La corsa contro il tempo per mettere al sicuro la memoria dei ghiacciai italiani alpini e appenninici, i ghiacci europei più minacciati dai cambiamenti climatici, è iniziata dal ghiacciaio del Grand Combin, al confine tra Svizzera e Italia. La missione di ricognizione, organizzata dai glaciologi dell’Università Ca’ Foscari Venezia e del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dirà in quale punto del ghiacciaio sarà possibile estrarre, in una prossima spedizione, la carota più profonda, capace quindi di raccontare secoli di storia del clima. Questa è solo una parte del progetto Ice Memory. Di cosa si tratta e perché è così importante preservare le informazioni conservate nei ghiacciai? Lo abbiamo chiesto a Fabrizio de Blasi, ricercatore dell’Istituto per la Dinamica dei Processi Ambientali del CNR (IDPA-CNR), coinvolto in questo studio.
La corsa contro il tempo per mettere al sicuro la memoria dei ghiacciai italiani alpini e appenninici, i ghiacci europei più minacciati dai cambiamenti climatici, è iniziata dal ghiacciaio del Grand Combin, al confine tra Svizzera e Italia. La missione di ricognizione, organizzata dai glaciologi dell’Università Ca’ Foscari Venezia e del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dirà in quale punto del ghiacciaio sarà possibile estrarre, in una prossima spedizione, la carota più profonda, capace quindi di raccontare secoli di storia del clima. Questa è solo una parte del progetto Ice Memory. Di cosa si tratta e perché è così importante preservare le informazioni conservate nei ghiacciai? Lo abbiamo chiesto a Fabrizio de Blasi, ricercatore dell’Istituto per la Dinamica dei Processi Ambientali del CNR (IDPA-CNR), coinvolto in questo studio.
I ghiacciai, archivi della storia della Terra
Non tutti sanno che i ghiacciai sono un vero e proprio archivio della storia della Terra. Fabrizio de Blasi ha spiegato il perché e quali tipi di informazioni vi sono conservate: “La formazione, l’evoluzione e la scomparsa di un ghiacciaio sono legate a doppio filo alle oscillazioni del clima della Terra. Ogni singolo strato di neve che alimenta un ghiacciaio è una fotografia che fissa le caratteristiche climatiche di quel preciso momento temporale in cui si verifica. Ecco quindi che nevicata su nevicata, strato su strato, le informazioni sul clima si accumulano e si fissano nella stratigrafia glaciale. I ghiacciai di tutto il mondo, da quelli polari a quelli montani, rappresentano uno straordinario archivio del clima, un enorme biblioteca che, letta con le conoscenze e le tecniche adeguate, può darci informazioni preziosissime sull’evoluzione del clima e dell’ambiente del passato. Basti pensare che solo nei ghiacciai alpini, ad esempio il ghiacciaio Ortles in provincia di Bolzano (3900 metri), a una profondità di 75 metri, sono stoccate le informazioni di circa 7000 anni fa. In Antartide, dove le precipitazioni annue sono molto scarse, a 100 metri di profondità sono registrate le caratteristiche della Terra di 2000 anni fa. Ecco quindi che per recuperare queste informazioni gli scienziati prelevano campioni di ghiaccio (carote) a diverse profondità e in diversi ghiacciai nel mondo, per analizzare gli strati di neve trasformata, nel tempo, in ghiaccio. Costituiti quasi interamente da molecole d’acqua, questi strati contengono anche impurità. Le impurità possono essere solide, come la polvere rilasciata dal suolo o da attività umane (ad esempio particelle di metalli pesanti come piombo, zinco, rame, platino, rodio, palladio), oppure liquide. Il termine ‘aerosol’ è usato per indicare minuscole goccioline comprendenti, ad esempio, acidi: acido solforico da combustione del carbone, emissioni di acido nitrico da suoli agricoli, acido fluoridrico emesso da attività industriali e acidi organici derivanti dalle emissioni naturali di composti organici, dalla combustione delle piante o dalla combustione di combustibili fossili, ecc. Tuttavia, i dati più importanti sulla storia del clima derivano dalle molecole d’acqua e dalle frazioni gassose presenti nel ghiacciaio. L’ossigeno e l’idrogeno dell’acqua si presentano in forme diverse, note come ‘isotopi’, caratterizzate da pesi differenti. La misurazione accurata delle proporzioni degli isotopi pesanti e leggeri offre una fotografia delle condizioni di temperatura o sulla quantità di precipitazioni nel momento in cui la neve è stata depositata. Ancora, dalla frazione gassosa negli strati glaciali è possibile misurare la concentrazione dei gas atmosferici, nello specifico i gas serra quali anidride carbonica, metano, protossido di azoto, cloroflurocarburi ecc.”.
