Sulla falsariga dell’esplorazione di vecchie pellicole, come scritto in questo articolo, stavolta citerò un film che non ha nulla a che fare con la scienza, ma è di nuovo il termometro di uno specifico momento storico, che fu, a suo tempo, vissuto come uno shock dai Paesi occidentali.
Le dinamiche mondiali
Il periodo a cui mi riferisco è la crisi petrolifera – prevista da Marion King Hubbert nel 1956 – che colpì Europa e Stati Uniti nel 1973, a seguito della guerra del Kippur. In quegli anni, pur essendo il petrolio una commodity mondiale, aveva mercati frammentati e, in sostanza, ogni Paese attingeva al proprio mercato, tipicamente per contiguità economico-politica.
L’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, l’OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries), che già esisteva poiché fondata nel 1960, serviva i Paesi a essa aderenti e la guerra, in concomitanza con il picco produttivo degli Stati Uniti, generò la prima vera crisi che l’Occidente conobbe nel secondo dopoguerra, la prima battuta d’arresto dell’apparentemente inarrestabile boom economico che connotò il ventennio precedente.
La trama del film
I tre giorni del Condor è una pellicola del 1975, celebre sia per la regia – Sydney Pollack – sia per il protagonista, un giovane e aitante Robert Redford. Al solito non racconteremo qui la storia, la cui sinossi è facilmente rintracciabile online. Molto brevemente, però, possiamo dire che il protagonista, che lavora per la CIA, è vittima, insieme alla sua unità, di un attentato a cui sfugge per pura fortuna. L’unità in questione non è operativa ma “intellettuale”, basata cioè su individui che, sotto copertura, scandagliano fonti giornalistiche, bibliografiche e di altra natura su Paesi stranieri (supponiamo: potenzialmente nemici).
Dopo varie e rocambolesche vicissitudini, viene fuori in sostanza che un “ramo deviato” della CIA è l’artefice di questo attentato e lo è perché la CIA stessa trama per indurre una guerra in Medio Oriente legata alla questione petrolifera. L’unità intellettuale, per il tramite dello stesso Redford/Joseph Turner, nome in codice Condor, aveva redatto un rapporto indicando questa possibilità. Temendo quindi di venire scoperti, agenti “a contratto” della CIA, passano all’azione con l’attentato che mette in moto tutto il film.
Turner, che è un intellettuale, sa bene che la parola può essere più forte di ogni arma e decide di rivelare questo retroscena alla stampa, che nella pellicola è identificata, almeno come suggerimento, nel New York Times.
Folgoranti le battute finali del film. Condor/Redford incontra il vicedirettore della CIA di New York, Higgins:
C(ondor) – È in programma l’invasione del Medio Oriente?
H(iggins) – Ma che sei impazzito?
C – Sono io il pazzo?
H – Non abbiamo un piano…
C – Non avete un piano?
H – No, assolutamente no. Esperimenti. Noi sperimentiamo. Ecco tutto. Come un gioco. Noi ipotizziamo: che accadrebbe? Quanti uomini servono? Quanto tempo occorre? C’è un mezzo più economico per rovesciare un regime? In fondo siamo pagati per questo…
Condor ha, o finge di avere una pistola in tasca, per obbligare Higgins a seguirlo.
C – Cammina… e Atwood [eminenza grigia della CIA a capo dell’operazione di possibile guerra in Medio Oriente] quelle ipotesi le prendeva fin troppo sul serio, fino a scatenare una guerra, no?
H – Un’iniziativa arbitraria. La commissione non l’avrebbe mai autorizzato, soprattutto per la pressione che c’è intorno alla compagnia [la CIA].
C – Ma se la pressione non ci fosse stata? Se io non avessi disturbato i suoi piani? Io o qualcun altro…
H – Beh, cambia il gioco. In quel piano non c’era niente di sbagliato. Era ben fatto quel piano, avrebbe funzionato.
C – Ma che mentalità è questa vostra? Se non si scoprono le vostre magagne per voi è come se agiste rettamente!
H – No, il problema è economico. Oggi è il petrolio, vero? Tra 10 o 15 anni cibo, plutonio… e forse anche prima sai. Che cosa pensi che la popolazione pretenderà da noi allora…
C – Chiediglielo!
H – Non adesso, allora! Devi chiederglielo quando la roba manca, quando d’inverno si gela e il petrolio è finito! Chiediglielo quando le macchine si fermano! Quando milioni di persone che hanno avuto sempre tutto, cominciano ad aver fame! Ne vuoi sapere di più? La gente se ne frega che glielo chiediamo, vuole solo che provvediamo!
C – Bravo… campione d’altruismo!
Non andiamo oltre.
Le ultimissime battute – in cui Condor svela a Higgins di aver scritto tutto e di aver dato alla stampa il reportage – somigliano vagamente alla celeberrima fine di Deadline – U.S.A. (L’ultima minaccia, 1952), un film di Richard Brooks in cui Ed Hutcheson/Humphrey Bogart dal telefono della tipografia, a rotative avviate, decreta la fine dei loschi affari di un boss mafioso con un: «È la stampa, bellezza! E tu non puoi farci niente! Niente!».
La differenza però tra le due pellicole è che l’idealista Condor non tiene conto della tentacolare CIA e, mentre i due si allontanano in direzioni opposte, Higgins instilla il dubbio a Condor: «Ehi Ted! Sei sicuro che lo stampano?».
Dal film ai giorni nostri
Un film, come si accennava, figlio del suo tempo, tratto da una spy-story di James Grady del 1974, in cui i giorni del Condor sono in realtà sei. L’aspetto interessante della vicenda – che misura uno scarto e una sensibilità tra romanzo e pellicola – è il fatto che nel romanzo alla base dell’attentato ci sono, per dir così, motivi (narrativamente) più “banali”: un traffico di droga.
Invece gli sceneggiatori del film, Lorenzo Semple Jr. e David Rayfiel, adattano la storia a motivi molto sentiti in quel preciso frangente storico: la guerra del Kippur, guarda caso, aveva avuto luogo solo due anni prima. Motivi ricordati da diversi articoli “commemorativi” sulla stampa specialistica, come Il Sole 24 Ore che il 6 ottobre scorso, a pagina 10, ricordava la crisi che ebbe inizio esattamente cinquant’anni fa.
Una ricorrenza che non è passata tristemente inosservata neppure ai palestinesi di Hamas, che purtroppo in questi giorni hanno scatenato una vera e propria guerra – ne sentivamo la mancanza? – contro Israele.
Immagine di copertina: Israel Defense Forces – Wikimedia