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01 Dic 2022

Quando Isaac Asimov incontra Jay Forrester: il nostro futuro tra scienza e fantascienza

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Leggendo – o rileggendo – Il ciclo delle fondazioni di Isaac Asimov, notissimo autore di fantascienza e non solo, anche fermandoci alle prime pagine, non si può non pensare al genio.

 

Asimov e la fantascienza delle previsioni

Intanto veniamo, senza preamboli, trasposti in una galassia lontana ordini di grandezza nel tempo (la narrazione prende avvio nell’11.988 dell’Era Galattica e immaginiamo, senza averne conferma, che il conteggio parta dall’anno zero che noi stessi consideriamo…) e nello spazio (le dimensioni sono appunto galattiche: l’uomo, probabilmente per sfuggire alla penuria di risorse, compie un salto tecnologico che gli permette di conquistare molti pianeti, fino all’intera galassia appunto).
Senza timore di fare spoiler – questo romanzo, che in realtà dà avvio a una quadrilogia, gira per il mondo sin dagli anni ’50 del secolo scorso – sappiamo che nelle prime venti intense pagine Hari Seldon, fondatore di una disciplina chiamata psicostoria che si occupa di prevedere su basi matematiche ciò che potrà accadere, su quello che immaginiamo essere un complesso calcolo delle probabilità, è sottoposto a processo, insieme a un suo neo discepolo, Gaal Dornick, che quasi non fa in tempo ad arrivare su Trantor, il pianeta che potremmo definire la capitale dell’impero, che viene arrestato.
Motivo di tanto accanimento è la previsione funesta che Seldon, definito Cassandra non a caso, fa grazie alla sua disciplina: entro 500 anni l’impero non esisterà più, sarà completamente distrutto, a causa di disordini, eccesso di burocrazia, cupidigia delle classi al potere e soprattutto – udite, udite – esaurimento delle risorse. Già: il pianeta Trantor, abitato da 40 miliardi di esseri umani (non conosciamo le dimensioni del pianeta, ma sembrano comunque tantini anche per un pianeta grande…), dipende in tutto e per tutto da pianeti esterni che portano lì ogni tipo di mercanzia utile alla vita sul pianeta ed è quindi il primo ad essere minacciato.

 

Esaurimento delle risorse e verità scientifica

Seldon e il suo neo adepto Dornick vengono messi alla sbarra degli imputati per sospetto antipatriottismo: la previsione funesta, sostengono gli accusatori, potrebbe essere causa essa stessa del suo avverarsi, immaginando una sorta di catalizzazione, di accelerazione di un processo di distruzione dell’impero che a tutta prima – anche per gli inquisitori che nulla sanno di psicostoria – sembra avere una sua ineluttabilità.
Interessanti alcuni dialoghi del processo, che sembrano essere scritti oggi:

– L’ho detto e lo ripeto ora: Trantor sarà in completa rovina entro cinquecento anni.
– Non ritenete che questa vostra affermazione sia antipatriottica?
– No, signore. La verità scientifica sta al di là di qualsiasi considerazione patriottica.
– Siete sicuro che la vostra affermazione rappresenti una verità scientifica?
– Ne sono sicuro.
– In base a cosa lo affermate?
– In base ai principi matematici della psicostoria.
– Potete provare che questi principi sono validi?
– Solo a un matematico.
– (con un sorriso) Volete dire che la vostra verità è di natura così complessa che sfugge alla comprensione di un uomo normale? Mi sembra che la verità dovrebbe essere ben più chiara, meno misteriosa, accessibile a qualsiasi mente umana.
– Non presenta difficoltà per certe menti. La fisica del trasferimento d’energia, che noi conosciamo sotto il nome di termodinamica, è stata evidente e vera durante tutta la storia dell’uomo fino dall’età mitica, tuttavia esistono persone, qui presenti, che si troverebbero in difficoltà nel disegnare un motore elettrico. Anche persone di alta intelligenza. Per esempio dubito che i cosiddetti Commissari…1

 

Un cantico per Leibowitz e il pericolo nucleare

Insomma, parliamo del 1951, primo anno della pubblicazione originale. Scopo dell’organizzazione di Seldon, consapevole di non poter più agire per cambiare il corso della storia, la cui inerzia è proporzionale al numero di persone che ne sono protagoniste, è quello di conservare per quanto possibile il sapere umano, tramite la costituzione di una Enciclopedia Galattica. “Preoccupazione” questa che lo accomuna a un altro romanzo, Un cantico per Leibowitz, uscito solo qualche anno dopo (1959), il cui autore, meno famoso di Asimov, è Walter Miller.
La trama di quest’ultimo prende le mosse da un più sentito pericolo nucleare – che, per altro, sembra essere tornato abbastanza all’ordine del giorno – e parla di cicli di civiltà, il cui frammentato sapere viene salvato, un po’ come accadde in passato, dai religiosi degli ordini monastici. Consonanza forse neppure troppo curiosa, se si pensa allo spirito del tempo in cui questi romanzi sono stati pubblicati.

