L’esposizione fotografica ruota attorno a due soli parametri:
- tempo di esposizione;
- apertura del diaframma.
Questi due parametri sono strettamente legati a quanto è “luminosa” la scena da fotografare e quanto è sensibile la pellicola (o al valore ISO impostato se la fotocamera è digitale).
Quando dobbiamo riprodurre una scena in una fotografia, a parte che dovremo occuparci della messa a fuoco, bisogna regolare l’esposizione in modo che la foto non venga scura (sottoesposta) e nemmeno troppo chiara (sovraesposta).
La luminanza della scena
Il punto di partenza è la luminanza della scena che si misura in candele al metro quadrato (cd/m2) e rappresenta la luce che ogni singolo punto della scena riflette verso la fotocamera.
La luminanza varia da punto a punto, ci sono zone più chiare e zone più scure, quindi, si considera la luminanza media dell’area della scena che ci interessa.
Se dobbiamo eseguire un ritratto, è molto probabile che lo sfondo non abbia la stessa luminosità del viso. In questo caso, non è opportuno considerare la luminanza media di tutta la scena. Per fare una foto migliore è preferibile misurare solo la luce che riflette il volto del soggetto, perché è questo che deve essere esposto correttamente. Come possiamo vedere nella figura di seguito, lo sfondo è più luminoso del soggetto.
Conoscere solamente la luminanza della scena ci serve a poco, per questo in fotografia si parla di Exposure Value (EV).
È importante ricordare che comunemente si utilizza il termine “stop” per indicare gli EV.
Cos’è l’Exposure Value?
È un valore che indica, relativamente alla sensibilità della pellicola, tempo e diaframma da impostare in base alla luminanza della scena, affinché l’esposizione sia corretta.
L’esposizione della scena si misura con l’esposimetro incorporato nella fotocamera, oppure con un esposimetro esterno come quello in figura. Le letture sono convertite automaticamente in EV.
Questo esposimetro misura la luce incidente, cioè quella che illumina la scena da fotografare. Può darci la lettura in EV riferita al valore di ISO selezionato, in questo caso 14,9 che arrotondiamo a 15, oppure in coppie tempo-diaframma, in questo caso la coppia selezionata è 1/500 s – f/8, a ISO 100.
Nella pratica, più che conoscere l’EV ci interessa sapere quali coppie tempo-diaframma vanno bene per lo scatto che dobbiamo fare. Questo concetto fu sviluppato intorno al 1950 da Friedrich Deckel, un costruttore tedesco di otturatori fotografici, e ha originato la seguente tabella in cui le frazioni di secondo sono espresse col valore del denominatore. Per esempio 4000 indica 1/4000”, 60 indica 1/60”.
La tabella ci dà le coppie tempo-diaframma in funzione della luminanza e del valore ISO.
Per chi ama la matematica
Vediamo la relazione da cui ha origine la tabella:
A ISO 100
EV = log2 (n2/t)
Dove: n = numero del diaframma; t = tempo di esposizione in secondi. Ad esempio: n = 8 t = 1/125
(così come rilevabile dalla tabella).
Come interpretare la tabella
Di obiettivi con diaframma f/1 ne esistono pochissimi e sono costosissimi, è più probabile che il nostro obiettivo consenta un valore massimo di apertura del diaframma pari a f/2. A ISO 100, nelle condizioni di EV = 0, con diaframma f/2 dobbiamo settare il tempo di esposizione di 4” (caselle evidenziate in verde), oppure 2”- f/1,4; 8”- f/2,8; 15”- f/4; 30”- f/5,6.
EV = 0 è una condizione di scarsissima illuminazione, di solito si fotografa con molta più luce, per esempio EV = 12. In questo caso, sempre con la sensibilità 100 ISO potremmo usare t = 1/125 con diaframma = f/5,6 (caselle evidenziate in blu).
Tuttavia, non siamo vincolati a questa coppia di valori tempo-diaframma, ma vanno bene tutte le coppie i cui tempi sono sulla riga azzurra, ad esempio: 1/250 – f/4 oppure 1/60 – f/8.
Gli esposimetri lavorano sulla base di questa tabella, sebbene, leggendo l’esposimetro della fotocamera non troverete il numero EV, ma leggerete se l’esposizione scelta è giusta, normalmente indicata con “0”, oppure con il più o il meno se è sovra o sottoesposta.