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30 Apr 2014

Il riscaldamento globale non va ‘in pausa’

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I dati sulle temperature superficiali mondiali di cui dispongono gli scienziati li hanno portati a sottostimare il recente riscaldamento globale e il tanto pubblicizzato ‘rallentamento’ di questo fenomeno in realtà non è così lento come sembra. A sostenerlo, uno studio di Kevin Cowtan, cristallografo delle proteine della University of York (Regno Unito). 

I dati sulle temperature superficiali mondiali di cui dispongono gli scienziati li hanno portati a sottostimare il recente riscaldamento globale e il tanto pubblicizzato ‘rallentamento’ di questo fenomeno in realtà non è così lento come sembra. A sostenerlo, uno studio di Kevin Cowtan, cristallografo delle proteine della University of York (Regno Unito). Cowtan e uno studente hanno ri-analizzato i dati che sostengono l’insieme delle cifre disponibili sulle temperature globali. Tra le scoperte: i due principali set di dati hanno sottostimato il passo del global warming tra il 1997 e il 2012 del 158 e del 49 per cento, rispettivamente.

 

Gli scienziati stanno cercando da anni di capire perché gli insiemi di dati relativi alle temperature globali fanno pervenire a diversi tassi di riscaldamento globale, che sono inferiori rispetto alle previsioni di molti modelli climatici. Per esempio, i data sets della collaborazione britannica HadCRUT o quelli della Nasa. Si tratta di dati provenienti da migliaia di stazioni meteorologiche nel mondo e sono affiancati da misure satellitari delle temperature oceaniche.

Esistono però ancora dei gap sulle stazioni dell’Antartide, dell’Africa e, soprattutto, dell’Artide, la regione che si sta riscaldando più rapidamente. I vari data sets si confrontano con questa mancanza di valori in diversi modi: HadCRUT omette le regioni mancanti dai calcoli sui trend di temperatura del global warming; la Nasa estrapola le temperature da queste aree usando dati provenienti da regioni limitrofe. Entrambi i gruppi di scienziati avevano comunque già avvisato che esisteva il rischio di una sottostima del global warming.

 

Cowtan e Robert Way della University of Ottawa hanno tentato di sopperire alla mancanza di dati relativi ai mari artici ghiacciati combinando i dati satellitari con il metodo del ‘kriging‘, una tecnica di interpolazione geostatistica che integra i dati mancanti in un’area mediante letture di temperatura da stazioni che si trovano nelle immediate vicinanze. I risultati hanno mostrato che il rallentamento nel riscaldamento globale è circa la metà di quello che si pensava. ”Le temperature negli anni recenti sono maggiori e quelle intorno al 1998 sono inferiori” ha spiegato Cowtan. Il pianeta è più caldo, continua, soprattuto dove gli scienziati hanno meno dati.

 

Secondo Stefan Rahmstorf, climatologo del Postsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) non ci sarebbe tuttavia una grande differenza nei valori in termini assoluti della salita delle temperature, anche se la ‘pausa’ del riscaldamento globale è effettivamente meno pronunciata rispetto a quanto si credeva. I valori ricavati da Way sono però maggiormente in linea con le previsioni della maggior parte dei modelli climatici, come si può vedere nella tabella sotto:

Cowtan ha inoltre mostrato, durante un seminario al PIK, che alcuni dati (non pubblicati) suggeriscono che un opportuno algoritmo di ‘aggiustamento’ potrebbe rendere più precise le stime basate sulle misure delle temperature provenienti dalle stazioni climatiche dell’Artico del NOAA (di cui fa uso la Nasa).

Cowtan e Way hanno presentato per la prima volta il loro metodo, confrontandosi con le tecniche di HadCRUT, pubblicando il loro lavoro sulla rivista Quarterly Journal of the Royal Meteorological Society.

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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