Il 13 novembre Brian Madeaux, affetto da sindrome di Hunter, è stato sottoposto nell’UCSF – University of Californa San Francisco – Benioff Children’s Hospital di Oakland, al primo intervento di “in vivo gene editing” per modificare in maniera permanente il genoma delle sue cellule a scopo terapeutico.
Il 13 novembre Brian Madeaux, affetto da sindrome di Hunter, è stato sottoposto nell’UCSF – University of Californa San Francisco – Benioff Children’s Hospital di Oakland, al primo intervento di “in vivo gene editing” per modificare in maniera permanente il genoma delle sue cellule a scopo terapeutico.
Il caso
Quella di Hunter è una sindrome metabolica rara, legata al cromosoma X, causata dalla carenza o non funzionalità di un enzima necessario a scindere molecole di zuccheri complessi, chiamati glicosamminoglicani. L’accumulo e aggregazione di tali molecole sono all’origine di manifestazioni tipiche della malattia, quali anomalie morfologiche del viso, disturbi cardiorespiratori, problemi cognitivi e motori. L’aspettativa di vita per i pazienti affetti dalla sindrome è estremamente ridotta. La strategia terapeutica utilizzata su Brian Madeaux è quella di fare arrivare nelle cellule del fegato del paziente il gene funzionale per l’enzima, insieme alle “forbici molecolari” necessarie per inserirlo in maniera specifica e permanente nel genoma cellulare.
Le forbici molecolari che modificano il nostro genoma
Queste forbici molecolari si chiamano zinc finger nucleasi e sono in grado di tagliare il genoma in posizioni specifiche che possono essere determinate a priori. In questo caso si è scelto come sito di inserimento nel genoma il gene per l’albumina, già validato in cellule di fegato per una produzione buona e stabile nel tempo della nuova proteina. Poter selezionare – grazie alle zinc finger nucleasi – il sito di inserimento è un grande vantaggio rispetto ad altri approcci, perché elimina i rischi connessi all’inserimento dei geni esogeni in posizioni casuali del genoma. Vi è un’altra grande differenza rispetto agli approcci di editing provati in passato, infatti non sono state reintrodotte nel paziente cellule sottoposte a editing ma il processo sta avvenendo all’interno dell’individuo stesso, affetto dalla patologia.
La sfida terapeutica
Brian Madeaux ha deciso di affrontare i possibili rischi di questa nuova strategia terapeutica, sperando che questo, in futuro, sia di aiuto per sè e per altri malati. Tra un mese potrebbero manifestarsi i primi possibili segni di miglioramento mentre, per avere risposte più sicure, bisognerà aspettarne tre. Studi allargati a un gruppo più ampio di pazienti permetteranno di valutare non solo la risposta terapeutica ma anche i possibili effetti collaterali. Se i risultati saranno positivi, avremo fatto un grande passo avanti nel campo delle terapie innovative, aprendo speranze per questa ma anche altre sindromi importanti.
