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18 Apr 2018

Fuori dalla torre

Nicola Armaroli

Nicola Armaroli
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Tempo fa sono stato invitato al convegno nazionale dell’Unione Giornalisti Italiani Scientifici. Consapevole del fatto che le posizioni negazioniste trovano ancora uno spazio importante nella stampa italiana, non mi sono lasciato sfuggire l’occasione per accendere il dibattito sui cambiamenti climatici. Ho utilizzato un metodo un po’ brutale ma efficace, affermando che continuare a discutere se vi sia o meno la mano dell’uomo nel riscaldamento globale equivale a porsi il problema se la Terra gira intorno al Sole o viceversa. Apriti cielo! Gli animi si sono subito accesi, in pochi minuti sono spuntati fuori vecchi argomenti (un classico: le macchie solari) e nomi di “autorevoli scienziati” che negano il contributo dell’uomo al cambiamento del clima. Sono uscito da quell’infuocato dibattito molto soddisfatto.

Tempo fa sono stato invitato al convegno nazionale dell’Unione Giornalisti Italiani Scientifici. Consapevole del fatto che le posizioni negazioniste trovano ancora uno spazio importante nella stampa italiana, non mi sono lasciato sfuggire l’occasione per accendere il dibattito sui cambiamenti climatici. Ho utilizzato un metodo un po’ brutale ma efficace, affermando che continuare a discutere se vi sia o meno la mano dell’uomo nel riscaldamento globale equivale a porsi il problema se la Terra gira intorno al Sole o viceversa. Apriti cielo! Gli animi si sono subito accesi, in pochi minuti sono spuntati fuori vecchi argomenti (un classico: le macchie solari) e nomi di “autorevoli scienziati” che negano il contributo dell’uomo al cambiamento del clima. Sono uscito da quell’infuocato dibattito molto soddisfatto.

 

Giorni fa un collega mi ha chiesto di aiutarlo a convincere il fratello che le cosiddette “scie chimiche” non esistono. Sto parlando della regina delle cosiddette fake news scientifiche: fantomatici aerei spargerebbero in cielo veleni, virus e altre diavolerie per realizzare esperimenti su di noi e persino genocidi. Secondo i complottisti, una prova chiave del misfatto sono le scie di condensazione degli aerei. Un fenomeno banale, spiegabile con pochi rudimenti di fisica dell’atmosfera e… con il continuo aumento del traffico aereo. Dopo qualche travaglio interiore, ho declinato l’invito a fare il missionario della scienza: ho pensato fosse uno sforzo inutile cercare di portare alla ragione persone che non si rendono conto di quanto sia grande e profondo il cielo rispetto alle quantità di fantomatici spray venefici che possono essere rilasciati in atmosfera da alcuni aerei, fossero anche pilotati da addestratissimi malvagi tipo quelli dei film di James Bond.

 

Il basso livello di cultura scientifica alimenta la piaga delle bufale globali, ma trova spesso un alleato nell’ideologia politica. I cambiamenti climatici vengono messi in discussione principalmente da persone di ideologia conservatrice, che li considerano un’invenzione degli odiati ambientalisti. Al contrario, essi sono tipicamente accettati da persone di credo progressista, convinte che il degrado climatico sia solo l’inevitabile conseguenza di un sistema economico perverso. In questo contesto polarizzato, i fatti scompaiono. Eppure le prove dell’influenza delle attività umane sul clima sono ormai così consolidate che possono facilmente persuadere qualsiasi persona di buon senso che si attenga ai risultati dell’indagine scientifica, senza rifugiarsi nell’ideologia.

 

Con crescente insistenza, le agenzie di finanziamento chiedono che i progetti di ricerca siano corredati da un piano di “disseminazione”, per diffondere i risultati alla società nel suo complesso. È un’apertura positiva, che può aumentare il tasso di alfabetizzazione scientifica (anche se talvolta si esagera fino al punto che la disseminazione sembra più importante dei risultati stessi…). Tuttavia molti scienziati sono diffidenti. Alcune istituzioni accademiche consigliano ai propri dipendenti di non esprimersi in blog e conferenze pubbliche. In pratica: produci articoli a raffica, guardati l’ombelico e taci.

 

Eppure il tempo per esporsi è arrivato. Dobbiamo uscire dai nostri laboratori e investire parte del nostro tempo per parlare alla società, anche quando sembra una battaglia persa. C’è bisogno soprattutto di scienziati che parlino in modo chiaro e autorevole dei numerosi problemi che rischiano di schiacciare la nostra civiltà: clima, acqua, energia, pandemie, disponibilità di cibo, disuguaglianze, rischio nucleare, pirateria informatica.

 

Se non lo facciamo noi, chi lo farà?

Nicola Armaroli
Nicola Armaroli
Nicola Armaroli, direttore di Sapere dal 2014, è dirigente di ricerca del CNR e membro della Accademia Nazionale delle Scienze (detta dei 40). Lavora nel campo della conversione dell’energia solare e dei materiali luminescenti e studia i sistemi energetici nello loro complessità. Ha pubblicato oltre 250 lavori scientifici, 11 libri e decine di contributi su libri e riviste. Ha tenuto conferenze in università, centri di ricerca e congressi in tutto il mondo ed è consulente di varie agenzie e società internazionali, pubbliche e private, nel campo dell’energia e delle risorse. Ha ottenuto vari riconoscimenti tra cui la Medaglia d’Oro Enzo Tiezzi della Società Chimica Italiana e il Premio per la Chimica Ravani-Pellati della Accademia delle Scienze di Torino. È un protagonista del dibattito scientifico sulla transizione energetica su tutti i mezzi di comunicazione (v. qui).
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