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22 Ago 2018

Lenti a contatto, un pericolo per l’ambiente sottovalutato

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Le lenti a contatto sono, per chi soffre di difetti della vista, un comodo sostituto degli occhiali. I nuovi materiali sono confortevoli e l’igiene è assicurata da un corretto utilizzo e un frequente ricambio, a seconda della durata del prodotto che utilizziamo. Che fine fanno quelle piccole pellicole dopo averci reso un così prezioso servizio? Si è posto questa domanda Rolf Halden, direttore del Center for Environmental Health Engineering presso il Biodesign Institute dell’Arizona State University, e la risposta non è affatto rassicurante.

Le lenti a contatto sono, per chi soffre di difetti della vista, un comodo sostituto degli occhiali. I nuovi materiali sono confortevoli e l’igiene è assicurata da un corretto utilizzo e un frequente ricambio, a seconda della durata del prodotto che utilizziamo. Che fine fanno quelle piccole pellicole dopo averci reso un così prezioso servizio? Si è posto questa domanda Rolf Halden, direttore del Center for Environmental Health Engineering presso il Biodesign Institute dell’Arizona State University, e la risposta non è affatto rassicurante.

 

Usa e getta

 

L’uso di lenti a contatto è aumentato negli ultimi decenni grazie al progresso tecnologico che ha contribuito a migliorarne le qualità. Rispetto ai precedenti modelli, quelli attuali sono più morbidi e possiedono una più alta permeabilità all’ossigeno, attributi che dipendono dai materiali di cui sono costituiti, ad esempio il silicone idrogel. Questi piccoli cerchietti di plastica possono essere rimpiazzati annualmente, mensilmente, ogni due settimane o giornalmente. Al momento del ricambio, qual è il destino delle vecchie lenti? Alcuni consumatori, probabilmente ingannati dalla loro consistenza e dall’aspetto, lasciano che scorrano via attraverso lo scarico del lavandino o del wc. È dalla conoscenza di questa insana abitudine che ha avuto inizio il lavoro di Rolf Halden, Charlie Rolsky e Varun Kelkar, ricerca che è stata presentata al 256th National Meeting & Exposition dell’American Chemical Society.

 

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Lo studio

 

Per comprendere quale sia la fine delle lenti a contatto una volta raggiunti – a partire dai tubi di scarico delle nostre case – gli impianti di trattamento delle acque reflue, i ricercatori hanno progettato uno studio in 3 fasi. Hanno, prima di tutto, effettuato un sondaggio in forma anonima, intervistando 139 individui (utilizzatori e non di lenti a contatto) per stimare le tecniche di smaltimento di questo tipo di rifiuto. I dati raccolti hanno rivelato che il 19% di coloro che indossano lenti le buttano nel lavandino o nello scarico del gabinetto.
La seconda e la terza fase del lavoro sono state focalizzate sul viaggio della lente a contatto attraverso l’impianto di trattamento delle acque reflue e i processi di degradazione a cui potenzialmente va incontro. Sono stati condotti esperimenti legati alla densità su 11 tipi di lenti a contatto e sulle frazioni liquide e solide risultanti dai trattamenti avvenuti negli impianti (per capire in quale frazione rimangono le lenti) e, infine, sono stati osservati gli effetti dei processi a cui sono sottoposte le acque reflue su una varietà di lenti prodotte con differenti plastiche.

 

What goes around, comes around

 

Quali saranno stati i risultati? I microrganismi presenti negli impianti di trattamento alterano la superficie delle lenti a contatto, indebolendo i legami dei polimeri plastici di cui sono costituite. A partire da questa diminuzione della resistenza strutturale è possibile passare alla frammentazione delle macroplastiche in microplastiche. Come oramai sappiamo, quest’ultime possono essere confuse con del cibo dagli organismi acquatici, il cui apparato digerente viene così seriamente compromesso. Non dimentichiamo, però, che questi animali sono parte di una lunga catena alimentare che giunge fino a noi, esponendoci ai contaminanti plastici e agli inquinanti che possono aderire alla superficie dei microframmenti.
Con questo approfondimento i ricercatori sperano di sensibilizzare le case produttrici, le quali dovrebbero apporre un’etichetta che mostri come smaltire in maniera corretta le lenti a contatto, gettandole nel contenitore dell’indifferenziata. Le aziende dovrebbero, inoltre, investire maggiormente nella ricerca dedicata alla comprensione dell’impatto delle lenti a contatto sugli habitat acquatici e della velocità con la quale vengano degradate in ambiente marino.

 

Parliamo ancora di plastica nell’articolo di Stefano Bertacchi, “Amore di (bio)plastica”, che potrete leggere acquistandolo singolarmente o con il numero di aprile 2018 di Sapere.

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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