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17 Set 2014

L’Apple Watch e l’inizio dell’epoca delle “tecnologie da indossare”

Paolo Magaudda

Paolo Magaudda
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La settimana scorsa, Apple ha presentato in anteprima il suo nuovo dispositivo chiamato Watch (in gergo iWatch): un orologio digitale dalle molteplici funzioni capace di dialogare con le app di smartphone e tablet…

La settimana scorsa, Apple ha presentato in anteprima il suo nuovo dispositivo chiamato Watch (in gergo iWatch): un orologio digitale dalle molteplici funzioni capace di dialogare con le app di smartphone e tablet. Come di consueto per i nuovi prodotti dell’azienda californiana, l’iWatch è immediatamente divenuto un’attrazione per articoli di giornali, servizi televisivi e siti e blog specializzati. Senza entrare nei dettagli tecnici di questo dispositivo (sappiamo che costerà dai 350 euro in su e non sarà disponibile prima della primavera del 2015), possiamo tuttavia chiederci se questo oggetto potrà svolgere un ruolo particolare nell’evoluzione delle tecnologie digitali, ricalcando il successo di altri oggetti Apple di successo (come l’iPod, l’iPhone e l’iPad) e se sarà in grado di innescare una nuova ondata di innovazioni e una nuova relazione tra le persone e le tecnologie.

 

L’epoca delle “tecnologie da indossare”

Una delle principali aspettative è che l’attenzione sociale e mediatica nei confronti dall’Apple Watch aiuterà a rendere più popolari e diffuse quelle che vengono definite come “wearable technology”, ovvero le tecnologie “da indossare” e integrate in vestiti e accessori personali. Sono ormai diversi anni, infatti, che assistiamo al moltiplicarsi di prototipi e dispositivi sperimentali destinati a integrarsi all’interno dell’abbigliamento, permettendo così di portare sensori e applicazioni addosso senza nemmeno accorgersene. Si va, per esempio, dalle magliette intelligenti in grado di ricaricare i nostri smartphone ai Google Glass (di cui abbiamo raccontato in un recente articolo di questa rubrica) fino alle scarpe dotate di GPS, in grado di indicarci la strada più veloce da percorrere con degli indicatori luminosi. La speranza delle aziende è che il successo dell’Apple Watch riesca a traghettare le tecnologie indossabili da una fase di sperimentazione a quella di un vasto settore di consumo alla moda.

 

Gli ambiti di applicazione 

Sebbene tuttora la diffusione delle “tecnologie da indossare” sia ancora a livello sperimentale, ci sono almeno tre ambiti che avranno probabilmente un ruolo strategico nella diffusione iniziale di questi dispositivi nella società. Il primo ambito è senza dubbio quello delle applicazioni mediche. La possibilità di indossare sensori e interfacce digitali significa, in primo luogo, poter monitorare le condizioni fisiologiche delle persone, trasmettendo dati a distanza o creando allarmi preimpostati, soprattutto utili ad anziani e pazienti con disfunzioni croniche (si pensi alla possibilità di misurare la glicemia per i diabetici). Il secondo è quello delle applicazioni sportive: in questo caso già da alcuni anni le aziende del settore hanno iniziato a integrare GPS e cardiofrequenzimetri per l’attività motoria, dando anche la possibilità di caricare online i propri dati per monitorare le prestazioni sportive.

 

Il fascino delle tecnologie come status symbol

Il terzo ambito – che sembra quello su cui il nuovo orologio di Apple vuole insistere – è quello della moda, che punta sulla trasformazione delle wearable tecnologies in un nuovo status symbol, un oggetto alla moda il cui possesso diventi un segnale sociale di appartenenza o di esclusività. Non è superfluo, infatti, notare che uno dei tre modelli di orologio digitale presentati da Apple ha la peculiare caratteristica di essere molto poco tecnologico e molto fashion: è costruito in oro a 18 carati. Vediamo insomma che a volte le strategie per diffondere le nuove tecnologie sono tutt’altro che innovative e sono anzi legate a meccanismi molto antichi: sono infatti millenni che il luccichìo dell’oro viene utilizzato per sedurre e incantare le persone, ben prima dell’orologio digitale di Apple.

Paolo Magaudda
Paolo Magaudda
Sociologo dell'Università di Padova, dove si occupa del rapporto tra tecnoscienza, cultura e società, ed è segretario nazionale di STS Italia, la società scientifica che promuove lo studio sociale della scienza e della tecnologia.
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