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06 Dic 2021

Transizione: ce la faremo?

Nicola Armaroli

Nicola Armaroli
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Per quasi vent’anni ho raccontato che i combustibili fossili ci stavano portando al disastro e occorreva cambiare rotta. All’inizio l’interesse sull’argomento rasentava lo zero: al massimo ti invitavano in centri culturali o scuole dove gli organizzatori erano considerati un po’ naïf. In alcune occasioni ricordo di aver parlato a non più di cinque o sei persone, facendo notte sotto un diluvio di domande. Come me, lo ricordano i colleghi fricchettoni utopisti che per anni si sono presi lo scherno di certi opinion maker: quelli che, loro sì, la sapevano lunga. Non posso dimenticare un pesante attacco sul Corriere della Sera a Luca Mercalli dopo che mi aveva intervistato in una trasmissione su RAI 3. Era disdicevole che i catastrofisti della domenica avessero un palcoscenico di quel tipo, pagato con soldi pubblici.

Negli ultimi anni, però, l’attenzione è cresciuta, lentamente ma costantemente, e infine è arrivato il 2021, l’anno del Big Bang. Oggi autorevoli leader mondiali ripetono in continuazione: «Non abbiamo più tempo»! Benvenuti nel mondo reale, un mondo “ribaltato” in cui i fricchettoni di un tempo sono sotto assedio: governi, agenzie internazionali, aziende, fondazioni, ONG, associazioni di categoria, partiti, sindacati, Tv, radio, giornali, social, singoli cittadini, tutti li cercano. Le domande sono sempre le stesse. Come uscire dai fossili? Basteranno le rinnovabili? L’auto elettrica è una buona idea? E l’idrogeno? E il nucleare? Bene, su questo abbiamo già detto e scritto tutto, e lo si trova facilmente. La domanda importante, però, quella che pochi fanno, è un’altra: ce la faremo, prima che la catastrofe climatica ci travolga?
La preoccupazione dominante è che non ci siano abbastanza materiali sulla Terra per fare la transizione energetica: litio, nichel, argento, terre rare… Calma, la civiltà rinnovabile consumerà molti meno materiali di quella fossile. Un esempio: per fare un megawatt (MW) di pannelli fotovoltaici (FV) al silicio occorrono 200 tonnellate di materiali, e un MW di FV produce in trent’anni 40000 MWh di elettricità. Occorrono 14000 tonnellate di carbone per produrre la stessa quantità di elettricità, oltre 70 volte di più. Inoltre il dispositivo rinnovabile è riciclabile, a differenza di quel che accade con i fossili, dispersi in atmosfera come CO2. Conclusioni analoghe si ottengono paragonando altre tecnologie fossili e rinnovabili.

 

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Il problema che mi tiene sveglio la notte, molto più della disponibilità materiale, è un altro. Quale? L’Italia deve aggiungere 70 GW di rinnovabili elettriche da oggi al 2030. Tutti i Paesi dovrebbero fare sforzi simili. Supponendo che ogni nazione (ce ne sono 200!) installi mediamente 20 GW di FV (mi tengo basso), entro un decennio occorrono 4000 GW, cioè nel periodo 2020-2030 dobbiamo produrre 6 volte più pannelli che nel 2010-2020. Analoghe stime si possono fare per il litio, la cui produzione dovrebbe aumentare di circa 20 volte. Aumentare vertiginosamente in pochi anni la produzione di materiali e dispositivi per la conversione e l’accumulo di rinnovabili è una sfida pazzesca: occorre fare indagini geologiche, ottenere i permessi, estrarre i minerali, raffinarli, costruire enormi stabilimenti per la fabbricazione. Per fare tutto questo occorre una merce che non si compra al mercato: il tempo.   
A suonare la sveglia della transizione è stata una catastrofe che sinora ha causato oltre cinque milioni di morti. Purtroppo è andata esattamente come temevamo in quelle serate fra pochi intimi: l’umanità si è svegliata solo quando è stata messa alle strette. Peccato aver perso tempo a ghignare sui rompiscatole menagramo mentre la catastrofe avanzava. Avere 20-25 anni a disposizione anziché 10 avrebbe fatto un’enorme differenza. Ora sarà durissima, ma non abbiamo scelta. Bisogna provarci, correndo come forsennati. Ce la faremo?

Nicola Armaroli
Nicola Armaroli
Nicola Armaroli, direttore di Sapere dal 2014, è dirigente di ricerca del CNR e membro della Accademia Nazionale delle Scienze (detta dei 40). Lavora nel campo della conversione dell’energia solare e dei materiali luminescenti e studia i sistemi energetici nello loro complessità. Ha pubblicato oltre 250 lavori scientifici, 11 libri e decine di contributi su libri e riviste. Ha tenuto conferenze in università, centri di ricerca e congressi in tutto il mondo ed è consulente di varie agenzie e società internazionali, pubbliche e private, nel campo dell’energia e delle risorse. Ha ottenuto vari riconoscimenti tra cui la Medaglia d’Oro Enzo Tiezzi della Società Chimica Italiana e il Premio per la Chimica Ravani-Pellati della Accademia delle Scienze di Torino. È un protagonista del dibattito scientifico sulla transizione energetica su tutti i mezzi di comunicazione (v. qui).
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