Pochissimi giorni fa l’account Twitter ufficiale del IUGS (International Union of Geological Sciences) ha condiviso la nuova Carta Internazionale Cronostratigrafica: è una rappresentazione grafica ufficiale della suddivisione temporale della lunga storia della Terra. La novità è nell’introduzione di una nuova ripartizione dell’Olocene. Secondo la nuova classificazione, in questo momento stiamo vivendo in un’età chiamata Meghalayano. Come si redigono questi documenti? Perché esistono tante discussioni riguardanti questo argomento? Schematizzare il passato, di un pianeta come dell’evoluzione delle civiltà, è sempre una questione molto complessa.
Pochissimi giorni fa l’account Twitter ufficiale del IUGS (International Union of Geological Sciences) ha condiviso la nuova Carta Internazionale Cronostratigrafica: è una rappresentazione grafica ufficiale della suddivisione temporale della lunga storia della Terra. La novità è nell’introduzione di una nuova ripartizione dell’Olocene. Secondo la nuova classificazione, in questo momento stiamo vivendo in un’età chiamata Meghalayano. Come si redigono questi documenti? Perché esistono tante discussioni riguardanti questo argomento? Schematizzare il passato, di un pianeta come dell’evoluzione delle civiltà, è sempre una questione molto complessa.
Come si suddividono i tempi geologici?
La comprensione della storia della Terra, proprio come per quella umana, richiede che in maniera convenzionale si possano individuare dei precisi intervalli di tempo, sezionare la linea del tempo in unità e sub-unità per realizzare una cronologia standard a cui tutti gli studiosi – ad esempio paleontologi, geologi ma anche archeologi – possano fare riferimento. È per questo che l’International Commission on Stratigraphy (Commissione Internazionale di Stratigrafia) si occupa, dal 1974, di definire le unità globali della Carta Internazionale Cronostratigrafica che, a loro volta, sono le basi per le unità della Scala dei Tempi Geologici Internazionale, di fatto stabilendo gli standard della scala utilizzata per spiegare la storia del nostro pianeta. Se le unità di tempo delle nostre vite sono gli anni, i mesi, le settimane, i giorni, le ore e così via, in geologia e in particolare nella Carta, troveremo (in ordine di ampiezza):
- Eoni;
- Ere;
- Periodi;
- Epoche;
- Età.
In questo momento noi ci troviamo nell’eone chiamato Fanerozoico, nell’era cenozoica, nel periodo Quaternario, nell’epoca olocenica e, secondo l’ultima versione della Carta Internazionale Cronostratigrafica, nell’età meghalayana.
Cosa determina il passaggio da una unità all’altra?
Cosa determina il passaggio da un’unità all’altra? Ogni suddivisione corrisponde a un evento significativo – ad esempio la separazione di masse continentali, cambiamenti climatici drammatici o estinzioni di massa – di cui esistano prove nei registri geologici ossia nelle successioni di rocce studiate in ambito cronostratografico. Un celebre esempio è il contenuto di iridio ritrovato nelle rocce risalenti a 66 milioni di anni fa, misura che si allinea alla scomparsa dei dinosauri. Questi sono stati fenomeni (e dati) tanto significativi da convincere gli stratigrafi a dare una termine al Cretaceo e passare a un nuovo periodo, il Paleogene.
Una nuova età
Il Meghalayano (Olocene superiore), l’età in cui stiamo vivendo, è iniziata quando le società agricole di tutto il mondo hanno subìto una improvvisa e particolarmente critica siccità, accompagnata da un raffreddamento, 4.200 anni fa: le civiltà, sviluppatesi in numerose regioni dopo la fine dell’ultima era glaciale, sarebbero andate incontro a 200 anni di eventi climatici che avrebbero portato al collasso e a migrazioni in Egitto, Grecia, Siria, Palestina, Mesopotamia, nella valle dell’Indo e nella valle del fiume Yangtze. Le prove di questo cambiamento climatico sono state trovare in tutti i continenti.
Inoltre, altre due nuove età sono state approvate: il Nordgrippiano (Northgrippian, Olocene medio) e il Groenlandiano (Greenlandian, Olocene inferiore), che hanno avuto inizio rispettivamente circa 8.300 e 11.700 anni fa, sempre a partire da modificazioni significative del clima.
Come accennavamo, le unità della scala dei tempi geologici si basano su strati di rocce accumulatesi nel tempo e che contengono tipologie dei sedimenti, fossili o isotopi che registrano il passaggio da una suddivisione all’altra, proprio come gli eventi biologici e fisici che li hanno prodotti. Le tre nuove età dell’epoca olocenica sono rappresentate da un gran numero di sedimenti formatisi in tutto il mondo sul fondo del mare o dei laghi, nel ghiaccio e sotto forma di strati di calcite nelle stalattiti e nelle stalagmiti. In questo caso i limiti inferiori del Groenlandiano e del Nordgrippiano sono definiti da specifici livelli nelle carote di ghiaccio della Groenlandia. Il limite inferiore del Meghalayano, invece, è definito da un livello specifico analizzato in una stalagmite della grotta di Mawmluh, in Meghalaya, India.
Che fine ha fatto l’Antropocene?
Negli ultimi anni si è tanto parlato del possibile riconoscimento di un’epoca geologica chiamata Antropocene (il termine fu divulgato dal premio Nobel per la chimica atmosferica Paul Crutzen), caratterizzata, quindi, dalla grandissima influenza, a scala locale e globale, dell’azione umana sul Pianeta. Questa epoca non è stata mai sottomessa alla Commissione Internazionale di Stratigrafia, né è stata tantomeno approvata: non vi sono una data e delle prove univoche per poter identificare l’inizio dell’Antropocene nonostante molte proposte – un esempio è la Rivoluzione industriale – si siano susseguite nel corso degli anni. Nonostante non vi siano punti fermi nel determinare l’intervallo di tempo e non esistano tracce biologiche, chimiche o fisiche inequivocabili, sembra che comunque – secondo le dichiarazioni rilasciate al Newsweek dal segretario generale della Commissione Internazionale di Stratigrafia, Philip Gibbard – nulla sia perduto e che l’introduzione del Meghalayano non precluda l’esistenza, e forse il futuro riconoscimento, dell’Antropocene.
Immagine di copertina: spirale dei tempi geologici, modificata. Credits: United States Geological Survey