso si tratta solo di una speculazione teorica. Ma chi può dire che un giorno non la si scopra? Il modo con cui il nostro universo si espande sembrerebbe in effetti indicare l’esistenza di qualcosa di simile. Il wormhole del film è ovviamente stabile, e nessuno ci spiega come sia stato generato e piazzato dove lo si trova…
… che è probabilmente il modo giusto per raccontare la storia senza porsi troppi problemi! Ho trovato invece la rappresentazione del buco nero del film veramente spettacolare, e da quello che leggo in giro pare sia anche piuttosto realistica. Mi spieghi cos’è l’ orizzonte degli eventi di un buco nero, se se assomiglia a quello che abbiamo visto?
Un buco nero è una concentrazione di materia tale da generare un campo gravitazionale dal quale nemmeno la luce può sfuggire, che è la ragione per cui lo chiamiamo nero. Lo spazio intorno a un buco nero è delimitato da una sfera, la cui superficie racchiude una zona dall’interno della quale non può sfuggire nulla: né materia, né luce, né, e decidiamo di ignorare la meccanica quantistica, informazione di alcun tipo. Questa sfera è chiamata orizzonte degli eventi, proprio perché qualunque cosa succeda all’interno è completamente disaccoppiata da quello che avviene nel resto dell’universo.
Guardando un buco nero da fuori non c’è molto da vedere: si tratta di una porzione sferica dello spazio completamente buia. Il modo con cui ci accorgiamo più facilmente della presenza di un buco nero nella spazio è grazie alla presenza di una stella vicina che sta venendo risucchiata al suo interno: il materiale della stella spiraleggia intorno al buco nero formando un sorta di disco, e cadendo al suo interno si scalda moltissimo ed emette luce. È proprio l’espediente che hanno utilizzato in Interstellar: il buco nero non si vede, ma l’immagine del suo luminosissimo disco di accrescimento, moltiplicata davanti e di fianco dalla distorsione gravitazionale, ne disegna benissimo i contorni.
È vero che in presenza di un forte campo gravitazionale, come quello in cui sono immersi i pianeti che nel film orbitano intorno al buco nero, il tempo scorre più lentamente?
Si, la dilatazione del tempo funziona proprio così. Poco importa se quella proposta nel film sia credibile: in una situazione simile ci sarebbe veramente qualcuno che invecchiava molto più lentamente di qualcun altro. Questa mi è sembrata la trovata narrativa più interessante del film, perché gli effetti sulle relazioni sono veramente drammatici.
Cos’era invece questa storia che la gravità è il modo per mandare messaggi da una dimensione spazio-temporale all’altra?
Non ne ho idea: questa è la parte del film dove Nolan abbandona di colpo ogni tentativo di verosimiglianza scientifica e inventa di sana pianta per chiudere il racconto. Le dimensioni spazio-temporali diventano di colpo cinque, gravità e amore viaggiano a braccetto attraverso spazio e tempo in stile da bacio Perugina, ci si può tuffare nel cuore del buco nero, mandare un paio di telegrammi e uscirne, perché ormai, tutto è diventato quantistico e, dunque, purtroppo, magico.
Insomma, salvi ben poco di questo film?
Non fraintendermi: visivamente è un film veramente interessante, e le citazioni ai classici della fantascienza, anche se forse sono un po’ troppe, sono un regalo gustoso per ogni appassionato. Ho trovato però molti aspetti trascurati, in un film che sembra voler essere scientificamente verosimile per partito preso: certe scelte tecnologiche sono a volte assurde (l’organizzazione della base segreta della NASA, le proprietà ingegneristiche magiche della navetta spaziale, l’assurdo design dei robot), ma è soprattutto la storia a essere piena di buchi logici, dialoghi poveri, il finale basato su un trito paradosso temporale: siamo noi stessi dal futuro a piantare le premesse per la nostra salvezza nel passato. Un peccato, nonostante la fisica.
