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15 Mag 2019

È dai tempi dei Romani che inquiniamo: le prove nei ghiacciai del Monte Bianco

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L’origine dell’inquinamento atmosferico non è così recente come credevamo. Lo hanno dimostrato i dati raccolti e analizzati da un gruppo internazionale di scienziati, coordinati dai ricercatori dell’Institute for Geosciences and Environmental Research del CNRS-Centre national de la recherche scientifique francese. L’esame del ghiaccio prelevato nelle profondità del ghiacciaio Col du Dome del Monte Bianco, sulle Alpi francesi, ha rilevato la presenza significativa di metalli pesanti collegabili ad attività produttive risalenti all’antica Roma. I risultati sono stati pubblicati nella rivista Geophysical Research Letters.

L’origine dell’inquinamento atmosferico non è così recente come credevamo. Lo hanno dimostrato i dati raccolti e analizzati da un gruppo internazionale di scienziati, coordinati dai ricercatori dell’Institute for Geosciences and Environmental Research del CNRS-Centre national de la recherche scientifique francese. L’esame del ghiaccio prelevato nelle profondità del ghiacciaio Col du Dome del Monte Bianco, sulle Alpi francesi, ha rilevato la presenza significativa di metalli pesanti collegabili ad attività produttive risalenti all’antica Roma. I risultati sono stati pubblicati nella rivista Geophysical Research Letters.

 

Tracce del passato intrappolate nei ghiacci

 

Le impurità contenute nei ghiacciai di altitudine elevate e media latitudine sono portatrici di informazioni dettagliate sulla composizione chimica dell’atmosfera su scala regionale. Molte carote di ghiaccio prelevate dalle Alpi, infatti, sono state impiegate per esaminare l’impatto crescente delle attività umane sulla composizione chimica dell’atmosfera e delle precipitazioni negli ultimi due secoli, proprio per la loro vicinanza alle emissioni di origine antropica provenienti dall’Europa. Riuscire a estendere il limite temporale di indagine è molto difficile e solo recentemente, ad esempio grazie ai progressi raggiunti nel campo della datazione mediante radiocarbonio, si è riusciti a ottenere una datazione di tipo quantitativo dei ghiacci preindustriali e basali (il ghiaccio alla base del ghiacciaio o la lastra coinvolta dai processi che operano sul letto del ghiacciaio), anche se le incertezze legate alla misura sono state relativamente grandi.
Nonostante l’esistenza di almeno due ghiacciai di altitudine elevata in Europa che avrebbero permesso di analizzare i ghiacci degli ultimi millenni, soltanto poche carote sono state oggetto di studio per comprendere i possibili cambiamenti atmosferici legati all’attività mineraria e alla fusione di metalli durante la prima parte del Medioevo e nel periodo dell’epidemia di peste del 1349-1353. Per studiare l’inquinamento passato, in Europa, ci si è affidati alle informazioni restituite da torbiere e sedimenti lacustri e fino a ora solo i ghiacci della Groenlandia hanno documentato inquinamento da piombo sin dall’antichità. Naturalmente esiste una consistente lacuna tra i record groenlandesi e gli archivi lacustri e terrestri europei.

 

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L’analisi del ghiacciaio Col du Dome sulle Alpi francesi

 

Nel lavoro pubblicato su Geophysical Research Letters, i ricercatori hanno determinato una cronologia dei ghiacci profondi basandosi sulle datazioni con il Carbonio-14 provenienti dal sito del Col du Dome. In questo modo hanno potuto analizzare l’inquinamento da metalli pesanti nelle Alpi francesi originato dallo sfruttamento minerario e dalle operazioni di fusione nella storia antica europea. Sono state impiegate misure dettagliate di piombo e antimonio, su campioni estratti da una carota prelevata nel 2004, ed è stato utilizzato FLEXPART, un modello per comprendere il trasporto e la deposizione dell’aerosol atmosferico, per interpretare correttamente i dati. Il record riferito al piombo antico del Col du Dome è stato confrontato con quello del ghiaccio del sito NGRIP2 in Groenlandia e con le analisi delle torbiere e dei sedimenti dei laghi europei.

 

Antica Roma: tempi di ricchezza e di inquinamento

 

I dati delle Alpi francesi hanno tracciato il principale periodo di prosperità dell’antica Roma. Si riconoscono, infatti, due distinti picchi nelle emissioni di piombo: il primo nel periodo repubblicano, tra il IV e il II secolo a.C., il secondo nel periodo imperiale, tra il I e il II secolo d.C.. In questi intervalli temporali i romani erano impegnati ad estrarre minerali di piombo, contenenti argento, per produrre il metallo necessario per tubazioni idrauliche e monete. In particolare, l’argento veniva estratto riscaldando il minerale fino a una temperatura pari a 1200°C, rilasciando in atmosfera quantità significative di piombo. Questa situazione era stata già documentata dai record continentali delle torbiere ma riuscire a ottenere dati globali a livello europeo si era mostrato complesso. La ricerca appena pubblicata, la prima sull’inquinamento antico ricavato dallo studio dei ghiacciai alpini, fornisce un punto di vista rilevante riguardante l’impatto delle emissioni antiche sull’ambiente di oggi e serve come dato di confronto con l’inquinamento più recente, dovuto all’uso di benzina con piombo tra il 1950 e il 1985.

 

Se vi interessa conoscere alcuni degli effetti dell’inquinamento atmosferico, vi consigliamo di acquistare e leggere l’articolo di Sandro Fuzzi, “Qualità dell’aria e salute”, pubblicato nel numero di febbraio 2016 di Sapere.

 

Immagine di copertina: Monte Bianco. Credits: Wikimedia Commons (CC BY-SA 3.0)

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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