Per limitare il riscaldamento globale a un aumento di 1,5°C, saranno necessari grandi e complessi cambiamenti che investiranno ogni aspetto della società. Questo è riportato nella nuova valutazione dell’IPCC. Cos’è l’IPCC e quali sono le informazioni del documento da poco pubblicato da questa organizzazione? Scopriamolo insieme.
Per limitare il riscaldamento globale a un aumento di 1,5°C, saranno necessari grandi e complessi cambiamenti che investiranno ogni aspetto della società. Questo è riportato nella nuova valutazione dell’IPCC. Cos’è l’IPCC e quali sono le informazioni del documento da poco pubblicato da questa organizzazione? Scopriamolo insieme.
Cos’è l’IPCC?
L’IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change, è l’organo delle Nazioni Unite che si occupa della valutazione dei dati scientifici legati ai cambiamenti climatici. È stato costituito dal United Nations Environment Programme e dal World Meteorological Organization, nel 1988, per fornire ai decisori politici delle regolari stime scientifiche riguardanti i cambiamenti climatici, le loro implicazioni e i potenziali rischi futuri ad essi legati. L’IPCC propone anche strategie di adattamento e mitigazione dei danni ed è composto da 195 stati membri.
All’inizio della scorsa settimana, 8 ottobre 2018, il Panel ha pubblicato lo “Special Report on Global Warming of 1.5°C”, un documento redatto sotto la guida dei tre gruppi di lavoro dell’IPCC: il Working Group I, che studia le scienze fisiche alla base dei cambiamenti climatici; il Working Group II, indirizzato verso la comprensione degli impatti, dell’adattamento e della vulnerabilità; il Working Group III, che tratta la mitigazione del fenomeno.
L’Accordo di Parigi del 2015, adottato da 195 nazioni, aveva previsto l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C e di continuare a impegnarsi affinché la temperatura media globale non arrivasse a 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali. Inoltre, l’IPCC avrebbe dovuto produrre, nel 2018, un report speciale sul riscaldamento globale di 1,5°C sopra i livelli preindustriali e i relativi percorsi di emissione di gas serra a livello mondiale.
Lo Special Report dell’IPCC
Lo “Special Report on Global Warming of 1.5°C” è stato approvato dall’Intergovernmental Panel on Climate Change sabato 6 ottobre 2018 a Icheon, in Corea del Sud, e sarà un input scientifico chiave per la Katowice Climate Change Conference, che avrà luogo in Polonia, a dicembre, in cui i governi rivedranno l’Accordo di Parigi per contrastare i cambiamenti climatici. Il nome completo del report è “Global Warming of 1.5°C, an IPCC special report on the impacts of global warming of 1.5°C above pre-industrial levels and related global greenhouse gas emission pathways, in the context of strengthening the global response to the threat of climate change, sustainable development, and efforts to eradicate poverty” ed è stato preparato da 91 tra autori ed editor, provenienti da 40 nazioni.
Qual è il messaggio di questo lavoro così ampio e complesso? “Uno dei messaggi chiave che emerge in maniera preponderante da questo report è che stiamo già osservando le conseguenze del riscaldamento globale di 1°C attraverso fenomeni meteorologici estremi, livelli del mare aumentati e la diminuzione del ghiaccio artico, tra gli altri cambiamenti”, ha commentato Panmao Zhai, Co-Chair del Working Group I.
Il lavoro indica un certo numero di fenomeni legati ai cambiamenti climatici che possono essere evitati limitando il riscaldamento a 1,5°C rispetto a 2°C o più. Ad esempio, con un riscaldamento di 1,5°C l’innalzamento del livello del mare globale, entro il 2100, dovrebbe essere di 10 centimetri minore rispetto a quello che ci sarebbe con 2°C in più. O ancora, la probabilità che il Mar Glaciale Artico sia libero da ghiacci in estate sarebbe di una volta in un secolo con un riscaldamento di 1,5°C e di una volta ogni dieci anni con 2°C. Allo stesso modo il 70-90% delle barriere coralline potrebbe scomparire nel primo caso mentre, nel secondo, più del 99% andrebbe perduto. “Ogni piccolo aumento di temperatura è importante, soprattutto perché un incremento di 1,5°C o più accresce il rischio associato con cambiamenti persistenti o irreversibili, quali la perdita di alcuni ecosistemi” ha confermato Hans-Otto Pörtner, Co-Chair del Working Group II.