 

 

 

Il collasso delle società secondo Tainter

A entrambi va ascritto il merito di questa visione storica, prima di alcune teorizzazioni – di certo più recenti – celebri tra gli scienziati delle cosiddette hard sciences, come quella dell’antropologo Joseph Tainter, che nel 1988 pubblicò con la Cambridge University Press The Collapse of Complex Societies. Un testo, questo di Tainter, che produce una tassonomia ed esamina le spiegazioni, spesso incoerenti, che sono state offerte in letteratura per il collasso delle società. Secondo Tainter, mentre invasioni, fallimenti dei raccolti, malattie o degrado ambientale possono essere le cause apparenti della rovina, la causa ultima è di natura economica, insita nella struttura della società piuttosto che negli shock esterni che possono colpirla: la diminuzione dei rendimenti degli investimenti nella complessità sociale.
Tainter mette in campo statistiche moderne per dimostrare che i rendimenti marginali degli investimenti in energia (quello che in letteratura conosciamo come EROI, acronimo di Energy Return On Investment), istruzione e innovazione tecnologica sono oggi in diminuzione. Il mondo moderno e globalizzato è soggetto a molti degli stessi stress che hanno portato alla rovina le società più antiche (per saperne di più sugli EROI si veda questo articolo).

 

I limiti dello sviluppo per il sistema Terra

Se pensiamo che Asimov e Miller scrivono i loro romanzi ben prima di questa teorizzazione, non possiamo che rimanerne ammirati. Ma c’è di più. O forse di meglio. Chi segue un po’ più da presso queste vicende sa che non si può prescindere da un testo che quest’anno compie mezzo secolo dalla sua uscita, pubblicato praticamente in contemporanea in quasi tutto il mondo e in Italia da Mondadori, con il titolo I limiti dello sviluppo (nel 2018, per i 50 anni dell’organizzazione che commissionò lo studio, il Club di Roma, Lu::Ce edizioni ripropose il testo al grande pubblico con il titolo filologicamente corretto I limiti alla crescita, si veda questo articolo). Alla base del libro una domanda che il neocostituito Club di Roma pose ad alcuni giovani ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT): ma se continuiamo a prelevare risorse dal pianeta come stiamo facendo oggi (1970), con tassi di crescita della popolazione come quelli che abbiamo oggi (sempre 1970), cosa accadrà al “sistema Terra”, visto che non è possibile una crescita infinita su un pianeta dalle risorse finite ed esauribili?
Il quartetto di giovani che raccolse la sfida – di cui vale la pena ricordare i nomi: Donella H. Meadows, Dennis L. Meadows, Jørgen Randers e William W. Behrens III – era capeggiato da un ricercatore senior, Jay Forrester, un ingegnere esperto di servomeccanismi e dinamica delle retroazioni, che aveva applicato con successo in ambito industriale2. In fin dei conti, per quanto complicatissime e l’una legata all’altra, le grandezze da misurare per capire come sarebbe andato il mondo – una sorta di psicostoria, ma non fantascientifica, ahinoi! – nella loro essenza non erano che retroazioni di sistemi che agivano l’uno sull’altro.
Il resto è storia: il primo rapporto al Club di Roma uscì destando scalpore nella comunità scientifica che si spaccò tra entusiasti (che lo consideravano il report che mancava) e “negazionisti” (secondo cui gli autori avrebbero fatto meglio a dedicarsi ad altro). Nel frattempo, però, divennero famosi e accadde, come riportato nel bell’articolo di Leonard A. Malczynski e David C. Lane, Sublime reason: when Isaac Asimov met Jay Forrester, comparso sulla rivista System Dynamics Review, che Isaac Asimov incontrò, nel 1975, Jay Forrester a un seminario.

 

Come pensare al futuro?

Come recita l’abstract dell’articolo: «Emerge di sfuggita un possibile legame tra il pensiero di Asimov e il lavoro di Forrester sulla “dinamica del mondo”. La cosa più importante, tuttavia, è che l’incontro vide i due scambiarsi idee su come pensare al futuro, su come realizzare un futuro desiderabile e su come dovrebbe essere questo futuro desiderabile». Una discussione a cui molti di noi avrebbero voluto senz’altro assistere.

 

1 Isaac Asimov, Il ciclo delle fondazioni, Mondadori, Milano, 1995, p. 21.

2  Forrester pubblicò nel 1961 la prima edizione di Industrial Dynamics che fu un vero e proprio long seller, visto che l’ultima edizione risale al 2016.

Luciano Celi
Luciano Celi
Luciano Celi ha conseguito una laurea in Filosofia della Scienza, un master in giornalismo scientifico presso la SISSA di Trieste e un secondo master di I livello in tecnologie internet. Prima di vincere il concorso all'Istituto per i Processi Chimico-Fisici al CNR di Pisa, ha fondato con Daniele Gouthier una piccola casa editrice di divulgazione scientifica. Nel quinquennio 2012-2016 ha coordinato il comitato «Areaperta» (http://www.areaperta.pi.cnr.it), che si occupa delle iniziative di divulgazione scientifica per l'Area della Ricerca di Pisa ed è autore, insieme ad Anna Vaccarelli, della trasmissione radio «Aula 40» (http://radioaula40.cnr.it/). Nel giugno 2019 ha discusso la tesi di dottorato in Ingegneria Energetica.
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