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08 Ago 2014

Ebola, il virus letale

Tiziana Melillo

Tiziana Melillo
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In queste ore, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato il virus Ebola “emergenza internazionale”. L’epidemia in corso in Africa occidentale è ritenuta la peggiore negli ultimi quarant’anni. Ma cosa sappiamo di questo terribile virus e come possiamo sperare di sconfiggerlo?

In questi giorni, l’attenzione mondiale si è concentrata sull’epidemia in corso di febbri emorragiche causate dal virus Ebola che si sta verificando in Nigeria, Guinea, Sierra Leone e Liberia. Il virus Ebola, insieme al Marburg, appartiene alla famiglia Filoviridae (tecnicamente caratterizzati come “virus a RNA a polarità negativa poleomorfi e rivestiti”). Sono state finora identificate cinque sottospecie di questo virus, delle quali quattro patogene per l’uomo (Zaire, Sudan,Taï Forest e Bundibugyo) e una solo per i primati (Reston). Le infezioni da Filoviridae sono zoonosi, ossia malattie infettive che possono essere trasmesse dagli animali all’uomo, e si sospetta che il serbatoio animale sia rappresentato da alcune specie di pipistrelli.

 

Come agisce il virus

L’infezione virale scatena una reazione immunitaria eccessiva, che finisce per costituire essa stessa la causa della malattia. Una volta nell’ospite, il virus infetta macrofagi, cellule spesso considerate gli ‘spazzini’ del corpo umano, e monociti, un tipo di globuli bianchi, e stimola il rilascio di citochine proinfiammatorie, come l’interleuchina 6, che contribuiscono alla proliferazione di alcune cellule coinvolte nei processi infiammatori e immunitari dell’organismo. Queste molecole promuovono vari fenomeni correlati alle manifestazioni emorragiche, come l’aumento di permeabilità del rivestimento dei vasi sanguigni. Contemporaneamente, le proteine virali VP35 e VP24 inibiscono l’azione del ‘sistema Interferon’ (IFN), un insieme di proteine secrete dalle cellule infette da virus che induce nelle cellule adiacenti una resistenza all’infezione virale.

 

Non esiste terapia

Nonostante l’elevata mortalità di queste infezioni, non esiste una terapia specifica per le febbri emorragiche da filovirus: il trattamento è solo sintomatico e accompagnato a una terapia antibiotica ad ampio spettro per evitare sovrainfezioni batteriche. Sono in atto numerosi studi su vaccini sviluppati in modelli animali come topi, porcellini d’India, criceti e primati non umani. Almeno cinque diversi vaccini, basati sulle tecnologie del DNA ricombinante, si sono dimostrati in grado di proteggere i primati non umani (il modello animale più simile all’uomo): in particolare, i virus della stomatite vescicolare ricombinanti (rVSV) sono stati efficaci in tutti i modelli animali e potrebbero potenzialmente prevenire l’infezione letale, effettuando sia la vaccinazione che il trattamento post-esposizione.

Purtroppo, anche forse a causa di una scarsa attenzione del mondo Occidentale verso problemi di paesi poveri e molto lontani e di una scarsa visione del pericolo di diffusione di epidemie su scala mondiale, al momento dell’attuale epidemia non esistono ancora vaccini autorizzati, poiché la sperimentazione è ancora in una fase iniziale non essendo stati effettuati i trial clinici sull’uomo.
LInk utili per informazioni ufficiali: Febbre emorragica Ebola, Filoviridae, pagina sull’Ebola dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Tiziana Melillo
Tiziana Melillo
Laureata in Scienze Biologiche e specialista in Microbiologia e Virologia, ha inoltre conseguito un master in "Nutrizione personalizzata: basi molecolari e genetiche". Attualmente lavora come microbiologa nel Laboratorio Analisi dell'Ospedale Fatebenefratelli di Roma e insegna Microbiologia Clinica presso l'Università di Tor Vergata. Esercita anche attività privata di nutrizionista.
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