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03 Dic 2021

Le leggi del moto browniano e la congettura di Riemann generalizzata

Giuseppe Mussardo
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Cosa hanno a che fare le leggi probabilistiche che regolano il moto disordinato degli atomi con una delle più famose congetture della matematica? La possibilità di poter spiegare in maniera semplice ed elegante perché infinite funzioni di variabile complessa (le funzioni L di Dirichlet, di cui la funzione zeta di Riemann è solo un esempio particolarissimo) hanno tutti i loro zeri sempre allineati lungo una retta nel piano complesso di ascissa 1/2. È questa la congettura di Riemann generalizzata.

Spiegare ovviamente è diverso da provare, ma identificare in maniera semplice la ragione di un fenomeno costituisce spesso un enorme valore conoscitivo: Copernico, per esempio, ha spiegato il moto errabondo dei pianeti sulla volta celeste sulla base della sua ipotesi eliocentrica, non ha certo provato questa sua affermazione!
Queste considerazioni preliminari sono molto importanti per chiarire la portata del mio recente lavoro con André Leclair, fisico teorico della Cornell University, Randomness of Möbius coefficients, growth of Mertens function and the Riemann hypothesis, pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Statistical Mechanics and Applications (JSTAT).
Il nostro studio ha avuto grande eco sui media. Le semplici osservazioni qui di seguito possono aiutare i lettori a capire meglio la congettura di Riemann e il progresso fatto su questo problema con il nostro lavoro, rimandando ovviamente alla lettura dell’articolo originale per tutti i dettagli prettamente tecnici.

 

Innanzitutto, cosa è la congettura di Riemann? Essa afferma che tutti gli zeri nel piano complesso della funzione zeta di Riemann sono magicamente allineati lungo l’asse 1/2.
 

Che debba esistere una spiegazione semplice di questo comportamento è fortemente suggerito dal fatto che esistono infinite altre funzioni, “cugine” della funzione zeta di Riemann, diversissime una dall’altra ma che godono tutte della stessa identica proprietà: quella di avere i loro zeri sempre allineati sull’asse 1/2! Incredibile, vero? Come vedremo qui di seguito, l’importanza dell’articolo con Leclair consiste nel fornire una chiave di lettura semplice, naturale ed elegante di questo fatto apparentemente incomprensibile.

 

Volendo spiegare la congettura di Riemann con un’analogia, è come se uno avesse scoperto inizialmente che la somma degli angoli interni di un particolarissimo triangolo, alias un triangolo rettangolo isoscele (l’equivalente della funzione zeta di Riemann), è 180° e che poi fosse rimasto a bocca aperto nello scoprire che, indipendentemente dalla lunghezza dei loro lati, per TUTTI i triangoli (l’equivalente di tutte le funzioni di Dirichlet), la somma dei loro angoli interni è sempre inevitabilmente 180°! È chiaro che, in questo caso, la vera domanda per una persona curiosa che vuole capire è: perché questo accade per tutti i triangoli? C’è una spiegazione semplice di questo fatto?

 

Ora occorre entrare un po’ nel tecnico. È ben noto che esistono molti modi equivalenti di dimostrare la validità o meno della congettura di Riemann (si consulti il bel libro P. Borwein et al., The Riemann Hypothesis. A resource for the Afficionado and Virtuoso Alike). Quello adottato nel nostro lavoro si è focalizzato nel mostrare che la somma dei coefficienti di Möbius della funzione di Mertens, associata alla funzione inversa della Riemann, si comporta come un moto aleatorio ben familiare in fisica statistica, quello dei moti browniani, studiati da Einstein nel 1905 per evidenziare l’esistenza degli atomi.
I moti browniani sono i moti disordinati a cui sono soggetti gli atomi a causa dei loro urti reciproci. Metaforicamente parlando, sono i moti che fa un ubriaco, muovendosi a caso una volta a destra e una a sinistra. È matematicamente ben noto che, se dopo N passi l’ubriaco ripartisse nuovamente dall’origine, il suo cammino sarebbe diverso da quello di prima ma, per N molto grande, statisticamente la sua distanza dall’origine è PER TUTTI I MOTI sempre uguale a

N1/2 (2 log[log N])1/2

 

Notare la presenza di 1/2 nell’esponente di questa espressione! È quello che potrebbe spiegare in maniera semplice, elegante, universale e in un colpo solo perché TUTTE le funzioni di Dirichlet hanno i loro zeri TUTTI sull’asse 1/2. Infatti, la proprietà nascosta che tutte queste funzioni condividono è effettivamente quella di generare moti browniani diversi uno dall’altro ma che si allargano universalmente allo stesso modo, tutti con esponente 1/2. Collegare il moto browniano alle funzioni di Dirichlet richiede semplicemente una trasformazione integrale ben nota in matematica, la trasformata di Mellin, come in effetti abbiamo fatto nel nostro articolo.   

 

Nell’analogia dei triangoli fatta prima, quello che svela in maniera semplice ed elegante perché la somma degli angoli interna di TUTTI i triangoli è sempre 180o è la natura piatta dello spazio in cui essi sono disegnati: in uno spazio curvo infatti questo non sarebbe vero! Detto in altri termini: la sola ipotesi di uno spazio piatto (o euclideo) è sufficiente per capire in un colpo solo perché per infiniti triangoli la somma dei loro angoli interni fa sempre 180°.

 

È possibile mostrare la veridicità della nostra ipotesi circa l’andamento N1/2 (2 log[log N])1/2 per la funzione di Mertens? La risposta è affermativa se si usano però metodi probabilistici.  

