In principio fu Facebook. Poi arrivarono Twitter, Instagram e tanti altri social network. Reti sociali: dovevano aiutare persone lontane a rimanere in contatto, a scambiarsi informazioni utili ma, con il passare del tempo, questi strumenti sono cresciuti, si sono trasformati tanto da renderci vittime di comportamenti sbagliati, frutto di questo nostro nuovo modo di vivere attraverso schermo e tastiera. I social media come condizionano la nostra vita? Molti stanno puntando il dito contro queste nuove tecnologie ma cosa dicono i dati?
In principio fu Facebook. Poi arrivarono Twitter, Instagram e tanti altri social network. Reti sociali: dovevano aiutare persone lontane a rimanere in contatto, a scambiarsi informazioni utili ma, con il passare del tempo, questi strumenti sono cresciuti, si sono trasformati tanto da renderci vittime di comportamenti sbagliati, frutto di questo nostro nuovo modo di vivere attraverso schermo e tastiera. I social media come condizionano la nostra vita? Molti stanno puntando il dito contro queste nuove tecnologie ma cosa dicono i dati?
Da adolescenti…
Gli adolescenti sono percepiti spesso come il target più vulnerabile riguardo all’uso degli smartphone, conseguentemente, di Facebook e dei suoi fratellastri. Del resto le cronache registrano, ormai con una certa frequenza, gravi episodi di cyberbullismo che sfociano in vite stravolte dalla depressione, fino ad arrivare a gesti estremi. In uno studio pubblicato lo scorso novembre nella rivista Clinical Psychological Science, la psicologa della San Diego State University, Jean Twenge, ha collegato – dati raccolti dal 2010 al 2015 alla mano – l’aumento di sintomi di depressione e suicidio all’incremento nell’utilizzo di social media, videogiochi e internet. Questo accade in particolar modo nei soggetti che impiegano la maggior parte del loro tempo in attività online rispetto a quelle non online.
…come da adulti
Anche gli adulti, coloro i quali hanno conosciuto un mondo fatto solo di interazioni fisiche, sono purtroppo vittime di un impiego errato di smartphone e social network. Quante volte ci ritroviamo assorbiti dallo schermo a leggere notizie futili? Abbiamo tutti notato che la nostra capacità di concentrarci su un unico compito sta sempre più diminuendo. Siamo quasi del tutto ipnotizzati da questi nuovi dispositivi e, soprattutto, molti di noi si aggrappano a un “like” per sentirsi soddisfatti delle proprie vite. Stiamo svilendo le nostre esistenze. Ancora numeri confermano questo quadro preoccupante di alienazione in una ricerca descritta sull’American Journal of Epidemiology.
La via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni
Il timore del lato oscuro dei social network ha iniziato a preoccupare anche chi li ha progettati e chi ha realizzato quelle caratteristiche che li rendono così accattivanti. Lo scopriamo leggendo le interviste di Paul Lewis realizzate per il The Guardian. Il bottone “Mi piace”, il cerchio rosso delle notifiche, l’aggiornamento dei contenuti con lo scrolling verticale, tutte peculiarità pensate per rendere più funzionali i social network ma anche, in qualche modo, trappole psicologiche che creano dipendenza. I loro ideatori credevano di far parte di una rivoluzione tecnologica, qualcosa di più grande che avrebbe migliorato le nostre vite. Sfortunatamente “la via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni” e i loro sogni sono presto divenuti incubi, il frutto del loro lavoro, costruito su dorati ideali, il catalizzatore di un’evoluzione della società che, forse, sarà difficile fermare. La speranza risiede nella comprensione dei meccanismi che ci stanno incatenando e in un approccio più consapevole alla tecnologia con cui, faticosamente, stiamo imparando a convivere.
La tecnologia può e deve avere obiettivi e utilizzi positivi. Un esempio è la ricerca descritta nella news “Una tecnologia per ‘leggere la mente’” che potrete leggere acquistando il numero di giugno di Sapere.