Skip to main content

17 Ago 2018

Montagne russe

Nicola Armaroli

Nicola Armaroli
Leggi gli altri articoli

Home Rubriche L'editoriale

Esattamente dieci anni fa, nell’estate 2008, il petrolio raggiunse la quotazione più alta di sempre: 147 dollari al barile. Oggi, a distanza di un decennio, il greggio viene scambiato alla metà di quel valore record: 74 dollari. Non è stato un calo graduale: analizzando l’andamento del mercato petrolifero nell’ultimo decennio c’è da farsi venire un capogiro.

Esattamente dieci anni fa, nell’estate 2008, il petrolio raggiunse la quotazione più alta di sempre: 147 dollari al barile. Oggi, a distanza di un decennio, il greggio viene scambiato alla metà di quel valore record: 74 dollari. Non è stato un calo graduale: analizzando l’andamento del mercato petrolifero nell’ultimo decennio c’è da farsi venire un capogiro.

 

Il 15 settembre 2008 la banca d’affari Lehman Brothers dichiarò bancarotta e diede inizio alla peggiore crisi economica globale dalla fine della Seconda guerra mondiale; a fine anno, il petrolio era quotato 33 dollari al barile, con un calo del 79% in meno di sei mesi. Nel 2009, l’amministrazione Obama varò un massiccio piano di salvataggio dell’economia americana (fu letteralmente stampata una quantità enorme di dollari) e il prezzo del greggio iniziò lentamente a risalire. Nel gennaio 2011, a seguito della crisi libica, il prezzo tornò a superare la barriera dei 100 dollari, raggiungendo 127 dollari ad aprile. Tra il 2012 e il 2013, il valore di mercato del barile di greggio si stabilizzò attorno ai 110 dollari, pur tra diverse oscillazioni (tra 90 e 125 dollari) a causa di una momentanea congiuntura economica sfavorevole in Cina e di tensioni legate al programma nucleare iraniano. Nel secondo semestre del 2014 un nuovo terremoto: il prezzo crolla del 50% e a dicembre raggiunge 53 dollari. A fine 2015 scende a 37 dollari, a febbraio 2016 crolla fino a 26, per poi raddoppiare a metà 2017 e aumentare di un altro 35% sino al valore attuale, 74 dollari.

 

Quale sarà il prezzo del petrolio fra un anno? È la domanda più inutile che possiamo farci: nessuno al mondo ne ha idea. Le montagne russe dell’ultimo decennio sono figlie di diversi fattori in gran parte scollegati e quindi totalmente fuori dal controllo di chiunque. Oltre ai fattori citati prima, vanno ricordati la crescita della domanda in Asia e il calo in Europa e Nord America, le “primavere” arabe, le speculazioni finanziarie, i timori per attacchi terroristici nei pozzi del Golfo Persico, gli accordi (spesso naufragati) sulle quote produttive in seno all’OPEC, il boom della produzione di petrolio da scisto negli USA, il gigante produttivo russo che gioca con scaltrezza su molti tavoli… In breve: un casino colossale. Scusate, ma è impossibile rendere il concetto in modo più esauriente.

 

Dobbiamo essere molto grati al petrolio. Se abbiamo raggiunto un tenore di vita che i nostri bisnonni non si sarebbero mai sognati lo dobbiamo in gran parte a questo prezioso liquido nero, facile da trasportare e dotato di una densità energetica straordinaria. Un po’ come con il maiale, del petrolio non buttiamo nulla: le frazioni più leggere (benzina, gasolio) alimentano i nostri automezzi, quella più pesante (bitume) è usata per realizzare le piste su cui corrono gli automezzi stessi. Quella intermedia (kerosene) è l’unica sostanza che permette di trasportare centinaia di passeggeri su colossi che possono volare sino a 20 ore a 11.000 metri di quota a 50 gradi sottozero. Questo prezioso liquido è anche un monumento all’energia solare: biomassa generata dalla fotosintesi e trasformata in idrocarburi nelle viscere della terra su scala geologica. Possiamo stimare che il petrolio che bruciamo ogni anno ammonta a circa due secoli di fotosintesi del Giurassico. La voracità dei dinosauri è un nulla rispetto alla nostra!

 

Ho un vago ricordo da bambino delle domeniche di austerity, durante la crisi petrolifera del 1973. Si correva in strada sui pattini, consapevoli che la nostra vita dipendeva da eventi lontani e totalmente fuori dal nostro controllo. Sono passati 45 anni e siamo ancora lì.

 

Io mi sarei anche stufato e ieri ho acquistato un’auto senza serbatoio, che va a elettroni.

Nicola Armaroli
Nicola Armaroli
Nicola Armaroli, direttore di Sapere dal 2014, è dirigente di ricerca del CNR e membro della Accademia Nazionale delle Scienze (detta dei 40). Lavora nel campo della conversione dell’energia solare e dei materiali luminescenti e studia i sistemi energetici nello loro complessità. Ha pubblicato oltre 250 lavori scientifici, 11 libri e decine di contributi su libri e riviste. Ha tenuto conferenze in università, centri di ricerca e congressi in tutto il mondo ed è consulente di varie agenzie e società internazionali, pubbliche e private, nel campo dell’energia e delle risorse. Ha ottenuto vari riconoscimenti tra cui la Medaglia d’Oro Enzo Tiezzi della Società Chimica Italiana e il Premio per la Chimica Ravani-Pellati della Accademia delle Scienze di Torino. È un protagonista del dibattito scientifico sulla transizione energetica su tutti i mezzi di comunicazione (v. qui).
DELLO STESSO AUTORE

© 2024 Edizioni Dedalo. Tutti i diritti riservati. P.IVA 02507120729