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Gli obiettivi per i prossimi anni
I dati analizzati nel report mostrano come, per limitare l’innalzamento delle temperature globali di 1,5°C, saranno necessari cambiamenti “rapidi e drastici” in ambiti quali il paesaggio, l’energia, l’industria, il trasporto e le città. Le emissioni globali nette di anidride carbonica causate dalle attività umane dovranno diminuire del 45% rispetto ai livelli del 2010 entro il 2030, raggiungendo lo “zero netto” intorno al 2050. Questo significa che avremo bisogno di rimuovere CO2 dall’atmosfera: esistono alcune tecniche per far questo ma la loro efficacia non è provata su larga scala e alcune potrebbero portare a rischi significativi in termini di sviluppo sostenibile. “Limitare il riscaldamento globale a 1,5°C in confronto a 2°C dovrebbe ridurre impatti gravosi sugli ecosistemi, sulla salute umana e sul benessere, rendendo più semplice raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Questo report dà ai politici e ai professionisti le informazioni di cui necessitano per prendere decisioni al fine di fermare i cambiamenti climatici, considerando il contesto locale e i bisogni dei cittadini. I prossimi anni saranno, probabilmente, i più importanti della nostra storia” ha affermato Priyardarshi Shukla, Co-Chair del Working Group III dell’IPCC.
Poco tempo per agire
Altre soluzioni per ridurre l’emissione di anidride carbonica sono legate al nostro stile di vita: mangiare meno carne, usare la bicicletta per spostarsi in città e volare meno. Il report interviene anche su questioni etiche poiché temi quali i cambiamenti climatici e lo sviluppo sostenibile sono intrinsecamente connessi anche a situazioni di povertà e inuguaglianza. Inoltre, come sottolinea Stephen Leahy nelle pagine di National Geographic, un ruolo decisivo è quello delle foreste. Il giornalista ha intervistato Deborah Lawrence, esperta forestale della University of Virginia, la quale ha confermato quanto le foreste forniscano un servizio estremamente importante all’umanità, rimuovendo, oggi, circa il 25% dell’anidride carbonica. La riforestazione e una gestione forestale adeguata potrebbero portare la rimozione della CO2 dall’atmosfera fino al 18% delle riduzioni che dovremmo raggiungere entro il 2030.
C’è una buona notizia che, però, non diminuisce l’urgenza delle misure da mettere in atto per combattere il riscaldamento globale: recenti ricerche suggeriscono che la quantità di anidride carbonica che l’umanità può emettere limitando il riscaldamento a 1,5°C potrebbe essere maggiore di ciò che si era precedentemente calcolato. La valutazione IPCC rilasciata nel 2014 aveva stimato che avremmo raggiunto la soglia di +1,5°C nel 2020 all’attuale tasso di emissioni ma la presente documentazione ha esteso l’intervallo di tempo al 2030-2040. Thomas Stocker, scienziato del clima dell’Università di Berna, in Svizzera, ha spiegato che gli scienziati hanno un livello di sicurezza medio sui dati rivisti riguardanti il budget di carbonio a nostra disposizione e che i ricercatori forniranno uno sguardo più approfondito ai numeri nella valutazione completa del clima, la cui pubblicazione è prevista per il 2021.
Per approfondire questo tema potete acquistare e leggere l’articolo “Il ponte del consenso e le cause del riscaldamento globale” di Maria Cristina Facchini e Sandro Fuzzi, pubblicato nel numero di giugno 2014 di Sapere.