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07 Apr 2022

Una casa sul gas

Nicola Armaroli

Nicola Armaroli
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Ogni tanto qualcuno mi chiede da dove venga la mia passione per l’energia. Chissà, forse dal fatto che vivo da sempre su un giacimento di gas. Da bambino giravo in bicicletta per le campagne attorno al mio piccolo paese nella pianura bolognese, Minerbio, dove pullulavano strane gabbie. Non contenevano animali, ma tubi che sbucavano dal terreno. I grandi mi dicevano che sotto alle nostre case c’era un enorme pozzo pieno di gas. Lo trovavo molto rassicurante, perché il freddo mi impauriva. A metà degli anni ’70 fu sbancato un immenso terreno agricolo e il nostro paesino fu invaso da squadre di tecnici e operai che lavorarono anni per costruire quella che in paese venne chiamata “la centrale”. All’epoca i cittadini facevano poche domande e gli ambientalisti non esistevano. I lavori procedevano spediti. Presso le vecchie gabbie, spuntarono come funghi torce che sputavano fuoco in continuazione. La cosa mi entusiasmava, perché mi sembrava di essere piombato in Texas. Come un vecchietto che guarda i cantieri con le mani dietro la schiena, andavo di nascosto in bicicletta a vedere i lavori, sedendomi sul ciglio di un fosso. Mia mamma si sarebbe molto arrabbiata: non era un posto per bambini.
Cosa stava accadendo? Il rassicurante giacimento a chilometro zero scoperto nel 1956 si era prosciugato in appena 15 anni per l’aumento vertiginoso dei consumi durante gli anni del Boom. Aveva erogato 14 miliardi di m3 di gas. Per capirci: due mesi di consumi nazionali ai livelli attuali. Stesso destino avevano subìto tutti i giacimenti della Pianura Padana. L’illusione che l’Italia possedesse enormi risorse di gas era svanita in fretta, ed è commovente che qualcuno la coltivi ancora. Il “mio” giacimento aveva però le caratteristiche geologiche, dimensionali e geografiche per diventare un deposito di stoccaggio di gas importato. Tre enormi gasdotti che passavano per terra e per mare – progetti ciclopici per l’epoca – avrebbero portato sotto casa mia il gas dalla Russia, dall’Algeria e dall’Olanda. La nostra “centrale” era il fulcro del progetto.

 

 

Eravamo in piena Guerra fredda e la situazione era bizzarra: i russi con una mano ci spedivano il gas e con l’altra puntavano missili SS-20 sull’impianto. È anche per questo che nessuno ha mai messo in dubbio che quel rubinetto potesse chiudersi. Nel corso dei decenni le fonti di rifornimento via tubo si sono moltiplicate, oggi alla “centrale” arrivano gasdotti che si alimentano in Libia e Azerbaijan. Un altro tubo ci collega a Porto Viro, località al largo della quale, nel mare Adriatico, si trova un enorme terminale che rigassifica il metano liquido in arrivo via nave da vari Paesi tra cui Qatar, Angola, Stati Uniti.
Sono passati quasi 50 anni e la mia passione fanciullesca per il metano si è dissolta. L’Europa ha una dipendenza patologica dal gas che sta lentamente distruggendo l’economia, il clima, l’ambiente e la pace. I fornitori alternativi a Putin spesso non sono migliori di lui. Il gas americano è un disastro ambientale e climatico che si chiama fracking. La favolosa infrastruttura del gas che ho visto nascere con i miei occhi, e che ha alimentato a lungo il nostro benessere, ha esaurito la sua funzione. Grazie, ma basta così: non c’è nulla da rimpiazzare o riprogettare. Bisogna progressivamente chiudere.
Fra poche settimane non brucerò più metano per riscaldare casa o farmi la doccia. Userò pannelli solari termici e una pompa di calore geotermica alimentata dall’impianto fotovoltaico sul tetto. In inverno porterà in superficie il caldo, in estate il fresco, con un’efficienza insuperabile. Il pozzo geotermico è stato trivellato a 125 metri. Dieci volte meno dei pozzi di gas che si trovano più sotto.
70 anni per scoprire che bastava fermarsi con le trivelle un chilometro prima per trovare quello che ci serviva. Sotto casa, senza portarlo dalla Siberia. Benvenuto XXI secolo.

Nicola Armaroli
Nicola Armaroli
Nicola Armaroli, direttore di Sapere dal 2014, è dirigente di ricerca del CNR e membro della Accademia Nazionale delle Scienze (detta dei 40). Lavora nel campo della conversione dell’energia solare e dei materiali luminescenti e studia i sistemi energetici nello loro complessità. Ha pubblicato oltre 250 lavori scientifici, 11 libri e decine di contributi su libri e riviste. Ha tenuto conferenze in università, centri di ricerca e congressi in tutto il mondo ed è consulente di varie agenzie e società internazionali, pubbliche e private, nel campo dell’energia e delle risorse. Ha ottenuto vari riconoscimenti tra cui la Medaglia d’Oro Enzo Tiezzi della Società Chimica Italiana e il Premio per la Chimica Ravani-Pellati della Accademia delle Scienze di Torino. È un protagonista del dibattito scientifico sulla transizione energetica su tutti i mezzi di comunicazione (v. qui).
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