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13 Ott 2022

Clima impazzito: chi paga?

Nicola Armaroli

Nicola Armaroli
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Come previsto da una monumentale letteratura scientifica, l’impatto del riscaldamento globale, causato principalmente dalle attività umane, peggiora di anno in anno.

 

L’alluvione del Pakistan e la giustizia climatica

In queste settimane, piogge monsoniche di inaudita intensità e durata hanno devastato il Pakistan, un Paese di 240 milioni di persone. Un terzo del territorio nazionale è alluvionato, 33 milioni di persone hanno dovuto abbandonare le loro case. Sono state distrutte migliaia di strade, ponti e infrastrutture. 750 000 capi di bestiame sono stati uccisi e con essi il sostentamento di milioni di persone. Le regioni più fertili sono sommerse e ci vorranno mesi prima che possano riaffiorare. La situazione favorisce la proliferazione di zanzare e l’esplosione di malaria, dengue e tifo. Sinora si stimano danni per 13 miliardi di euro, ma è solo l’inizio. È un colpo micidiale all’economia di un Paese in cui il reddito medio pro capite è 1800 euro l’anno.
Un collega di Karachi mi ha scritto: «Sono impegnato nelle attività di soccorso per l’alluvione nella mia città natale, che è stata gravemente danneggiata. Il riscaldamento globale sta colpendo duramente il Pakistan. I ghiacciai si stanno sciogliendo e le piogge sono triplicate rispetto al passato. Milioni di persone hanno perso le loro case e tutti si stanno impegnando per aiutarle». In pratica, è passato in fretta dalla cattedra al badile.
È giusto che i danni economici di questa catastrofe siano pagati solo dal Pakistan? Il loro ministro delle Finanze è stato netto: il Pakistan sta pagando il prezzo delle emissioni di gas serra generate da altri. Il Paese produce meno dell’1% delle emissioni globali, ma paga un danno sproporzionato a causa della sua collocazione geografica. Il tema della giustizia climatica è dirompente e mette a rischio la sicurezza mondiale. Il Pakistan è dotato di armi nucleari. Chi può escludere che, un domani, minacci di usarle contro i Paesi più ricchi perché si sente ingiustamente “attaccato”?

 

Emissioni di gas serra: di chi è la colpa?

A volte mi chiedono: «Perché l’Europa fa tutti questi sforzi per abbattere le emissioni, quando i grandi emettitori sono Cina e India?». La chimica spiega perché è una domanda mal posta. La CO2 è una molecola stabile: rimane in atmosfera, in media, un secolo. Quindi la CO2 prodotta dal camion di mio nonno o di vostro nonno è ancora lì che galleggia. Chissà, magari in Antartide. Lo stesso vale per quella generata dall’automezzo che ha trasportato le nostre mamme all’ospedale per partorire.
Un recente studio ha individuato criteri di equità per attribuire le emissioni di CO2 alle singole nazioni a partire dal 1850, pesandole ad esempio in relazione al numero degli abitanti. Risulta così che Stati Uniti ed Europa (Russia inclusa) sono responsabili dell’82% della CO2, il resto del mondo storicamente “ricco” (come Giappone, Canada, Australia) ha emesso l’11%. Tutta l’Asia, l’Africa, il Sud America e il Medio Oriente sono responsabili dell’8%.
A questo va aggiunto che i nostri tagli alle emissioni negli ultimi 30 anni sono spesso finti. Le emissioni prodotte per fabbricare decine di oggetti che usiamo ogni giorno sono attribuite alla Cina: abbiamo spostato più che tagliato le emissioni.
Si stima che l’impatto delle attività umane abbia portato sinora un aumento medio delle temperature di 1,1 °C. Tutti i piani di riduzione delle emissioni che stiamo introducendo mirano a contenere l’aumento della temperatura entro 2 °C. Quindi, l’obiettivo non è ritornare alla situazione climatica degli anni ’70 ma, bene che vada, a un clima molto più estremo dell’attuale. Non è una gran prospettiva, ma è il massimo cui possiamo aspirare, quindi meglio lavorare sull’adattamento, senza ulteriori ritardi.
Basta scaricabarile. Siamo i principali responsabili dei disastri del riscaldamento globale e abbiamo il dovere morale di agire per primi, anche perché abbiamo le risorse economiche e tecnologiche per farlo. Adesso.

Nicola Armaroli
Nicola Armaroli
Nicola Armaroli, direttore di Sapere dal 2014, è dirigente di ricerca del CNR e membro della Accademia Nazionale delle Scienze (detta dei 40). Lavora nel campo della conversione dell’energia solare e dei materiali luminescenti e studia i sistemi energetici nello loro complessità. Ha pubblicato oltre 250 lavori scientifici, 11 libri e decine di contributi su libri e riviste. Ha tenuto conferenze in università, centri di ricerca e congressi in tutto il mondo ed è consulente di varie agenzie e società internazionali, pubbliche e private, nel campo dell’energia e delle risorse. Ha ottenuto vari riconoscimenti tra cui la Medaglia d’Oro Enzo Tiezzi della Società Chimica Italiana e il Premio per la Chimica Ravani-Pellati della Accademia delle Scienze di Torino. È un protagonista del dibattito scientifico sulla transizione energetica su tutti i mezzi di comunicazione (v. qui).
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