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23 Nov 2017

L’auto dei sogni

Nicola Armaroli

Nicola Armaroli
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Trent’anni fa possedevo una Fiat 127 usata, a metano. Motore eccezionale, finiture spartane, carrozzeria penosa. Rappresentava un modello produttivo destinato a scomparire nel giro di pochi anni, sotto i colpi della qualità totale di stampo giapponese. All’epoca sognavo che i miei figli avrebbero guidato un’auto “spaziale”: sexy come la Batmobile e a inquinamento zero. Non fui un gran profeta: guidano una Fiat Punto usata a benzina, degna nipote della mia 127.

Trent’anni fa possedevo una Fiat 127 usata, a metano. Motore eccezionale, finiture spartane, carrozzeria penosa. Rappresentava un modello produttivo destinato a scomparire nel giro di pochi anni, sotto i colpi della qualità totale di stampo giapponese. All’epoca sognavo che i miei figli avrebbero guidato un’auto “spaziale”: sexy come la Batmobile e a inquinamento zero. Non fui un gran profeta: guidano una Fiat Punto usata a benzina, degna nipote della mia 127.

 

 

Qualche settimana fa Sergio Marchionne, amministratore delegato di FCA (ex Fiat), ha gettato molti dubbi sulle prospettive dell’auto elettrica: la sua azienda punta con decisione sull’auto a metano. Ma guarda un po’ – ho pensato – negli anni ’80 scarrozzavo fidanzata e amici su un’auto fantascientifica, e non lo sapevo. Davvero sorprendente questo filosofo prestato all’industria automobilistica, altro che Batmobile dei miei sogni! Naturalmente sto scherzando, e vorrei usare il poco spazio che mi resta per parlare di cose serie.

 

 

Negli stessi giorni in cui le affermazioni di Marchionne riempivano giornali, siti, televisioni e radio, si è tenuto a Bruxelles un evento largamente ignorato dai media italiani. Consapevole del rischio di perdere la partita del trasporto elettrico contro i colossi asiatici e nordamericani, la Commissione Europea ha convocato governi e aziende per gettare le basi per un grande consorzio sulle batterie. L’obiettivo è replicare il successo del consorzio europeo Airbus, un’iniziativa che, cinquant’anni fa, evitò il monopolio degli Stati Uniti nel settore aeronautico. Tutti i colossi dell’auto europei erano presenti all’incontro. Non c’era FCA, che pure ha sede legale in Olanda. Chissà, forse sono concentrati sulla progettazione di un nuovo tipo di bombola a gas?

 

 

È iniziata una rivoluzione irreversibile nel settore dei trasporti. Era nell’aria da tempo, ma a un certo punto è scoccata la scintilla perfetta, il cosiddetto Dieselgate, che ha mostrato l’impossibilità di “pulire” ulteriormente i motori tradizionali, se non con l’inganno. Esiste un solo modo per risanare l’aria delle metropoli e porre fine a un’emergenza sanitaria mondiale: cambiare radicalmente sistema.

 

 

Il passaggio al trasporto elettrico è diventato non solo necessario, ma anche possibile. La produzione da fonti rinnovabili cresce ovunque in maniera esponenziale; eolico e fotovoltaico sono sempre più competitivi nei confronti di tutte le altre tecnologie. Le automobili elettriche vanno già e andranno sempre più a fonti rinnovabili: non ci sarà nessun effetto devastante sull’ambiente, come paventato da Marchionne. In Italia, la produzione rinnovabile si attesta da anni attorno al 40% e la quota sarebbe ancora più alta se, in questi anni, i governi avessero avuto più coraggio nei confronti della lobby dei combustibili fossili, sempre ben collocata nei ministeri.

 

 

Come ho scritto qui più di tre anni fa, il passaggio all’auto elettrica non richiede un aumento esorbitante della produzione energetica. In Italia occorre incrementare del 50% la quota rinnovabile, un obiettivo assolutamente realistico sulla scala temporale di venti anni, quella necessaria per abbandonare definitivamente i motori tradizionali, come già pianificato in Francia e Regno Unito.

 

 

Il mio vecchio sogno si sta avverando: la prima auto dei miei nipoti sarà finalmente elettrica. Un’auto progettata dal genio dei ragazzi che oggi sono sui banchi di scuola: riciclabile in ogni suo componente e collegata a una rete intelligente che gestisce le ricariche su larga scala. Si può fare e si deve fare, senza voltare lo sguardo all’indietro.

 

 

PS: Indovinello. Pare che all’evento di Bruxelles fossero stati invitati 14 governi e uno solo non si è presentato. Qual era?

 

 

 

(Editoriale in anteprima tratto da Sapere 6/2017)

Nicola Armaroli
Nicola Armaroli
Nicola Armaroli, direttore di Sapere dal 2014, è dirigente di ricerca del CNR e membro della Accademia Nazionale delle Scienze (detta dei 40). Lavora nel campo della conversione dell’energia solare e dei materiali luminescenti e studia i sistemi energetici nello loro complessità. Ha pubblicato oltre 250 lavori scientifici, 11 libri e decine di contributi su libri e riviste. Ha tenuto conferenze in università, centri di ricerca e congressi in tutto il mondo ed è consulente di varie agenzie e società internazionali, pubbliche e private, nel campo dell’energia e delle risorse. Ha ottenuto vari riconoscimenti tra cui la Medaglia d’Oro Enzo Tiezzi della Società Chimica Italiana e il Premio per la Chimica Ravani-Pellati della Accademia delle Scienze di Torino. È un protagonista del dibattito scientifico sulla transizione energetica su tutti i mezzi di comunicazione (v. qui).
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