La diffusione di batteri multiresistenti continua a destare una forte preoccupazione. In questi primi mesi del 2015 sono stati completati dall’Istituto Superiore di Sanità i report sul consumo dei farmaci e sul tipo di germi multiresistenti circolanti nei nostri ospedali e in comunità e da questi è emerso che la situazione in Italia è peggiore rispetto alle medie europee soprattutto per quanto riguarda i germi gram-negativi, come la famigerata Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi.
La diffusione di batteri multiresistenti continua a destare una forte preoccupazione. In questi primi mesi del 2015 sono stati completati dall’Istituto Superiore di Sanità i report sul consumo dei farmaci e sul tipo di germi multiresistenti circolanti nei nostri ospedali e in comunità e da questi è emerso che la situazione in Italia è peggiore rispetto alle medie europee soprattutto per quanto riguarda i germi gram-negativi, come la famigerata Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi.
Abbiamo già parlato dei motivi per i quali ci troviamo in questa situazione drammatica (anche se ci sarebbe ancora molto da dire…) e ci sarebbe molto da dire anche riguardo le misure di contenimento di questo fenomeno che in alcuni paesi (come il nostro!) vengono applicate con fatica e in modo ancora inefficace. Ora però preferisco parlare di un gruppo costituito da ricercatori americani ed europei che ha messo a punto un sistema di coltivazione di batteri del suolo, non coltivabili con le tecniche tradizionali, allo scopo di reperire nuovi composti naturali ad azione antibiotica a partire proprio dai suddetti batteri.
Un nuovo antibiotico
Lo studio è stato pubblicato su Nature a gennaio. Grazie a questo metodo di coltivazione è stato scoperto un nuovo antibiotico chiamato teixobactina, prodotto da un microrganismo ambientale e risultato molto attivo sui gram-positivi, inclusi i ceppi multiresistenti, ma non attivo sui gram-negativi. Il farmaco sarà messo in commercio nel 2018.
I ricercatori hanno paragonato l’efficacia della teixobactina a quella della vancomicina, farmaco di emergenza per il trattamento di infezioni da Staphylococcus aureus multiresistente e dallo studio è emersa una maggiore efficacia del nuovo antibiotico contro questi ceppi batterici rispetto alla vancomicina. Inoltre, effettuando alcuni esperimenti allo scopo di indurre resistenza nei ceppi batterici in esame, non sono riusciti a ottenere mutanti di S. aureus né di Mycobacterium tuberculosis resistenti a questo farmaco.
Questa ricerca quindi, oltre all’introduzione di un nuovo farmaco, apre la possibilità di scoprirne ancora altri a partire da un ambiente ricco di batteri come il suolo, e inoltre di reperirne alcuni ai quali difficilmente i germi possono sviluppare resistenza.