È una corsa contro il tempo quella che l’intera umanità sta affrontando per evitare i catastrofici effetti del riscaldamento globale. Il rapporto IPCC ci ha redarguito sulla necessità di rapidi e drastici cambiamenti prima che sia troppo tardi per agire: gli Stati firmatari dell’Accordo di Parigi dovrebbero limitare l’innalzamento delle temperature globali di 1,5°C, prevedendo una diminuzione delle emissioni globali nette di anidride carbonica, causate dalle attività umane, del 45% rispetto ai livelli del 2010 entro il 2030, raggiungendo lo “zero netto” intorno al 2050. Un obiettivo quasi impossibile. In questo contesto, la riforestazione è sempre stata considerata una delle armi per diminuire la quantità di CO2 nell’atmosfera ma, recenti studi descritti in un articolo pubblicato nel sito di Nature, ci mette in guardia sulla semplificazione di tale concetto. Gli alberi sono un sistema complesso e non sempre il loro contributo potrebbe risultare salvifico.
È una corsa contro il tempo quella che l’intera umanità sta affrontando per evitare i catastrofici effetti del riscaldamento globale. Il rapporto IPCC ci ha redarguito sulla necessità di rapidi e drastici cambiamenti prima che sia troppo tardi per agire: gli Stati firmatari dell’Accordo di Parigi dovrebbero limitare l’innalzamento delle temperature globali di 1,5°C, prevedendo una diminuzione delle emissioni globali nette di anidride carbonica, causate dalle attività umane, del 45% rispetto ai livelli del 2010 entro il 2030, raggiungendo lo “zero netto” intorno al 2050. Un obiettivo quasi impossibile. In questo contesto, la riforestazione è sempre stata considerata una delle armi per diminuire la quantità di CO2 nell’atmosfera ma, recenti studi descritti in un articolo pubblicato nel sito di Nature, ci mette in guardia sulla semplificazione di tale concetto. Gli alberi sono un sistema complesso e non sempre il loro contributo potrebbe risultare salvifico.
L’urgenza di abbassare le emissioni di CO2
L’IPCC-Intergovernmental Panel on Climate Change, l’organo delle Nazioni Unite che si occupa della valutazione dei dati scientifici legati ai cambiamenti climatici, costituito dal United Nations Environment Programme e dalla World Meteorological Organization, ha simulato numericamente differenti scenari futuri. Purtroppo solo nella situazione più ottimistica potremmo raggiungere gli obiettivi climatici stabiliti con misure rapide e drastiche in tutti i settori, dal trasporto all’agricoltura, dall’edilizia al settore energetico. Negli scenari meno positivi la comunità globale dovrà introdurre misure aggiuntive nel 2030 o al massimo entro il 2050. In cosa consistono questi interventi addizionali? Si parla di sviluppare metodi che favoriscano le cosiddette “emissioni negative”: la rimozione di grandi quantità di anidride carbonica dall’atmosfera e il loro immagazzinamento permanente al fine di bilanciare il budget di carbonio. In tempi recenti si sta cercando di sviluppare tecnologie che operino una fotosintesi artificiale, più efficiente di quella naturale, ma la strada da percorrere per rendere questi strumenti operanti e poco costosi è ancora lunga. Per ora l’unica soluzione è la fotosintesi naturale, quella prodotta dalla riforestazione su larga scala.
Gli effetti delle foreste: non solo spugne di anidride carbonica
Un articolo pubblicato sul sito di Nature spiega come gli alberi non siano i “supereroi del clima” che ci aspettiamo. Esiste un acceso dibattito sulla bontà del rimboschimento per abbassare la temperatura globale, una discussione che, dalla ricerca, si estende agli attivisti ambientali fino a divenire, in alcuni casi, pericoloso fanatismo anti-scientifico (alcuni ricercatori hanno ricevuto minacce di morte in seguito ad affermazioni riguardanti la necessità di studiare più a fondo l’effetto delle foreste sul clima). Ma facciamo un passo indietro. Molti scienziati sono favorevoli all’espansione delle foreste mentre altri chiedono maggior cautela poiché l’impatto degli alberi sul clima è molto più complesso del semplice assorbimento di anidride carbonica e richiederebbe una comprensione più approfondita. Le piante inglobano CO2 con la fotosintesi ma emettono anche una serie di composti che contribuiscono al riscaldamento del nostro pianeta: si chiamano Composti Organici Volatili biogenici e includono l’isoprene, che può reagire con gli ossidi di azoto presenti nell’aria e formare ozono – un gas che contribuisce al riscaldamento quando si trova nella parte inferiore dell’atmosfera – oppure può allungare la vita del metano, altro gas serra. L’isoprene, però, può avere anche un effetto positivo: è di supporto nella formazione del particolato atmosferico che scherma i raggi del sole incidenti, raffreddando così la temperatura.
Un altro fattore negativo specifico della vegetazione delle foreste è la presenza di foglie scure che assorbono la luce solare, innalzando le temperature.
Nuove ricerche per comprendere il ruolo della riforestazione
Le parole riportate su Nature non negano che gli alberi siano un bene per l’ambiente, con tutti i benefici di cui sono portatori tra cui la protezione di una gran parte della biodiversità terrestre, e nessun ricercatore sta proponendo di radere al suolo foreste o favorire la loro eliminazione. È rilevante, però, capire con precisione i pro e i contro di una massiva riforestazione in diversi luoghi del globo. È importante soprattutto in tempi come questi, in cui governi, aziende e organizzazioni no-profit stanno progettando programmi per il rallentamento del riscaldamento globale. Per far questo, i ricercatori sono impegnati in campagne di raccolta di dati attraverso l’impiego di aeroplani, satelliti e torrette che campionino l’insieme di sostanze chimiche prodotte dagli alberi. Le foreste non sono diventate improvvisamente un’ulteriore causa di riscaldamento globale ma un sistema complesso da esaminare correttamente per strategie che si basino su scelte ben ponderate e calibrate.
Un’altra emergenza dovuta all’inquinamento sono le plastiche disperse nei nostri mari. Potete approfondire questo tema acquistando e leggendo l’articolo di Eleonora Polo, “Come possiamo ripulire gli oceani?”, pubblicato nel numero di febbraio 2018 di Sapere.