Anche quest’anno si celebra la World Immunization Week (24-30 aprile) promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e sostenuta da partner nazionali e internazionali come il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) e il Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC).
In epoca di pandemia, questa settimana, che ha l’obiettivo di sensibilizzare popolazione, Governi e operatori sanitari sul tema, acquisisce un ruolo ancora più rilevante, perché dovrebbe indurre a riflettere sull’importanza delle vaccinazioni, messe troppo spesso in discussione negli ultimi anni, grazie alle quali, invece, come sottolinea anche la stessa OMS, ogni anno si salvano milioni di vite umane.
Vaccinarsi durante la pandemia
I punti su cui soffermarsi sono sicuramente tre: il ruolo delle vaccinazioni già previste e l’attività dei servizi vaccinali ai tempi della pandemia; lo stato dell’arte del vaccino contro il Covid-19 e il peso della campagna anti-influenzale del prossimo autunno.
Durante un periodo di emergenza sanitaria di questa portata sussiste il rischio che si abbassi la guardia nei confronti delle normali attività vaccinali sia per le norme di restrizione sociale, che potrebbero portare i cittadini a posticipare le vaccinazioni in programma, sia perché le attività sanitarie sono prevalentemente impegnate al controllo della pandemia. È essenziale che questo non avvenga, soprattutto per quanto concerne le vaccinazioni del ciclo primario e quelle per le persone vulnerabili. La riduzione dei servizi vaccinali, seppur transitoria, porterebbe a un maggior rischio di epidemie di VPD (vaccine preventable diseases), cioè malattie prevenibili da vaccino. Una doppia pandemia sarebbe una tragedia!
Tutti i Paesi, in base al loro rischio epidemiologico per VPD, alla diffusione di Covid-19 e al potenziale del loro sistema sanitario, devono fare ogni sforzo per mantenere alto il livello di immunità della popolazione generale e soprattutto dei soggetti a rischio. A tal proposito, l’OMS Europa ha pubblicato il documento “Guidance on routine immunization services during COVID-19 pandemic in the WHO European Region”.
Il vaccino per il Coronavirus
La seconda questione è il vaccino contro il Covid-19. Lo sviluppo di un vaccino è un processo lungo ed elaborato che prevede diverse fasi pre-cliniche e cliniche, necessarie per garantire efficacia e sicurezza, motivo per cui tempi ed esiti delle numerose ricerche in corso per svilupparlo sono tutt’altro che scontati. È singolare come negli ultimi anni sia stata messa in dubbio, tra i tanti aspetti, la sicurezza che è assicurata, proprio, dalle diverse fasi previste da questa tipologia di studi che rappresenta, così come dichiara l’AIFA, «lo strumento più solido del metodo scientifico per dimostrare l’efficacia e la sicurezza di un prodotto medicinale». Un nodo cruciale è che ad oggi non sappiamo se e per quanto tempo si diventi immuni: durerà almeno un anno? In quest’ultimo caso, se si trovasse un vaccino, si potrebbe pensare a una campagna vaccinale stagionale come per l’influenza.
Quando un vaccino sarà approvato, gli Stati dovranno affrontare altri aspetti: produrne in quantità sufficienti per diffonderlo tra la popolazione, e se non fosse inizialmente possibile, fare scelte indicando le categorie che dovranno essere interessate dalla vaccinazione sulla base delle dosi di vaccino di cui disporranno.
Vaccini e categorie a rischio: non abbassare la guardia!
Ed ecco addentrarci nella terza questione: la vaccinazione anti-influenzale. Sicuramente dovrà essere più capillare e consolidata soprattutto per le categorie a rischio. I medici di famiglia italiani in questi giorni hanno richiesto al Ministro Speranza che la vaccinazione antinfluenzale possa partire in anticipo, a ottobre, e che la somministrazione gratuita sia abbassata a 55 anni. Ci si dovrebbe subito attrezzare, quindi, per l’approvvigionamento. Inoltre, non è da meno la questione bambini: la riapertura delle scuole potrebbe favorire la diffusione del contagio da Covid-19 tra i più piccoli, che a loro volta potrebbero essere veicolo di un nuovo picco epidemico a cui si aggiungerebbe, in autunno, la diffusione delle patologie infettive stagionali. Questo quadro renderebbe ulteriormente confusa e difficile la valutazione della situazione clinica ed epidemiologica, motivo per cui alcune Società Scientifiche Italiane di settore hanno proposto la vaccinazione antinfluenzale obbligatoria per i bambini da 6 mesi a 14 anni.
Ai tempi dell’epidemia da Covid-19 è fondamentale, pertanto, proseguire con la normale attività vaccinale e avviare una progettualità in merito alla campagna vaccinale anti-influenzale, adeguata all’emergenza che stiamo affrontando, in attesa del vaccino che dia la svolta nella battaglia contro questo nuovo Coronavirus.