Groningen è una città di 200.000 abitanti, situata nel nord dell’Olanda. Nel 1959 si scoprì che giaceva sul più grande giacimento di gas naturale del continente europeo, il nono al mondo: un colosso da almeno 2500 km3 di metano (il gas naturale viene comunemente denominato “metano”, il componente principale della preziosa miscela di idrocarburi). Se il megagiacimento olandese fosse stato in Italia, avrebbe soddisfatto l’intero fabbisogno nazionale dal 1959 a oggi. Nel corso di 60 anni, i pozzi di Groningen hanno portato nelle casse statali circa 300 miliardi di euro, recando grande beneficio alla bilancia commerciale. Ma la storia non è a lieto fine, e gli olandesi hanno almeno due buoni motivi per chiedersi se il gas di Groningen sia stato davvero una benedizione.
Groningen è una città di 200.000 abitanti, situata nel nord dell’Olanda. Nel 1959 si scoprì che giaceva sul più grande giacimento di gas naturale del continente europeo, il nono al mondo: un colosso da almeno 2500 km3 di metano (il gas naturale viene comunemente denominato “metano”, il componente principale della preziosa miscela di idrocarburi). Se il megagiacimento olandese fosse stato in Italia, avrebbe soddisfatto l’intero fabbisogno nazionale dal 1959 a oggi. Nel corso di 60 anni, i pozzi di Groningen hanno portato nelle casse statali circa 300 miliardi di euro, recando grande beneficio alla bilancia commerciale. Ma la storia non è a lieto fine, e gli olandesi hanno almeno due buoni motivi per chiedersi se il gas di Groningen sia stato davvero una benedizione.
Divenuto grande esportatore di gas negli anni ’60, il Paese dei mulini conobbe una forte crisi del settore manifatturiero e un aumento della disoccupazione. È la cosiddetta “malattia olandese”, un fenomeno paradossale e complesso, divenuto proverbiale, che impoverisce i cittadini dei Paesi che esportano risorse naturali.
Da alcuni anni, inoltre, a Groningen la terra ha iniziato a tremare: i fenomeni si sono progressivamente intensificati, danneggiando alcuni edifici. Causa dei terremoti è il progressivo svuotamento del giacimento, che comporta l’assestamento degli strati di roccia porosa nei quali è annidato il gas. Il pericolo è stato inizialmente sottovalutato dalle autorità e solo di recente il governo ha imposto la riduzione delle estrazioni, pianificando la cessazione delle attività entro il 2030. Ora, però, si trova tra l’incudine delle aziende concessionarie del giacimento (che contiene ancora grandi quantità di gas) e il martello dei cittadini che protestano vigorosamente, intentando cause miliardarie.
La lunga distanza che ci separa dall’Olanda non ha impedito all’Italia di utilizzare il gas di Groningen: da decenni arriva sino a noi con un metanodotto che scavalca le Alpi al passo del Gries, in Piemonte. A parità di energia prodotta, la combustione del metano genera quantità significativamente ridotte di CO2, se confrontate a petrolio e carbone. Per questo motivo, è considerato una soluzione “tampone” (una sorta di male minore) nel processo di transizione dai fossili alle rinnovabili. Questa idea si sta però ridimensionando, e la ragione è semplice e allo stesso tempo complessa. Per arrivare sino a casa nostra, partendo dalle profondità di un giacimento posto a migliaia di km di distanza, il gas corre lungo una miriade di condotte, stazioni di compressione, stoccaggio e trattamento, nelle quali, inevitabilmente, una frazione del gas è dispersa in atmosfera. E il metano è un gas serra decine di volte più potente della CO2 stessa.
Il problema è ora salito alla ribalta grazie a un rapporto della National Academy of Sciences statunitense che evidenzia un gap nelle nostre conoscenze.
Quanto metano emettono le attività umane (filiera del gas, allevamenti, discariche, ecc.)? Purtroppo non lo sappiamo. Finché questo gap non sarà colmato, sarà difficile mettere in campo politiche pienamente efficaci per contrastare i cambiamenti climatici. Intanto, dal 1750, la concentrazione di metano in atmosfera è triplicata e il fenomeno è fuori controllo. La crisi della “reputazione” del metano racconta in modo esemplare come idee consolidate possano essere messe in discussione dal progresso della conoscenza.
Ringrazio Alina Polonia, pilastro di Sapere, che ha lavorato con cura e passione a questo numero speciale dedicato ai terremoti, fenomeni che, con angosciante regolarità, mettono a dura prova gli italiani. Di recente anche gli olandesi e… sembra incredibile che sia un po’ anche “colpa” nostra, che da decenni scaldiamo le nostre notti invernali con il loro gas.