In questi giorni di reclusione forzata, la nostra casa diventa l’intero mondo che abbiamo a disposizione e ci osserva vivere le vite che prima scorrevano veloci e, per la maggior parte del tempo, “fuori” casa. Ci vede lavorare in smart working, ci ascolta fare videochiamate e aperitivi virtuali, cantare sul balcone e, sempre sul balcone, partecipare a esperimenti scientifici.
Proprio così, in questa quarantena succede anche questo: si può prendere parte a una campagna di raccolta dati sull’inquinamento luminoso, comodamente da casa e con il proprio smartphone. Sembra l’ultimo slogan di un qualche nuovo prodotto o servizio, e invece è la Citizen Science.
Citizen Science e Open Science
«La raccolta e l’analisi di dati scientifici da parte di un pubblico generico, spesso in collaborazione con, o sotto la supervisione di, scienziati professionisti e istituzioni», così l’Oxford English Dictionary ha definito la Citizen Science inserendola nel 2014 nella lista di parole nuove.
Abbracciando i principi dell’Open Science, la Citizen Science prevede il coinvolgimento di cittadini volontari nel processo scientifico. Esistono diverse tipologie di progetti Citizen Science, in base al grado di coinvolgimento richiesto: ci sono quelli in cui i volontari mettono semplicemente a disposizione strumenti personali – come smartphone e computer – che vengono passivamente utilizzati per raccogliere dati o eseguire calcoli (progetti crowd-sourcing); quelli in cui c’è un coinvolgimento attivo dei volontari nel raccogliere informazioni; fino ad arrivare a progetti in cui i cittadini collaborano con i ricercatori addirittura nelle fasi di progettazione, realizzazione e svolgimento della ricerca (co-created citizen science).
Il termine è recente, ma il primo esempio sembra risalire addirittura al secolo scorso: è l’anno 1900 quando Frank M. Chapman, un membro della nascente National Audubon Society, propone di sostituire la tradizionale parata di caccia natalizia con una nuova, meno crudele, tradizione: il “Christmas Bird Census”, cioè il censimento degli uccelli, oggi arrivato alla 120 edizione.
Oggi si contano progetti di Citizen Science in tutto il mondo e nei campi più disparati. Eccone alcuni italiani: l’avvistamento e la relativa segnalazione di meduse nel Mediterraneo; il monitoraggio di fiumi e corsi d’acqua; una rete globale di rilevazione terremoti in tempo reale basata su smartphone (grazie all’accelerometro presente nei dispositivi) e che permette di rilevare terremoti e allertare allo stesso tempo chi si trova vicino all’epicentro.
In questa pandemia di Covid-19, anche la Citizen Science gioca un ruolo importante: sono in continuo aumento i progetti per il monitoraggio della diffusione del Sars-Cov-2, per ricercatori che hanno bisogno di supporto e nuove risorse per continuare a lavorare, per genitori in cerca di idee e supporto sulla didattica a distanza.
Quali sono i vantaggi della Citizen Science?
Sono almeno due i piani di osservazione per rispondere alla domanda. Un primo è un piano materiale, di semplice convenienza. Coinvolgere i cittadini nella raccolta dati conviene perché permette, di fatto, di raccogliere una quantità di dati altrimenti irrealizzabile, in un arco di tempo e a costi decisamente inferiori.
L’altro è un piano morale. La Citizen Science si ripromette di rendere il processo e il progresso scientifico più partecipativo, di colmare le distanze tra scienza e società, di avvicinare i cittadini a metodo, tempi e linguaggio della ricerca scientifica, mettendone a nudo importanza e limiti. Questa che potrebbe sembrare cosa di poco conto, racchiude in realtà il cuore della Citizen Science e, ancora prima, la visione della Comunità Europea sulla transizione in atto nel come la ricerca debba essere condotta e l’informazione condivisa.
In questa crisi mondiale, la scienza si sta dimostrando l’unico vero motore di salvezza. “Fuori”, per tutto quello che si sta facendo in ambito medico, sanitario, farmaceutico. In casa, per regalarci la bella sensazione del poter uscire sul balcone, partecipare a una ricerca e poter prendere davvero parte a un processo scientifico, con la sorpresa di ritrovarsi menzionati niente di meno che dalla prestigiosa rivista Nature.
Indubbiamente, meno blasonata di ricette o workout vari, la Citizen Science merita un posto di rilievo nella nostra top-ten delle attività in quarantena.
Citizen Science: questioni aperte
Non è tutto oro quel che luccica. Infatti, come si può reclutare un numero adeguato di partecipanti? Come si fa a garantire l’attendibilità e la riproducibilità dei risultati, elementi imprescindibili del processo scientifico? A chi appartengono i dati prodotti?
Queste le grandi questioni ancora aperte in merito alla Citizen Science.
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