La minaccia dei cambiamenti climatici
Come abbiamo già accennato, i ghiacciai sono attualmente minacciati dal riscaldamento globale e ciò potrebbe danneggiare irrimediabilmente questi preziosi archivi e la ricerca a essi legata. “La criosfera mondiale è molto sensibile alle variazioni climatiche, tanto che i ghiacciai sono chiamati le sentinelle dei cambiamenti climatici“, ha confermato de Blasi, “Al contrario di quanto comunemente si creda, la risposta dei ghiacciai alle fluttuazioni climatiche è molto poco inerziale tanto da considerare i ghiacciai come un “termometro” per misurare lo stato del clima. Il riscaldamento climatico in atto sta avendo un effetto diretto e devastante sullo stato di salute dei ghiacci. Interi sistemi glaciali si stanno riducendo, disaggregando e alcuni, oramai, scomparendo. Con le attuali condizioni climatiche, ad esempio gli scienziati stimano che la gran parte dei ghiacciai delle Alpi al di sotto dei 3600 metri di altitudine sparirà entro il 2100. Questa scomparsa rappresenta un danno enorme, oltre alle note conseguenze ambientali, alla risorsa acqua, anche per la storia del nostro pianeta. A causa della fusione dei ghiacciai, tutte le informazioni stoccate nei loro strati vengo letteralmente dilavate e perse come l’inchiostro di una splendida poesia che si scioglie sotto un bicchiere d’acqua. Dalla necessità di non perdere queste preziose informazioni nasce Ice Memory“.
Una delle fasi della ricognizione dei ricercatori sulla vedretta alta del ghiacciaio del Grand Combin. Credits: CNR
Ice Memory, un progetto per salvare le informazioni conservate nei ghiacciai
Ice Memory è un progetto di ricerca internazionale riconosciuto dall’UNESCO con un duplice obiettivo: raccogliere e conservare campioni di ghiaccio prelevati dai ghiacciai di tutto il mondo che potrebbero scomparire o ridursi moltissimo a causa del riscaldamento globale. L’Italia è tra i capifila del progetto, sotto la guida del Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’Università Cà Foscari di Venezia, assieme alla Université Grenoble Alpes. il progetto riunisce: Centre national de la recherche scientifique (CNRS), French National Research Institute for Sustainable Development (IRD-France), Université Grenoble Alpes, Istituto Polare Francese (IPEV) e il Programma nazionale per le ricerche in Antartide (PNRA) per quanto riguarda l’attività alla stazione Concordia, in Antartide. “L’idea è quella di costruire un archivio climatico mondiale“, ha proseguito il ricercatore dell’Istituto per la Dinamica dei Processi Ambientali, “una grande banca dati del ghiaccio che rappresenti un registro della storia del nostro clima e dell’ambiente. Mantenere i dati disponibili, e in un unico archivio, è fondamentale per le future generazioni di scienziati. La conservazione delle attuali carote permetterà agli scienziati futuri di avere accesso a informazioni altrimenti non più disponibili e analizzarle con tecnologie più avanzate. Attualmente diverse nazioni stanno selezionando specifici ghiacciai nel loro territorio per prelevare dei campioni di ghiaccio rappresentativi del clima regionale. Le carote estratte verranno poi trasferite tutte in Antartide, che si può considerare come un grande freezer naturale, e andranno a formare quell’archivio del clima tanto prezioso a noi e, soprattutto, alle future generazioni. Il gruppo italiano sta organizzando spedizioni su ghiacciai destinati a scomparire nei prossimi decenni. Nella lista ci sono il Grand Combin, Colle Gnifetti (Monte Rosa), l’ultimo ghiacciaio importante delle Dolomiti (Marmolada), il ghiacciaio più a bassa quota delle Alpi (Montasio, in Friuli, circa 1900 metri di quota) e il ghiacciaio più a sud d’Europa (Calderone, in Abruzzo). L’ottobre scorso IDPA-CNR e l’Università Cà Foscari di Venezia hanno organizzato una missione di ricognizione sulla vedretta alta del ghiacciaio del Grand Combin (4200 m) per stabilire in quale punto del ghiacciaio sarà possibile estrarre, in una prossima spedizione, la carota di ghiaccio più profonda, capace quindi di raccontare secoli di storia del clima. Entro il 2019 gli scienziati di IDPA-CNR e l’Università Cà Foscari di Venezia parteciperanno al prelievo della carota di ghiacciaio sulla parte alta di quel che ancora rimane del ghiacciaio del Kilimangiaro, in Africa, e organizzeranno le missioni di ricognizione sui ghiacciai del Montasio e del Calderone”.
Potete continuare ad approfondire questo argomento acquistando e leggendo l’articolo di Alina Polonia e Fabiano Ventura, “Sulle tracce dei ghiacciai”, pubblicato nel numero di aprile 2017 di Sapere.
Immagine di copertina: ricercatori dell’IDPA-CNR e dell’Università Cà Foscari di Venezia in missione di ricognizione sulla vedretta alta del ghiacciaio del Grand Combin. Credits: CNR