Il gatto domestico è tra i più comuni co-abitanti delle nostre case. Le prime tracce di convivenza tra gatti e uomini risalgono a 9500 anni fa, poco dopo la costituzione delle prime comunità di agricoltori. Ma quali segni hanno lasciato quasi diecimila anni di addomesticamento sul genoma dei felini? Uno studio sulla rivista PNAS inizia a identificare e decifrare queste impronte, che potranno indicarci i percorsi evolutivi della coabitazione tra uomini e specie animali… e non solo!
Il gatto domestico è tra i più comuni co-abitanti delle nostre case. Le prime tracce di convivenza tra gatti e uomini risalgono a 9500 anni fa, poco dopo la costituzione delle prime comunità di agricoltori. Ma quali segni hanno lasciato quasi diecimila anni di addomesticamento sul genoma dei felini? Uno studio sulla rivista PNAS inizia a identificare e decifrare queste impronte, che potranno indicarci i percorsi evolutivi della coabitazione tra uomini e specie animali… e non solo!
Geni felini
I ricercatori si sono basati su dati di sequenziamento completo del genoma del gatto domestico per compararlo dapprima con i genomi di tigri, cani, mucche e uomini ed evidenziare tratti tipici dell’evoluzione dei carnivori rispetto ad altri mammiferi. Nel raggruppamento di geni che caratterizza i felini ritroviamo tratti noti di questi animali: infatti alcuni geni si sono evoluti per aumentare le capacità uditive, importanti per identificare le prede, altri positivamente selezionati contribuiscono all’olfatto sviluppato e alla vista acuta, anche questa decisiva per la caccia, soprattutto crepuscolare e notturna. Infine un arricchimento nei geni correlati al metabolismo dei lipidi rappresenta probabilmente il segno dell’adattamento a una dieta ipercarnivora, tipica dei felini (anche rispetto ad altri carnivori). Questi geni però caratterizzerebbero senz’altro anche il Dna dei gatti selvatici: quali sono invece i segni della lunga integrazione del gatto nelle nostre comunità? L’analisi comparativa del genoma del gatto domestico e del gatto selvatico punta l’attenzione su 13 geni: questa volta molti sono geni che possono influenzare il comportamento e la risposta a stimoli di gratificazione, in particolare le reazioni alla paura e alla capacità di memorizzare, soprattutto in relazione a comportamenti associati a ricompense in cibo.
Siamo tutti addomesticati?
Oltre a questi, altri cinque geni positivamente selezionati dal gatto domestico rispetto al selvatico sono legati allo sviluppo della cresta neurale: questo supporta la tesi più generale della sindrome da addomesticamento secondo cui i tratti morfologici e fisiologici associati all’addomesticamento sono dovuti a lievi difetti della cresta neurale durante lo sviluppo embrionale. Questo spiegherebbe alcune caratteristiche comuni che compaiono nelle specie addomesticate, quali cambiamenti nella pigmentazione e una riduzione del cervello (effetti già notati da Darwin nel 1800). Non sfugge l’uomo a questo processo: mostriamo anche noi molti dei tratti tipici che compaiono con l’addomesticamento di altri mammiferi. E’ stato proposto quindi che l’uomo sia andato incontro nell’evoluzione a un percorso di auto-addomesticamento, necessario per vivere a stretto contatto, fidarsi degli altri e costruire un tessuto sociale complesso. Già Darwin nel 1871 scrisse che “l’uomo per molti versi può essere considerato come se fosse stato a lungo addomesticato”. Ecco perché i geni domestici del nostro gatto potranno insegnarci qualcosa anche sulla nostra evoluzione.
