Oggi ci si interroga molto sui vaccini anti Covid-19: sono un pericolo, un’opportunità o una salvezza? Mentre la scienza ci rassicura sulla loro sicurezza, la storia ci può aiutare a vedere quale sia stato l’impatto dei vaccini nel garantire la nostra salute e migliorare le nostre aspettative di vita.
Come funzionano i vaccini?
I vaccini agiscono utilizzando i meccanismi di difesa naturali: simulando il primo contatto con un virus o un batterio stimolano le cellule del sistema immunitario ad attivarsi contro di esso. In caso di nuovo contatto con l’agente patogeno, le nostre difese immunitarie lo neutralizzano.
I vaccini in genere sono costituiti da una piccola quantità di virus o batteri “attenuati”, ossia vivi ma modificati in modo da non essere più attivi o aggressivi, oppure “inattivati” e non più in grado di causare malattia ma capaci di stimolare una risposta immunitaria.
Il vaccino contro la poliomielite
Emblematico il caso dei vaccini contro la poliomielite: negli anni ’50-’60 ne furono realizzati due, basati rispettivamente su una dose di poliovirus inattivato da iniettare (vaccino messo a punto da Jonas Salk), e su poliovirus vivi attenuati (orale sviluppato da Albert Sabin). Grazie alla rivoluzione messa in atto dalla biologia molecolare, si sono prodotti vaccini sempre più sicuri e con effetti collaterali minori, perché realizzati utilizzando non più i germi ma solo alcune loro molecole.
Come è nato il “vaccino”?
I primi a utilizzare la variolazione per proteggersi dal terribile vaiolo furono gli abitanti della Cina: per proteggere i membri della famiglia imperiale, i medici al servizio della dinastia Sung3 facevano aspirare loro croste secche di pustole del vaiolo di persone malate. Nel XVII secolo la variolizzazione si diffuse verso l’Occidente. Il salto di qualità che rese la vaccinazione una pratica sicura avvenne alla fine del Settecento, grazie a Edward Jenner.
In un paese di campagna vicino a Bristol, osservò che le mungitrici a contatto con le pustole di mucche affette dal vaiolo vaccino erano immuni dalla forma umana di questa malattia. Jenner inoculò, tramite il fluido prelevato dalle pustole di una mucca malata, il vaiolo vaccino in un bimbo di 8 anni. Mise più volte in contatto con il vaiolo umano il bambino, che ne rimase immune. Così, Jenner diede valore scientifico alla tesi che l’infezione con la forma vaccina della malattia conferisse immunità al vaiolo umano.
Di qui l’origine del nome «vaccino»: letteralmente, «delle mucche».
In Italia, le vaccinazioni furono introdotte verso la fine dell’Ottocento sulla spinta delle esperienze acquisite in Europa. La prima vaccinazione introdotta fu quella antivaiolosa.
Vaiolo, tetano, epatite e tanto altro
I vaccini sono lo strumento di prevenzione più efficace nei confronti di malattie gravi e a volte mortali, e sono l’intervento medico che, più di tutti, ha cambiato la salute dell’uomo. Hanno permesso di sconfiggere malattie devastanti, causa di disastrose epidemie e innumerevoli morti fino al secolo scorso.
Un pericolo da non sottovalutare
Prima del vaccino, il vaiolo nella sola Europa mieteva 700 000 vite l’anno. I vaccini sono uno strumento di prevenzione utile non solo per il singolo, ma per tutta la comunità (immunità di gregge). La storia delle vaccinazioni ci insegna l’importanza di una buona organizzazione sanitaria, nata anche grazie all’intento di estendere alla popolazione l’offerta vaccinale.
In Italia, le coperture vaccinali contro poliomielite, tetano, difterite, epatite B e pertosse che fino al 2013 superavano il 95%, negli ultimi anni sono scese al di sotto di questa soglia, in forma più accentuata per morbillo-parotite-rosolia. La riduzione delle coperture vaccinali potrebbe portare alla creazione di sacche di persone suscettibili a causa della perdita dell’immunità di gregge.