La somministrazione dei vaccini contro il Covid-19 è già iniziata in alcuni Paesi; altri, tra cui l’Italia, stanno organizzando una campagna vaccinale che avverrà su larga scala nei prossimi mesi. La principale domanda che ciascuno di noi si pone in questo momento è quindi: il vaccino contro il Covid-19 è davvero sicuro?
Parte dell’incertezza che molti hanno è dovuta ai tempi rapidissimi e senza precedenti con cui gli scienziati di tutto il mondo hanno dovuto scontrarsi per far fronte alla pandemia in corso, cercando dei vaccini sicuri e allo stesso tempo efficaci. Come hanno fatto?
La chiave è nello sviluppo di una nuova tipologia di vaccini, mai usata finora, i vaccini a mRNA. Appartengono a questa tipologia il vaccino sviluppato da Pfizer/BioNTech e quello di Moderna.
Come funzionano i vaccini a mRNA?
La maggior parte dei vaccini antinfluenzali, così come altri vaccini (ad esempio quello per la poliomielite), usa virus inattivati per scatenare la reazione del sistema immunitario della persona a cui viene somministrato. In altri vaccini, come quello per l’epatite B, viene iniettata una proteina (un antigene) dell’organismo che causa la malattia, così da provocare la risposta immunitaria desiderata. I vaccini a mRNA si basano invece sull’idea di indurre il nostro stesso corpo a creare l’antigene necessario a stimolare la risposta del sistema immunitario.
Il professore di Immunologia Michel Goldman, direttore dell’Institute for Interdisciplinary Innovation in Healthcare (I3h) di Bruxelles, mette in evidenza i 5 aspetti fondamentali che è bene sapere sui vaccini a mRNA.
1. La tecnologia a mRNA non è completamente nuova
Benché sia un processo relativamente nuovo e il vaccino della Pfizer/BioNTech sia il primo di questo tipo ad aver superato tutte le fasi della sperimentazione, la tecnologia a mRNA è studiata e sperimentata da circa una decina d’anni. E sarà probabilmente fondamentale per il futuro della medicina.
2. I vaccini a mRNA non alterano il DNA
Sui social Roberto Burioni ha scritto, con una frase provocatoria, che «dire che un vaccino a mRna può modificare il nostro Dna, è come dire che un dado da brodo contenuto nel frigo può trasformarsi in mucca, uscire e sporcarci la cucina».
Di certo, conferma Michel Goldman che l’idea che il vaccino possa modificare il nostro DNA è completamente falsa e non ha basi scientifiche. Inoltre, quando l’mRNA iniettato entra in una cellula del corpo umano, si degrada velocemente e resta nell’organismo per appena un paio di giorni. Questo è il motivo per cui è necessaria una dose di richiamo per sviluppare la risposta ideale.
3. I vaccini a mRNA sono molto specifici
Il virus SARS-CoV-2 ha una struttura complessa e parti diverse del virus danno luogo a una risposta immunitaria che produce anticorpi diversi. Una persona non vaccinata che contrae il nuovo Coronavirus produce in genere anticorpi che impediscono al virus di entrare nelle cellule, ma in alcuni casi potrebbe anche produrre anticorpi che non hanno questo effetto o che addirittura potrebbero favorire la diffusione del virus nell’organismo. I vaccini a mRNA sono sviluppati invece per indurre solo la risposta specifica del sistema immunitario alla proteina spike del virus, quella che gli consente l’ingresso nelle cellule.
4. Le varie fasi del processo di approvazione sono state rispettate
Occorrono diversi passaggi prima che un vaccino arrivi alla diffusione e commercializzazione: dopo le prime fasi, ci sono trial su animali e ben tre fasi di trial sugli esseri umani. Anche nel caso dei vaccini per il Covid-19 di cui sentiamo parlare in questi giorni, le fasi sono state tutte portate a termine con successo, non ci sono state “scorciatoie” per velocizzare i tempi a scapito della sicurezza. Ad esempio, la fase 3 del vaccino Pfizer/BioNTech ha coinvolto più di 40 000 persone.
5. Il vaccino provoca una risposta infiammatoria
Il vaccino a mRNA induce una locale infiammazione che innesca la reazione del sistema immunitario. Questo significa che è perfettamente normale che qualcuno provi dolore nel punto dell’iniezione o possa avere febbre o altri lievi sintomi per uno o due giorni dopo la somministrazione del vaccino: secondo Michel Goldman, non c’è da preoccuparsi, è una reazione comune e spesso non sufficientemente sottolineata dai media.
Molti infatti sono preoccupati per i possibili effetti collaterali del vaccino, ma, ribadisce Goldman, «il pericolo più grande al momento sarebbe non vaccinarsi».