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19 Giu 2024

Iperconnessi e fragili

Nicola Armaroli

Nicola Armaroli
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L’impatto delle guerre

Da dieci anni è in corso in Yemen una guerra civile che ha fatto oltre 300 mila morti, uccisi dalle armi e dagli stenti nel quasi oblio dei mezzi di comunicazione internazionali. Di punto in bianco, però, la nuova guerra Israele-Palestina ha cambiato lo scenario e il conflitto dimenticato è salito alla ribalta.

I ribelli yemeniti Houti, che contendono il controllo del Paese alle forze governative, ora attaccano le navi commerciali di alcuni Stati che sostengono Israele. Grazie alla loro posizione geografica, questi signori della guerra ottengono il massimo risultato col minimo sforzo: le navi in viaggio verso il Canale di Suez e il Mediterraneo passano davanti alle loro coste e rappresentano un facilissimo bersaglio. Droni da qualche migliaio di euro sono diventati una minaccia mortale per carichi commerciali che possono valere decine di milioni. Improvvisamente, il signor Rossi scopre che il suo computer, prodotto in Asia, arriverà qualche settimana dopo e costerà un po’ di più, perché il viaggio è stato allungato di oltre 6000 km, circumnavigando l’Africa. L’agognato computer avrà emesso indirettamente anche più CO2, dettaglio non irrilevante.

 

L’importanza del mare

Questa vicenda ci racconta tante cose. Innanzitutto, l’intramontabile importanza del mare per il commercio globale e le relazioni internazionali, come ci ha insegnato la millenaria storia della Repubblica di Venezia. Oggi tendiamo ad associare il mare solo all’idea di vacanza, quando invece è molto di più: in mare transita la maggior parte delle cose che ci tengono letteralmente in vita, come cibo, energia, informazione. Il fondo del mare è solcato da un immenso groviglio di fibre ottiche, che oggi sono un’infrastruttura vitale in ogni ambito di lavoro. Noi ricercatori possiamo sicuramente fare a meno di un post sui social, ma il nostro lavoro sarebbe impossibile se non potessimo accedere di continuo ai server delle banche dati scientifiche e dei centri di ricerca, localizzati in tutto il mondo. Senza contare, ovviamente, il ruolo vitale – e ancor più importante – del mare per mantenere la biosfera in salute, su cui ho già scritto qui.

 

Economie interconnesse e bisogno di pace

Il fatto che oscuri guerriglieri del deserto impattino improvvisamente contro la nostra vita mostra quanto l’iperconnessione delle infrastrutture fisiche e, di conseguenza, dell’economia mondiale sia ormai una caratteristica dominante del mondo contemporaneo. E quanto sia irrealistica la nostra segreta speranza che, in fondo, possiamo controllare tutto. L’attentato al gasdotto Nord Stream 2 è la causa principale della crisi economica che ha colpito la Germania nell’ultimo biennio: poche persone, in una notte, hanno sferrato un colpo micidiale alla quarta economia mondiale.

Anche i tentativi – largamente fallimentari – di fiaccare le economie di alcuni Stati applicando sanzioni economiche, ci raccontano quanto il groviglio delle interconnessioni, fisiche e politiche, permetta di trovare sempre nuove strade e aggirare ostacoli. L’import di gas liquido russo via nave verso l’Europa nel 2023 è aumentato. Non mi sono quindi stupito quando un amico che lavora a Mosca mi ha detto che la città pullula di uomini d’affari occidentali.

Il cinico opportunismo geografico degli Houti sta fortemente penalizzando i porti italiani e ci obbliga a riflettere sulla nostra fragile penisola. Le reti stradali e ferroviarie italiane scorrono da nord a sud attraverso montagne a rischio frane e terremoti, con migliaia di gallerie e viadotti. Solo un manipolo di grandi arterie stradali e ferroviarie ci collegano al resto d’Europa, attraverso trafori scavati decenni fa nella barriera alpina. La nostra principale fonte di approvvigionamento energetico è un gasdotto che attraversa per oltre 1000 km il Sahara e il fondo del Mediterraneo, prima di sbarcare in Sicilia e risalire lo Stivale sino alla Pianura Padana, per altri 1400 km. Probabilmente non esiste al mondo un Paese più facile dell’Italia da mettere in ginocchio con poco sforzo e molte cattive intenzioni.

Qualcuno pensa che pace e cooperazione siano uno slogan per anime belle. Nel mondo enormemente interconnesso che abbiamo creato sono invece un’esigenza vitale.

Per noi italiani, anche di più.

Nicola Armaroli
Nicola Armaroli
Nicola Armaroli, direttore di Sapere dal 2014, è dirigente di ricerca del CNR e membro della Accademia Nazionale delle Scienze (detta dei 40). Lavora nel campo della conversione dell’energia solare e dei materiali luminescenti e studia i sistemi energetici nello loro complessità. Ha pubblicato oltre 250 lavori scientifici, 11 libri e decine di contributi su libri e riviste. Ha tenuto conferenze in università, centri di ricerca e congressi in tutto il mondo ed è consulente di varie agenzie e società internazionali, pubbliche e private, nel campo dell’energia e delle risorse. Ha ottenuto vari riconoscimenti tra cui la Medaglia d’Oro Enzo Tiezzi della Società Chimica Italiana e il Premio per la Chimica Ravani-Pellati della Accademia delle Scienze di Torino. È un protagonista del dibattito scientifico sulla transizione energetica su tutti i mezzi di comunicazione (v. qui).
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