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28 Ago 2018

Orti urbani, una risorsa per le città

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Il fenomeno degli orti urbani – spazi verdi, solitamente di proprietà comunale e di dimensione variabili, gestiti da gruppi di cittadini – è in continua crescita in Italia. Ora i primi risultati del progetto SustUrbanFood dell’Università di Bologna, dedicato a studiare l’impatto dell’agricoltura in città, ci rivelano quanto queste preziose realtà facciano bene all’ambiente, alla società e all’economia.

Il fenomeno degli orti urbani – spazi verdi, solitamente di proprietà comunale e di dimensione variabili, gestiti da gruppi di cittadini – è in continua crescita in Italia. Ora i primi risultati del progetto SustUrbanFood dell’Università di Bologna, dedicato a studiare l’impatto dell’agricoltura in città, ci rivelano quanto queste preziose realtà facciano bene all’ambiente, alla società e all’economia.

 

Il progetto SustUrbanFood

 

Più biodiversità, meno rifiuti, miglioramento del clima, inclusione sociale, occupazione, riduzione del costo degli alimenti. Sono i tanti vantaggi che si possono ottenere dalla diffusione degli orti urbani. Lo certificano i primi risultati di SustUrbanFood, progetto coordinato dall’Università di Bologna e finanziato dall’Unione Europea (Marie Skolodowska-Curie Action) per studiare l’impatto dei tanti nuovi spazi agricoli che negli ultimi anni si sono fatti largo tra strade e palazzi nelle città d’Italia, d’Europa e in tutto il mondo. I primi esiti del lavoro di ricerca sono stati da poco pubblicati in due articoli sulla rivista Sustainability. Gli orti orbani – rivelano i ricercatori – portano opportunità in campo ambientale ma anche nello sviluppo sociale ed economico. Non mancano i vantaggi per il bilancio familiare: con un piccolo orto domestico, di grandezza compresa tra 10 e 20 metri quadrati, è possibile produrre abbastanza verdura per soddisfare l’intero fabbisogno annuale di una persona.

 

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Gli orti urbani in Italia

 

Secondo i dati diffusi da Coldiretti “la crescita degli orti urbani in Italia ha riguardato soprattutto il Nord con l’Emilia Romagna che guida la classifica delle regioni ‘urban farmers’ con il 37% di tutti gli orti pubblici a livello nazionale per oltre 704.000 metri quadrati, seguita dalla Lombardia con il 10,2% e più di 193.000 metri quadrati e dalla Toscana con il 9% e oltre 170.000 metri quadrati. Nella ‘top five’ regionale entrano anche il Veneto con l’8,5% e 160.000 metri quadrati e il Piemonte con il 7,6% e quasi 144.000 metri quadrati. Fra le regioni del centro Italia la leadership spetta alle Marche con più di 104.000 metri quadrati, con alle spalle Umbria e Lazio. Mentre al sud la classifica è guidata dalla Campania, rappresentata dagli oltre 116.000 metri quadrati di Napoli, seguita da Sicilia, Sardegna e Calabria”.

 

Orti urbani e sostenibilità ambientale
 

Pur essendo iniziative locali, spesso autonome e di piccole dimensioni, la diffusione di aree coltivate in città genera un impatto significativo in diverse direzioni. Per definirne i contorni, i ricercatori di SustUrbanFood hanno utilizzato un approccio dal basso verso l’alto, interpellando direttamente le tante persone coinvolte nel settore: gestori di orti urbani, titolari di cooperative e piccole realtà agricole in città, amministratori pubblici, associazioni, ricercatori e studenti universitari. Le opinioni, le testimonianze, le esperienze raccolte confermano la capacità degli spazi agricoli cittadini di produrre risultati tangibili nell’ambito dello sviluppo sostenibile.

Le conseguenze positive più immediate sono quelle legate alla sostenibilità ambientale: l’aumento della biodiversità in contesti, come quelli urbani, che solitamente ne sono poveri; la capacità di regolazione del micro-clima locale che deriva da un aumento delle aree verdi; il maggior riciclo di rifiuti organici, riutilizzati come fertilizzanti naturali. Inoltre gli orti urbani sono ormai visti come un elemento caratteristico delle città, tanto da essere considerati una componente irrinunciabile nella progettazione di nuovi quartieri e centri abitati. Non meno importante dell’impatto ambientale, poi, c’è quello sociale.

Dall’analisi dei ricercatori emerge che gli orti urbani promuovono l’inclusione sociale e lo sviluppo di nuove comunità: ci si incontra, si condividono esperienze, si sta insieme, si imparano cose nuove. Senza dimenticare i vantaggi per la salute: coltivare è anche un’occasione per fare attività fisica, e inevitabilmente fa aumentare la quantità di frutta e verdura consumata.

 

Anche le nostre tasche ci guadagnano

 

Avere un orto urbano significa anche poter risparmiare sull’acquisto di prodotti freschi. Allargando l’orizzonte oltre il singolo orto domestico, la nascita di piccole attività agricole cittadine porta ad accorciare notevolmente la filiera tra produzione alimentare e consumatore, favorendo lo sviluppo di modelli economici alternativi e creando così anche nuovi posti di lavoro.

Ma avere un orto da coltivare è solo un passatempo piacevole o può trasformarsi davvero in un vantaggio concreto per l’economia familiare? Per capirlo i ricercatori dell’Università di Bologna hanno studiato un caso specifico: un orto domestico di circa 30 metri quadrati situato nella città di Padova. Per analizzarne la capacità di produzione, hanno osservato 21 cicli di raccolto, valutando di volta in volta l’utilizzo di acqua, fertilizzanti e pesticidi, ma anche i materiali impiegati, la produzione di rifiuti, la disposizione e la tipologia delle diverse coltivazioni scelte.

L’impatto ambientale è stato calcolato considerando il Life Cycle Assessment: un metodo che permette di tenere conto dell’intero ciclo di vita dell’intervento, dalla fase di preparazione iniziale fino alla dismissione finale. L’opzione più ecosostenibile? Pomodori e melanzane, perché producono frutti grandi e, quindi, raccolti maggiori rispetto ad altre coltivazioni con frutti più piccoli come ad esempio fagioli e piselli. Per le verdure a foglia verde come lattuga, bietola o cicoria, invece, è determinante la scelta della varietà: alcune sono più produttive di altre e questo incide anche sull’impatto ambientale dell’orto nel suo complesso.

Nel valutare le opzioni possibili, inoltre, i ricercatori hanno tenuto conto dei costi sostenuti in relazione all’impatto ambientale. E questo ci porta a una domanda fondamentale: avere un orto domestico conviene? Tenendo conto di tutti questi aspetti – tipologie di verdure coltivate, condizioni climatiche, quantità e qualità delle risorse utilizzate – la risposta è positiva. Analizzando i dati raccolti, infatti, i ricercatori hanno valutato che con un terreno di dimensione compresa tra circa 10 e 20 metri quadrati è possibile ottenere una quantità di verdura sufficiente per l’intero fabbisogno annuale di una persona.

 

Avere a disposizione frutta e verdura fresca e di stagione può contribuire al mantenimento di uno stile di vita corretto. Ma quanto l’alimentazione può incidere sulla nostra salute? Scopritelo acquistando e leggendo l’articolo “Alimentazione come terapia: dall’ipotesi all’evidenza scientifica” di Laura Teodori e Luigi Campanella, pubblicato nel numero di Sapere di giugno 2016.

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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