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27 Apr 2021

Vaccini anti Covid-19 e trombosi: alcune domande cruciali

Giovanni Di Guardo

Giovanni Di Guardo
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Dopo aver riconosciuto l’esistenza di un più che probabile nesso causale tra la somministrazione del vaccino anti Covid-19 prodotto dalla multinazionale anglo-svedese AstraZeneca e, più recentemente, anche di quello messo a punto dalla statunitense Johnson & Johnson e l’insorgenza di pur assai rari incidenti trombotici (1 caso ogni 150-200.000 vaccinati, con esito infausto riportato in circa 1.000.000-1.500.000 di soggetti vaccinati, soprattutto di sesso femminile e di età inferiore ai 50 anni), l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha ufficialmente riammesso entrambi i presidi immunizzanti: possono essere impiegati nell’intero territorio dell’Unione Europea nell’ambito della campagna di vaccinazione di massa nei confronti di SARS-CoV-2, il temibile beta-coronavirus responsabile della Covid-19.

 

Vaccini: il rapporto rischi-benefici

Il pronunciamento dell’EMA si è fondamentalmente basato sulla cosiddetta analisi dei rischi-benefici, dalla quale è emerso, in maniera incontrovertibile, che i benefici conferiti dall’immunizzazione di massa nei confronti della Covid-19 mediante l’utilizzo dei due vaccini in questione sarebbero enormemente superiori ai rischi.
È bene ricordare, infatti, che il numero dei casi d’infezione da SARS-CoV-2 a oggi accertati nel mondo è ormai prossimo ai 150 milioni, 3 dei quali con esito fatale (120.000 morti nella sola Italia, un bilancio superiore alle vittime prodotte dalla Seconda guerra mondiale!).
E, cosa non meno importante, il “rischio zero” non esiste, è mera utopia!
Secondo un recente articolo pubblicato sul prestigioso “New England Journal of Medicine”, le pur assai rare affezioni trombotiche osservate in alcuni (pochissimi) pazienti, sarebbero ascrivibili a una trombosi del seno cavernoso (un seno venoso cerebrale) e, ancor meno frequentemente, a una trombosi della vena splancnica, nonché a trombo-embolia polmonare e/o alla cosiddetta coagulazione intravasale disseminata (CID). Sul piano patogenetico, queste condizioni avrebbero una genesi auto-immunitaria, con la produzione, da parte dei pazienti interessati, di auto-anticorpi nei confronti di un complesso antigenico (auto-antigene) noto come “fattore piastrinico 4-eparina”, con conseguente attivazione piastrinica, cui farebbe seguito una “piastrinopenia”.
È interessante notare, in proposito, che la CID si rileva, con notevole frequenza e in associazione a un “distress respiratorio acuto”, oltre che a una “tempesta citochinica”, nei casi più gravi di Covid-19, che tendono notoriamente a colpire, a differenza delle rarissime forme associate alla vaccinazione, gli individui ultra-ottantenni e di sesso maschile, con particolare riferimento a quelli già gravati da una serie di altre comorbidità.

 

Vaccini e trombosi: alcuni aspetti da indagare

 

In una mia “Lettera all’Editore” appena pubblicata sulla prestigiosa rivista “Science” vengono esplicitati alcuni fondamentali quesiti in merito alla patogenesi e all’epidemiologia delle pur rarissime evenienze trombotiche riscontrate in pazienti (soprattutto di sesso femminile e di età compresa fra i 20 e i 50 anni) immunizzati con i vaccini di AstraZeneca e di Johnson & Johnson.
Più in particolare, sarebbero necessari approfonditi studi finalizzati a chiarire i seguenti aspetti:

 

1) Qual è il motivo o quali sono i motivi per cui i succitati fenomeni trombotici si verificano soprattutto negli individui di sesso femminile e di età inferiore ai 50 anni?
2) Essendo i due vaccini in oggetto basati sulla tecnologia del “vettore virale”, analogamente a quanto accade per il vaccino russo “Sputnik V”  e a differenza degli altri due vaccini anti Covid-19 prodotti dalla Pfizer-BioNTech e da Moderna, che si avvalgono entrambi della tecnologia dell’RNA messaggero, quale sarebbe il ruolo eventualmente esplicato dall’adenovirus che funge da “vettore virale” (assolutamente innocuo per la nostra specie, fra l’altro) nella genesi della condizione “auto-immunitaria” che sarebbe alla base dell’insorgenza delle affezioni trombotiche in parola?
3) Quale sarebbe, inoltre, il contributo eventualmente esercitato dalla proteina spike (S) del virus – il più importante e il più immunogenico antigene di SARS-CoV-2, grazie al quale il virus sarebbe in grado di penetrare all’interno delle nostre cellule – nella genesi delle suddette affezioni trombotiche post-vaccinali?

 

Si tratta di domande cruciali (che non sono le sole “sul tappeto”, ovviamente), alle quali la ricerca è chiamata a fornire una serie di risposte.

 

Il rischio zero non esiste

 

Ciononostante, è bene sottolinearlo, i benefìci della vaccinazione anti-CoViD-19 (così come di qualsivoglia altra vaccinazione, nessuna esclusa!) sono enormemente superiori ai rischi, indipendentemente dal tipo di vaccino utilizzato: in pratica “non c’è gara”!
Inoltre, è bene rimarcare anche questo: il “rischio zero” non esiste!
Repetita iuvant!

 

Per maggiori informazioni, visitare il portale ufficiale del Ministero della Salute.

Giovanni Di Guardo
Giovanni Di Guardo
Giovanni Di Guardo si è laureato in Medicina Veterinaria nel 1982 presso l'Università di Bologna e ha ottenuto nel 1995 la qualifica di "Diplomato del Collegio Europeo dei Patologi Veterinari". Già Docente di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso l'Università degli Studi di Teramo, è autore di oltre 500 lavori scientifici, 150 dei quali pubblicati su riviste internazionali peer-reviewed. Nutre uno spiccato interesse nei confronti della patologia comparata e della ricerca sulle malattie animali quali potenziali modelli di studio nei confronti delle controparti lesive proprie della specie umana, come l’infezione da SARS-CoV-2.
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