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09 Lug 2020

L’esercizio fisico migliora la memoria e l’umore: ecco perché!

Agnese Mariotti

Agnese Mariotti
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Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 28% della popolazione adulta globale non pratica abbastanza attività fisica; in Italia, questa percentuale raggiunge il 41%. Le linee guida dell’OMS suggeriscono di fare almeno due ore e mezza di esercizio fisico aerobico a settimana, che può semplicemente consistere nel camminare a passo sostenuto.

Sappiamo tutti che l’esercizio fisico aiuta a mantenerci in buona salute perché sostiene le funzioni cardiovascolare e respiratoria, preserva il tono muscolare e la flessibilità delle articolazioni, regola l’attività di tutti gli organi del nostro corpo. Se non pratichiamo abbastanza attività fisica, la nostra vita si accorcia in media di 3–5 anni.
Chi pratica esercizio fisico con continuità sa anche che difficilmente riuscirebbe a farne a meno perché quell’oretta di sport fa stare meglio, aiuta a rilassarsi e solleva lo spirito. Dopo una corsa, seppur faticosa, si è felici. Il miglioramento dell’umore e il senso di soddisfazione sono fra le motivazioni principali che spingono a praticare attività fisica con regolarità.
Ma come si spiega questo effetto? Perché muoversi per un certo tempo e con una certa intensità rende felici?
Se da una parte questo è dovuto a meccanismi psicologici perché l’esercizio fisico aiuta a distrarsi dalle preoccupazioni e, una volta terminato, fa sentire soddisfatti di sé, anche solo per essere riusciti a resistere alla fatica, dall’altra è dovuto a un’azione diretta dei muscoli sul cervello. In altre parole, come il cervello invia impulsi ai muscoli facendoli contrarre, così questi rispondono modulando l’attività del cervello. Esiste, cioè, un asse di comunicazione bidirezionale tra muscoli e cervello.

 

Attività fisica, funzioni cognitive e memoria

Vari studi scientifici recenti hanno dimostrato che la contrazione muscolare durante l’esercizio fisico stimola il rilascio di una serie di molecole che influenzano non solo l’umore ma anche altri aspetti dell’attività cerebrale. In particolare, l’esercizio fisico regolare migliora le capacità esecutive (cioè la capacità di valutazione, pianificazione, ragionamento e apprendimento) e la memoria.
Per esempio, una ricerca ha riportato un miglioramento delle funzioni cognitive in un gruppo di persone di età superiore ai 55 anni dopo un anno di esercizio fisico consistente semplicemente nel camminare per 40 minuti tre volte a settimana a media/bassa intensità.

 

Meglio attività fisica aerobica o anaerobica?

Un altro studio ha preso in esame un gruppo di persone oltre i 55 anni di età con lievi sintomi di demenza senile riconducibili al morbo di Alzheimer, sottoponendole a due programmi distinti di attività fisica. Alcuni partecipanti hanno svolto per 6 mesi esercizio fisico aerobico, mentre gli altri hanno eseguito per lo stesso periodo esercizi di stretching e irrobustimento muscolare. Al termine del programma, i ricercatori hanno riscontrato che le persone che avevano praticato attività fisica aerobica presentavano non solo un miglioramento delle funzioni cardiorespiratorie ma anche un miglioramento della memoria. Inoltre, quest’ultimo era associato a un aumento di volume dell’ippocampo, quella struttura del cervello sede, appunto, dei processi mnemonici, che spesso si atrofizza con l’avanzare degli anni e lo svilupparsi del morbo di Alzheimer.

 

Miochine e fattori di crescita

Ma quali sono i meccanismi biochimici alla base di questi effetti?
È ormai appurato che i muscoli sono dei veri e propri organi secretori che rilasciano molecole, dette miochine, durante la contrazione.
Alcune miochine, entrate in circolo, stimolano la produzione nel cervello di un fattore di crescita chiamato BDNF (brain-derived neurotrophic factor, cioè fattore neurotrofico derivato dal cervello). Il BDNF protegge i neuroni cerebrali, ne stimola la divisione nell’ippocampo e favorisce la formazione di connessioni (sinapsi) tra di essi e quindi la trasmissione nervosa. Il risultato è il mantenimento strutturale dell’ippocampo – che ne contrasta l’atrofia — e una sua più estesa connettività alla corteccia frontale, con conseguente miglioramento della memoria e delle funzioni cognitive.

 

L’attività fisica migliora l’umore

Per quanto riguarda gli effetti sull’umore, è provato che l’esercizio fisico aerobico regolare modula la secrezione di vari mediatori chimici che svolgono un’azione rilassante e migliorano lo stato d’animo. Tra questi vi sono oppioidi (per esempio beta-endorfina) e cannabinoidi endogeni, serotonina e dopamina. Oppioidi e cannabinoidi endogeni agiscono in varie zone della corteccia cerebrale e del sistema limbico (un insieme di strutture all’interno del cervello, comprendenti anche l’ippocampo, che integrano le emozioni e regolano il comportamento), producono analgesia, hanno effetto ansiolitico e, insieme alla serotonina, contribuiscono a migliorare l’umore. Questi neurotrasmettitori sono probabilmente implicati anche nel cosiddetto “runner’s high”, traducibile come “euforia del corridore”, quella sensazione di esaltazione mentale e psichica e di benessere spesso descritta da chi pratica la corsa di lunga distanza.
La dopamina, invece, agisce su altri centri cerebrali aumentando la motivazione, suscitando gratificazione e spingendo quindi a praticare attività fisica con continuità. Si pensa che la produzione eccessiva di dopamina sia alla base della “dipendenza dall’esercizio fisico”, che porta a svolgere attività fisica in modo esagerato causando indebolimento dell’organismo e deperimento dello stato di salute.

 

La terapia del movimento

In definitiva, la pratica regolare dell’esercizio fisico protegge e migliora la salute e la funzionalità del cervello: favorisce le funzioni cognitive e la memoria, contrasta la depressione, aiuta a gestire l’ansia e lo stress e migliora l’umore.
I suoi effetti sono a lungo termine, il che significa che se praticato regolarmente nel corso della vita, anche a partire dalla mezza età, continueranno a manifestarsi negli anni della vecchiaia. Nella nostra società in cui il numero di anziani è in costante aumento, l’esercizio fisico assume allora un valore ancora maggiore, come mezzo per opporsi a quei processi degenerativi tipici della demenza senile, del morbo di Alzheimer, del Parkinson. Infatti, si sta sempre più affermando l’idea di introdurlo sistematicamente in programmi terapeutici per combattere la perdita di memoria e il decadimento cognitivo nella vecchiaia e preservare la salute mentale: una vera e propria terapia del movimento che può davvero risparmiarci di ingurgitare qualche pasticca, sostenendo efficacemente il nostro benessere psicofisico.

 

Riferimenti

Plasticity of brain networks in a randomized intervention trial of exercise training in older adults, Frontiers in Aging Neuroscience, 2, 2010.

Aerobic exercise for Alzheimer’s disease: A randomized controlled pilot trial, PLoS One, 12(2): e0170547, 2017.

Agnese Mariotti
Agnese Mariotti
Agnese Mariotti è docente di Biologia Umana e di Genetica alla Webster University di Ginevra. Ha svolto ricerca biomedica per diversi anni in Italia, Stati Uniti e Svizzera e ha pubblicato vari studi scientifici. È particolarmente interessata alle interazioni tra corpo e mente e ai meccanismi biochimici alla base del benessere psicofisico. Si occupa di divulgazione scientifica ed è autrice di numerosi articoli e di due libri sulle basi biologiche e sulla gestione dello stress.
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