 

È bene evidenziare che la teoria della probabilità in teoria dei numeri è una delle branche più nobili della matematica, associata a grandissimi personaggi del calibro di Carl Gauss, Mark Kac, Paul Erdős, Terence Tao e così via. Usando i metodi di questa disciplina, nel nostro articolo abbiamo in effetti mostrato che la funzione di Mertens, trattata in maniera probabilistica, si comporta effettivamente come un moto browniano!
La nostra è una “prova rigorosa”? Assolutamente no, come è scritto a chiari lettere nel nostro articolo: primo, perché è un risultato di natura probabilistica e, secondo, perché il modo in cui un fisico teorico arriva a un risultato è diverso da come ci arriva un matematico. Vi sono infiniti esempi di questa “tensione intellettuale” tra “esattezza” e “rigore”, senza però che questa tensione infici l’esattezza del risultato!
Al fisico teorico interessa che il risultato sia “esatto”, al matematico che sia rigorosamente “provato”. Va benissimo, ovviamente, che sia così, ognuno fa il suo mestiere. Il fisico teorico (ce lo ha insegnato Galileo!) ha però un modo diretto di controllare se un risultato è esatto: fare semplicemente degli “esperimenti”!

 

Come ci insegna Popper, si può solo falsificare una teoria e non, invece, confermarla. Quindi, per cercare di falsificare la nostra ipotesi di un andamento universale N1/2 (2 log[log N])1/2 di tutte le funzioni di Dirichlet, abbiamo condotto in maniera quasi ossessiva un’analisi statistica rigorosa su un numero spaventoso di dati. A tale proposito, esistono dei criteri statistici sofisticatissimi per capire se una sequenza è veramente random o no, criteri che sono sviluppati da grandi padri della computer science (uno su tutti, Donald Knuth) e dalla massima agenzia governativa degli Stati Uniti nella gestione dati (la National Institute of Standards and Technology, NIST), il cui manuale è scaricabile qui.

 

Il bello della scienza è che chiunque può verificare la veridicità dei suoi risultati. Nel caso del nostro lavoro la cosa è veramente semplice (richiede solo tempo), perché su un qualsiasi computer si può calcolare facilmente il coefficiente di Möbius µ(n) di un numero naturale n (coefficiente che prende solo valori +/–1 e 0) e, variando n, procedere ad analizzare tutti questi coefficienti usando i metodi statistici del NIST.  
Chiunque ripeterà la nostra stessa analisi, arriverà inevitabilmente alla nostra stessa identica conclusione, riportata nel nostro articolo, ovvero che la sequenza dei coefficienti di Möbius si comporta effettivamente come un moto aleatorio e riuscirà anche a stimare che è estremamente improbabile che la congettura di Riemann sia falsa, come affermiamo a chiare lettere nell’abstract e in più punti dell’articolo.

 

Infatti, per quanto abbiamo cercato di “falsificare” l’ipotesi della natura random della funzione di Mertens, TUTTI i test statistici da noi condotti hanno dato luogo invece a una conferma di questa ipotesi con una confidenza probabilistica finale del 99,99%. È questa una prova della congettura di Riemann? No, ma vale la pena riflettere sul ruolo che svolge la probabilità nella nostra conoscenza del mondo.

 

L’esistenza del bosone di Higgs, per esempio, festeggiato nel 2012 al CERN, in realtà si deve solo al soddisfacimento di alcuni requisiti PROBABILISTICI delle misure fatte a LHC: se queste ultime non avessero soddisfatto le standard deviations richieste per dichiarare una “scoperta”, oggi non staremmo a parlare certo dell’Higgs. E che dire degli algoritmi di machine learning, tutti basati su concetti probabilistici, a cui ci affidiamo con grande confidenza per analisi dei mercati finanziari, diagnosi mediche, ecc.? Alcuni grandi filosofi e scienziati arrivano a sostenere che il nostro modo di acquisire conoscenza del mondo è basato intrinsecamente su leggi di probabilità, un punto di vista estremamente interessante su cui riflettere…

 

Per me, come fisico, sapere che un risultato teorico previsto ha un’attendibilità “sperimentale” del 99,99% dà sicuramente un livello di confidenza molto alto circa l’esattezza dell’idea iniziale. Una “prova rigorosa” ovviamente porterebbe alla certezza del 100% e, nel caso della congettura di Riemann generalizzata, è auspicabile che tale prova si trovi, come d’altra parte scriviamo nel nostro articolo.  

 

Detto questo, è corretto dire che il mio articolo con Leclair ha gettato un ponte tra la fisica e la matematica su uno dei problemi più importanti di quest’ultima, ha aperto nuove prospettive sul tema, ha fornito una chiave di lettura semplice per l’allineamento degli zeri di tutte le infinite Dirichlet functions lungo l’asse 1/2, e ha dato delle informazioni molto stringenti su una possibile violazione di questa proprietà: informazioni che ci auguriamo possano essere utili per arrivare in futuro finalmente alla prova rigorosa della famosa congettura di Riemann generalizzata.

Giuseppe Mussardo
Giuseppe Mussardo è professore ordinario di Fisica Teorica alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. Ha scritto numerosi articoli scientifici e libri, è stato direttore del Laboratorio Interdisciplinare della SISSA e autore di documentari. Ha ricevuto nel 2013 il Premio per l’Outreach della Società Italiana di Fisica.
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