Le forme del paesaggio sono le parole con cui la Natura scrive e tramanda la storia della Terra. Comprendere i processi che portano alla loro formazione è la strada giusta per conoscere l’evoluzione del nostro pianeta. I geomorfologi del California Institute of Technology hanno rivolto la propria attenzione verso i meccanismi che contribuiscono alla nascita delle cascate. I risultati, pubblicati su Nature, sono stati sorprendenti anche se costituiscono solo una prima ipotesi che andrà, in seguito, sostenuta da nuove prove.
Le forme del paesaggio sono le parole con cui la Natura scrive e tramanda la storia della Terra. Comprendere i processi che portano alla loro formazione è la strada giusta per conoscere l’evoluzione del nostro pianeta. I geomorfologi del California Institute of Technology hanno rivolto la propria attenzione verso i meccanismi che contribuiscono alla nascita delle cascate. I risultati, pubblicati su Nature, sono stati sorprendenti anche se costituiscono solo una prima ipotesi che andrà, in seguito, sostenuta da nuove prove.
Cos’è una cascata e come si forma?
Una cascata è un’area in cui un corso d’acqua, un fiume, si interrompe discendendo in maniera improvvisa e quasi verticale. Le cause della formazione delle cascate sono molteplici: nascono da dislivelli dovuti all’erosione di rocce, movimenti tettonici, cambiamenti del livello del mare o scioglimento di ghiacci che alterano l’apporto di acqua. Il nuovo studio afferma che non è necessaria una forza esterna (anche violenta, quali terremoti o eruzioni vulcaniche) per dare vita a una cascata.
Una nuova spiegazione
Come raccogliere dati sulla formazione di una cascata, considerando che stiamo parlando di processi che impiegano migliaia di anni per compiersi? Gli scienziati hanno pensato di costruire un modello in scala: nei laboratori del CalTech è stato assemblato un canale lungo 7,3 metri, largo 30,5 centimetri e profondo un metro. Per simulare il letto del fiume è stata impiegata una schiuma di poliuretano, simile a quella usata per le composizioni floreali, con un’inclinazione del 19,5%. Quindi si è lasciato che un flusso d’acqua ricco in sedimento lo attraversasse per esaminare, nelle tempistiche di un dottorato di ricerca, quello che succederebbe in millenni di erosione della roccia.
Fermando il sistema di tanto in tanto, per effettuare osservazioni e misurazioni, i ricercatori hanno rilevato inizialmente dei canali semicircolari che hanno cominciato a incidere la schiuma, in seguito la superficie è divenuta ondulata, si sono poi create discese e vasche ed ecco che le cascate hanno preso forma.
Per ora solo un’ipotesi
Cos’è accaduto? Seguendo l’analogia tra apparato sperimentale e ambiente naturale, il flusso turbolento di acqua e sedimenti ha scavato parti del letto del fiume in maniera irregolare, erodendo alcune tasche più velocemente di altre. Un processo che è stato amplificato man mano che il corso d’acqua ha continuato a scorrere velocemente. Senza mutamenti esterni del carico sedimentario, della velocità del flusso, della forma del canale sottostante o di altri fattori, l’erosione ha creato delle vasche profonde che hanno fatto sì che il fiume zampillasse fuori da un settore più alto per cadere giù più in là, a una certa distanza. Inoltre, seppur le cascate sono formazioni destinate a scomparire a causa dello loro stessa evoluzione, sembra che comunque abbiano una certa durata: la cascata riprodotta in laboratorio è rimasta per circa 20 minuti, corrispondenti a un periodo compreso tra 10 a 10.000 anni.
Questo studio, come accennavamo, potrebbe contribuire a una migliore comprensione della morfologia della Terra, delle genesi dei paesaggi che arricchiscono e modellano la sua superficie. Gli scienziati, attribuendo fino a ora la formazione di alcune cascate a forze esterne hanno colto indicazioni sbagliate riguardanti segnali tettonici o climatici. Alla luce di questi risultati, che comunque andranno confermati da ulteriori ricerche, potrebbe essere riscritta la storia geologica di alcuni territori, mostrandoci un quadro geomorfologico molto più complesso di quanto ci aspettassimo.
Se vi interessa ancora uno zampillo di geologia, acquistate e leggete l’articolo di Leonardo Seeber, “I megaterremoti: rari, misteriosi e pericolosi”, pubblicato nel numero di giugno 2018 di Sapere.
Credits immagine: foto di Simon Matzinger da Pixabay