Ancora una volta la comunità scientifica conferma che le attività umane stanno accelerando la rottura degli equilibri naturali: stiamo trasformando così velocemente e profondamente l’ambiente che fino a un milione di specie vegetali e animali sono in questo momento a rischio di estinzione. La perdita di biodiversità è una grave minaccia per gli ecosistemi da cui noi stessi dipendiamo. Queste conclusioni sono contenute in una lunga relazione (1500 pagine di cui ora è pubblicata una sintesi) compilata da un team internazionale di esperti e che si basa su centinaia di studi e rilasciata dalle Nazioni Unite, dopo l’approvazione dei rappresentanti provenienti dagli Stati Uniti e da altri 131 paesi.
Ancora una volta la comunità scientifica conferma che le attività umane stanno accelerando la rottura degli equilibri naturali: stiamo trasformando così velocemente e profondamente l’ambiente che fino a un milione di specie vegetali e animali sono in questo momento a rischio di estinzione. La perdita di biodiversità è una grave minaccia per gli ecosistemi da cui noi stessi dipendiamo. Queste conclusioni sono contenute in una lunga relazione (1500 pagine di cui ora è pubblicata una sintesi) compilata da un team internazionale di esperti e che si basa su centinaia di studi e rilasciata dalle Nazioni Unite, dopo l’approvazione dei rappresentanti provenienti dagli Stati Uniti e da altri 131 paesi.
Cos’è l’IPBES?
Il rapporto è stato redatto dall’IPBES – Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (Piattaforma Intergovernativa di Scienza-Politica sulla Biodiversità e i Servizi Ecosistemici). L’IPBES è un corpo intergovernativo indipendente, istituito dagli Stati membri delle Nazioni Unite nel 2012, e il suo scopo è il rafforzamento del dialogo tra scienza e politica riguardo la biodiversità e i servizi ecosistemici: i suoi fini sono la conservazione, l’uso sostenibile della stessa biodiversità, la salute umana a lungo termine e lo sviluppo sostenibile. Cosa sono i servizi ecosistemici? Gli ecosistemi forniscono all’uomo un insieme di beni e servizi fondamentali che ne garantiscono il benessere mediante processi e funzioni ecologiche. Sono beni e servizi così complessi e dalle scale temporali così differenti da non essere sostituibili con nessuna tecnologia a nostra disposizione. Esempi sono la produzione di ossigeno, il rifornimento di grandi quantità di beni di consumo come cibo e materie prime, la fornitura di acqua e terreno fertile ma anche beni immateriali che contribuiscono alla nostra ricchezza spirituale e alla nostra conoscenza. Tutto questo sta scivolando rapidamente via dalle nostre mani.
Una situazione drammatica
La relazione IPBES ha valutato i cambiamenti avvenuti negli ultimi 50 anni, fornendo un quadro completo delle relazioni che intercorrono tra le vie seguite dallo sviluppo economico e il loro impatto sulla natura e offrendo una serie di possibile scenari per i futuri decenni. Il lavoro, realizzato negli ultimi 3 anni da 145 esperti di 50 paesi, è basato sulla revisione sistematica di circa 15.000 fonti scientifiche e governative. Il ritratto della situazione attuale del nostro pianeta è drammatico: circa un milione di specie animali e vegetali sono minacciate dall’estinzione, molte in un intervallo di tempo di decenni, il periodo più breve registrato nella storia dell’uomo. In particolare l’abbondanza relativa di specie autoctone nella maggior parte di habitat terrestri è diminuito del 20% a partire dal 1900. Sono minacciati più del 40% degli anfibi, circa il 33% dei coralli di barriera e più di un terzo di tutti i mammiferi marini. Per gli insetti l’interpretazione dei dati sembra meno chiara ma è stimato che circa il 10% delle specie sia in pericolo. Dal XVI secolo almeno 680 specie di vertebrati sono stati portati all’estinzione e più del 9% di tutte le razze di mammiferi addomesticate e usate come cibo o in agricoltura si sono estinte nel 2016, con ancora 1000 in pericolo.
Come già accennavamo, la velocità dei cambiamenti globali in natura negli ultimi 50 anni è senza precedenti e le cause dirette con il maggiore impatto, in ordine di importanza, sono state le modificazioni nell’uso di terreno e mare, lo sfruttamento diretto di organismi, il riscaldamento globale, l’inquinamento e l’invasione di specie aliene. Queste sono il risultato, a loro volta, di cause indirette sostenute da comportamenti e valori della nostra società: schemi di produzione e consumo, dinamiche e tendenze della popolazione umana, commerci, innovazioni tecnologiche e governance locali e globali.
C’è ancora speranza: i cambiamenti trasformativi
Il rapporto riporta anche che, nonostante i nostri sforzi per la salvaguardia dell’ambiente e le politiche migliorate negli ultimi anni, gli obiettivi globali di conservazione e sostenibilità non possono essere raggiunti con l’attuale pianificazione e che i target previsti per il 2030 e oltre potranno essere rispettati solo attraverso cambiamenti trasformativi. Si tratta di cambiamenti nella produzione e consumo di energia, cibo, mangimi, fibre e acqua, uso sostenibile, condivisione equa di benefici, mitigazione e adattamento al clima in accordo con l’equilibrio naturale. Questi provvedimenti, insieme a una crescita della popolazione mondiale da bassa a moderata, potranno frenare gli effetti dello sfruttamento incontrollato a cui fino a ora ci siamo dedicati senza riflettere sulle conseguenze.
Se desiderate approfondire una delle cause dirette dell’accelerazione dell’estinzione e delle modificazioni degli ecosistemi, acquistate e leggete l’articolo di Michela Pacifici, “Influenza dei cambiamenti climatici sul rischio estinzione”, pubblicato nel numero di ottobre 2016 di Sapere.
Credits immagine: foto di O12 da Pixabay