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12 Lug 2018

Partire dal legno per produrre bioplastica: nuovi enzimi per degradare la lignina

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Una nuova strada si è aperta verso la conversione degli scarti vegetali in materiali sostenibili ma dalle caratteristiche simili a quelle di nylon, plastiche e combustibili: è una nuova famiglia di enzimi scoperti da un gruppo di ricercatori provenienti dalla University of Portsmouth, dal US Department of Energy’s National Renewable Energy Laboratory (NREL) e dalla University of California di Los Angeles. Lo stesso team, in aprile, aveva pubblicato i risultati di uno studio riguardante il miglioramento di un enzima capace di digerire la plastica.

Una nuova strada si è aperta verso la conversione degli scarti vegetali in materiali sostenibili ma dalle caratteristiche simili a quelle di nylon, plastiche e combustibili: è una nuova famiglia di enzimi scoperta da un gruppo di ricercatori provenienti dalla University of Portsmouth, dal US Department of Energy’s National Renewable Energy Laboratory (NREL) e dalla University of California di Los Angeles. Lo stesso team, in aprile, aveva pubblicato i risultati di uno studio riguardante il miglioramento di un enzima capace di digerire la plastica.

 

Enzimi per degradare la plastica…

 

Gli enzimi e le loro proprietà sono la chiave di queste nuove soluzioni, progettate per cercare di porre rimedio all’inquinamento dovuto alla produzione e alla gestione, spesso non corretta, dei rifiuti. Cosa sono gli enzimi? Sono proteine che svolgono il ruolo catalizzatori biologici, ossia accelerano delle reazioni biochimiche che difficilmente avverrebbero spontaneamente. In una cellula ci sono migliaia di enzimi diversi, ognuno di questi permette una specifica reazione. Inoltre sono regolabili: possono essere attivati o inibiti a seconda delle esigenze della cellula. La svolta che ha portato alla pubblicazione della ricerca su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) è stata l’osservazione della struttura di enzimi naturali che si pensava si fossero evoluti in un centro per il riciclo dei rifiuti in Giappone, proteine che permettevano a un batterio di degradare la plastica per nutrirsene. Dopo questa prima fase di analisi, l’enzima è stato ingegnerizzato incrementandone la capacità di consumare il PET (polietilene tereftalato): una plastica ubiquitaria e difficilmente biodegradabile, pericolosa per la flora e la fauna degli ambienti marini.

 

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…o per produrre i mattoni di materiali sostenibili

 

Il lavoro pubblicato su Nature, invece, è incentrato su una nuova famiglia di enzimi che digerisce la lignina, uno dei principali componenti delle piante, che gli scienziati hanno tentato per decenni di degradare in maniera efficiente. La lignina è un polimero complesso ed è uno dei costituenti più abbondanti nel legno. Il suo ruolo è di dare sostegno e rigidità alle strutture vegetali ed è per questo che è presente nelle pareti cellulare e dove è necessaria resistenza. Rappresenta anche una forma di protezione dai patogeni, infatti solo una minima selezione di funghi e batteri è in grado di attaccarla. Il complesso enzimatico adoperato per degradare la lignina appartiene a una nuova classe di citocromo P450, una superfamiglia di proteine presenti in tutti gli organismi e che assolvono molteplici compiti tra cui la detossificazione.
Gregg Beckham, uno degli autori dello studio, ha spiegato: “Questo nuovo enzima citocromo P450 può degradare molti substrati a base di lignina. È una cosa buona perché significa che può quindi essere ingegnerizzato per specializzarsi per una specifica molecola e noi possiamo farlo evolvere ulteriormente per spingerlo in una certa direzione. Ora abbiamo una delle più conosciute, versatili e ingegnerizzabili classi di enzimi pronte per essere un appoggio per la biotecnologia affinché si possa andare avanti e migliorare”.

 

Le nuove tecnologie per salvare il Pianeta

 

Le nuove tecnologie si affermano sempre più come risultato di approcci altamente multidisciplinari: il gruppo di ricerca, in questo caso, era formato da biofisici, biologi strutturali e di sintesi, chimici quantistici e biochimici. Questi esperti sono riusciti a trovare la via per decomporre la lignina contenuta negli scarti vegetali – rami, potature di piante, segatura o piccoli pezzi di legno – nei suoi componenti chimici di base a partire dai quali sarebbe possibile produrre materiali e sostanze chimiche come bioplastiche e fibre di carbonio. La scoperta potrebbe anche offrire altri benefici per l’ambiente in quanto questi processi innovativi ridurrebbero la nostra dipendenza dal petrolio, offrendoci un’alternativa e aiutandoci a diminuire le emissioni di anidride carbonica dovute al suo utilizzo industriale.

 

Parliamo ancora di salvaguardia dell’ambiente nell’articolo di Viviana Ferrario, “I nuovi paesaggi delle energie rinnovabili”, che potrete leggere acquistandolo singolarmente o con il numero di giugno 2017 di Sapere.

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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