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29 Lug 2020

Zzzzzzz…

Nicola Armaroli

Nicola Armaroli
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Se uno ci chiede qual è il principale predatore di esseri umani, siamo istintivamente portati a pensare a leoni, squali, tigri, serpenti. Magari! Purtroppo il nostro maggiore predatore non è confinato in ecosistemi remoti, ma si trova in ogni angolo della Terra: è la zanzara.
Sono state individuate circa 3500 specie di zanzare, ma “solo” circa 200 si sono specializzate in quel fulmineo prelievo di sangue umano che provoca la reazione cutanea che ben conosciamo. La loro rapidità d’azione è stupefacente e ne garantisce la sopravvivenza, evitando la nostra reazione. Si stima che, a livello globale, vi siano mediamente 100000 miliardi di zanzare. Non è quindi una specie in via di estinzione e, se anche lo fosse, non troverebbe molte persone disposte a difenderla. Ammettiamolo: chi non si è mai augurato che qualcuno trovasse il modo di far sparire queste maledette bestiacce dalla faccia della Terra? Eppure, da sempre, accade il contrario: sono le zanzare che rischiano di far sparire dalla faccia della Terra noi. Alcuni ricercatori hanno stimato che circa la metà dei 100 miliardi di esseri umani che hanno popolato il pianeta negli ultimi 200000 anni sia stata sterminata dalle zanzare. Ancora oggi sono ritenute responsabili della morte di 700000 persone l’anno: una sorta di catastrofica e perenne pandemia cui siamo ormai rassegnati.
La zanzara, di per sé, è un minuscolo insetto senza alcun potere letale. È però un formidabile vettore di parassiti (malaria) o virus (febbre gialla, dengue, Chikungunya, West Nile, varie encefaliti), che inietta inconsapevolmente nelle sue vittime, nel cui sangue trova le proteine necessarie per la deposizione delle uova. Ogni anno 250 milioni di persone contraggono la malaria e quasi 500000 soccombono.
Quando osserviamo una zanzara, ricordiamo che questo essere apparentemente insignificante ha deviato ripetutamente il corso della storia. Malaria, febbre gialla o altre malattie decimarono l’esercito di Annibale nella discesa lungo l’Italia, fermarono la conquista dell’Europa da parte di Gengis Khan, impedirono ai crociati di occupare stabilmente la Terra Santa, cambiarono più volte i destini di conquiste e ribellioni nelle Americhe colonizzate, favorirono la nascita della Gran Bretagna dopo la fuga degli scozzesi da Panama. Senza scomodare la storia, questo insetto ha cambiato anche la nostra vita quotidiana. Quando eravamo ragazzi, esisteva solo la zanzara “nostrana”. Bastava portare pazienza un paio d’ore, a cavallo del crepuscolo, e il problema passava. Oggi la zanzara tigre ha letteralmente annientato la vita sociale diurna nei parchi pubblici, talvolta nel disinteresse di amministratori che ne sottostimano i rischi sanitari e sociali: in pratica, è stata il primo assaggio degli effetti del riscaldamento globale e dei rischi della globalizzazione.
La biosfera potrebbe fare a meno delle zanzare? Il dibattito tra gli scienziati è, manco a dirlo, acceso. C’è chi sostiene che i predatori di larve e zanzare (pesci e uccelli) potrebbero facilmente cambiare menu. Altri non sono d’accordo e fanno notare che in alcune zone del mondo le zanzare sono importanti impollinatori: la loro scomparsa potrebbe addirittura mettere a rischio la produzione di cacao. Quel che è certo è che il vuoto generato da un’improbabile estinzione delle zanzare sarebbe coperto da altre specie, non necessariamente più amichevoli.
Non ci siamo ancora ripresi dallo shock del coronavirus e siamo già qui a fare i conti con gli odiati insetti estivi che succhiano il nostro sangue giorno e notte. Rassegniamoci: condividiamo questo favoloso pianeta con un’enormità di specie, e dobbiamo conviverci. Alcune, minuscole o addirittura invisibili, sono un pericolo mortale costantemente in agguato. Altro che tigri, squali e serpenti.

Nicola Armaroli
Nicola Armaroli
Nicola Armaroli, direttore di Sapere dal 2014, è dirigente di ricerca del CNR e membro della Accademia Nazionale delle Scienze (detta dei 40). Lavora nel campo della conversione dell’energia solare e dei materiali luminescenti e studia i sistemi energetici nello loro complessità. Ha pubblicato oltre 250 lavori scientifici, 11 libri e decine di contributi su libri e riviste. Ha tenuto conferenze in università, centri di ricerca e congressi in tutto il mondo ed è consulente di varie agenzie e società internazionali, pubbliche e private, nel campo dell’energia e delle risorse. Ha ottenuto vari riconoscimenti tra cui la Medaglia d’Oro Enzo Tiezzi della Società Chimica Italiana e il Premio per la Chimica Ravani-Pellati della Accademia delle Scienze di Torino. È un protagonista del dibattito scientifico sulla transizione energetica su tutti i mezzi di comunicazione (v. qui).
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