Abbiamo letto spesso quanto disastri naturali, come tempeste violente e uragani, o il riscaldamento degli oceani, distruggano regioni di barriera corallina in tutto il mondo. Questi ecosistemi accolgono numerose specie animali che si ritrovano a non avere una casa, proprio come succede a noi esseri umani dopo una calamità. Per noi esistono i prefabbricati, ma per pesci e coralli come si fa? Gli scienziati dell’Università del Delaware hanno trovato una soluzione grazie a una stampante 3D e del materiale biodegradabile.
Abbiamo letto spesso quanto disastri naturali, come tempeste violente e uragani, o il riscaldamento degli oceani, distruggano regioni di barriera corallina in tutto il mondo. Questi ecosistemi accolgono numerose specie animali che si ritrovano a non avere una casa, proprio come succede a noi esseri umani dopo una calamità. Per noi esistono i prefabbricati, ma per pesci e coralli come si fa? Gli scienziati dell’Università del Delaware hanno trovato una soluzione grazie a una stampante 3D e del materiale biodegradabile.
Dare un’abitazione ai pesci “senza tetto” delle barriere coralline
Danielle Dixson e Emily Ruhl, autrici dell’articolo pubblicato su Plos One che descrive l’esperimento, hanno pensato di stampare delle strutture in 3D che si integrassero con la barriera corallina e fungessero da rifugio per pesci e substrato per larve di coralli. Successivamente hanno osservato il comportamento di esemplari di damigella verde (Chromis viridis), un pesce comunemente associato ai coralli nell’Oceano Pacifico e nell’Oceano Indiano, e di larve di Porites astreoides, un corallo in grado di generare uno scheletro duro, tipico del Mar dei Caraibi. Questi animali hanno avuto, quindi, a disposizione un substrato naturale e uno artificiale o solo quello artificiale. Dove hanno scelto di vivere secondo voi?
La soluzione migliore con un materiale che non inquini
I modelli in 3D di corallo sono stati costruiti per copiare quelli che sono gli scheletri dei coralli. Per farlo sono state utilizzate 50 fotografie ottenute con un IPhone 6 di un vero corallo, scattate da tutte le angolazioni, e una stampante 3D. I ricercatori hanno prodotto 4 differenti modelli artificiali di corallo usando filamenti a basso costo: poliestere e materiali biodegradabili come amido di mais da solo o mescolato con polvere di acciaio inossidabile. Successivamente, in un acquario, sono state posizionate le repliche (c’erano 4 habitat artificiali opzionali) e vi si sono fatti interagire i pesci per capire quale abitazione preferissero. Le analisi comportamentali hanno rivelato che le damigelle verdi non mostrano una preferenza tra scheletro corallino naturale o artificiale. Il livello di attività dei pesci, ossia la frequenza dei movimenti e la distanza percorsa nella vasca, è rimasto invariato in tutte le alternative presenti. Non importa che la casa sia di carbonato di calcio o di materiale artificiale, l’importante per i pesci è avere protezione.
Anche le larve di corallo, piuttosto che rimanere senza substrato, hanno preferito aderire alla superficie dello scheletro stampato in laboratorio.
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Una struttura temporanea per il recupero di una barriera corallina
I risultati di questi esperimenti sono una buona notizia, considerando che i pesci e i coralli associati all’ambiente di barriera corallina sono specie vulnerabili, è quindi positivo aver ottenuto indicazioni per capire quale sarebbe la risposta di questi animali a strutture stampate in 3D poste in mare aperto.
Quando una barriera corallina si degrada, spesso perde la sua complessità strutturale: un problema per i pesci che solitamente rimangono nel raggio di circa 5 metri dalla propria casa in tutta la loro vita. Come è spiegato nel comunicato stampa ufficiale dell’Università del Delaware, senza un habitat appropriato, i giovani pesci che si trovano nella barriera corallina non crescono e senza pesci più grandi che si nutrono di alghe, quest’ultime riescono a ricoprire i coralli causandone la distruzione e mettendo in pericolo l’intero ecosistema. Danielle Dixson, una delle autrici dello studio, ha commentato: “Offrire habitat stampati in 3D è un modo di fornire agli organismi della barriera uno ‘starter kit’ strutturale che possa divenire parte del paesaggio una volta che pesci e coralli hanno costruito le loro case intorno al corallo artificiale. E, essendo il materiale biodegradabile, il corallo artificiale degraderà naturalmente con il passare del tempo man mano che il corallo vi ricrescerà sopra”.
I modelli di corallo stampati in 3D saranno anche utili negli studi effettuati in laboratorio su pesci, permettendo ai ricercatori di dare a ciascun esemplare un habitat identico a quello specifico dal quale proviene, una condizione che attualmente non è possibile riprodurre utilizzando uno scheletro di corallo naturale.
L’inquinamento costituisce buona parte dei problemi che minacciano gli ecosistemi marini. Eleonora Polo ci spiega come trovare una soluzione nel suo articolo “Come possiamo ripulire gli oceani?”, pubblicato nel numero di febbraio 2018 di Sapere.
Credits immagine: foto di csharker da Pixabay