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25 Mar 2021

Vaccini anti Covid e fake news: non chiamatelo “siero”!

Giovanni Di Guardo

Giovanni Di Guardo
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Nell’assai funesta stagione che siamo costretti a vivere – con il pandemico virus SARS-CoV-2 che ha ormai spezzato oltre 2.700.000 vite nel mondo, 1.000.000 e più delle quali nella sola Europa, dove il nostro Paese già piange almeno 105.000 morti – non passa giorno senza che in almeno un TG nazionale e/o regionale si senta pronunciare la parola “siero” quale sinonimo di “vaccino”, il nostro miglior alleato nella lotta (anche) contro il famigerato beta-coronavirus responsabile della Covid-19 (che si tratti del vaccino prodotto dalla Pfizer-BioNTech o da Moderna, così come di quello messo a punto dall’Università di Oxford e prodotto da AstraZeneca).

 

Cos’è un siero? Qual è la differenza tra siero e vaccino?

Il termine “siero” indica, ove correttamente utilizzato in campo biomedico, la “componente liquida del sangue”, una volta che lo stesso sia stato privato del “fibrinogeno” e della cosiddetta “frazione corpuscolata”, rappresentata dai globuli rossi, dalle piastrine, dai granulociti, dai monociti e dai linfociti.
Ed è proprio nel siero ottenuto dai campioni di sangue prelevati ai nostri consimili che è possibile dimostrare la presenza di anticorpi nei confronti di SARS-CoV-2, sia prodotti a seguito di un’infezione naturale, che generati a seguito della vaccinazione anti Covid-19.
Ne deriva che i sieri ottenuti da pazienti guariti o che si siano comunque immunizzati nei confronti del virus SARS-CoV-2 (i cosiddetti sieri iperimmuni), possono trovare favorevole impiego nella terapia della Covid-19 – in maniera largamente sovrapponibile a quanto avviene per le terapie a base di anticorpi monoclonali – così come di altre patologie a eziologia infettiva per le quali non siano ancora disponibili farmaci ad hoc.

 

Una pandemia di fake news

Chiamare un vaccino con il nome di siero – il fluido biologico in cui è possibile documentare e quantificare, al contempo, la risposta immunitaria (anticorpale) elaborata dall’ospite conseguentemente alla vaccinazione, così come all’infezione – costituisce pertanto un grossolano errore. E, purtroppo, non si tratta di una marchiana imprecisione che trova frequente riscontro nei soli TG nazionali e/o regionali, ma anche sulla carta stampata, così come in molti altri mezzi e strumenti di comunicazione rivolti al grande pubblico.
Questo rituale si perpetua di giorno in giorno e da più mesi a questa parte, nella pressoché totale indifferenza generale e nel segno di una preoccupante deriva dell’informazione, resa ancor più tale dalla colossale montagna di fake news che da oltre un anno fioriscono rigogliose attorno alla vicenda CoviD-19.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha già da tempo coniato l’espressione infodemia, un oltremodo efficace neologismo che ci rimanda all’altra allarmante “epidemia” che si è sviluppata in seno alla pandemia da Covid-19, quella delle fake news per l’appunto!

 

 

Per maggiori informazioni, visitare il portale ufficiale del Ministero della Salute.

Giovanni Di Guardo
Giovanni Di Guardo
Giovanni Di Guardo si è laureato in Medicina Veterinaria nel 1982 presso l'Università di Bologna e ha ottenuto nel 1995 la qualifica di "Diplomato del Collegio Europeo dei Patologi Veterinari". Già Docente di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso l'Università degli Studi di Teramo, è autore di oltre 500 lavori scientifici, 150 dei quali pubblicati su riviste internazionali peer-reviewed. Nutre uno spiccato interesse nei confronti della patologia comparata e della ricerca sulle malattie animali quali potenziali modelli di studio nei confronti delle controparti lesive proprie della specie umana, come l’infezione da SARS-CoV-2.
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